Kurdistan

Aylan e la questione kurda. “Quando le parole non bastano, dobbiamo agire”

I certificati di morte dei bambini sono stati firmati un centinaio di anni fa dagli Dei della Guerra. A volte il destino di un bambino viene scritto 100 anni prima di nascere. Alcuni ritengono che questo sia un approccio riduzionista o fatalista, ma qui non stiamo parlando di un destino divino, stiamo parlando di forze storiche, politica, potere, egemonia, sfruttamento economico e colonialismo.

Il mondo sta a guardare inorridito l’immagine di A(y)lan* Kurdi, 3 anni, spiaggiato sulle rive del Mediterraneo, a poche miglia di distanza dal Teatro Antico dove millenni fa sono messe in scena le più grandi tragedie. Si tratta di una tragedia moderna che un giorno potrebbe rivaleggiare con qualsiasi cosa scritta da Omero o Eschilo, salvo che non ci sono eroi o eroine in questa scena. Gli Dei guardano su dal cielo, impassibili e potenti, mentre il coro di è stancato di recitare la stessa storia. Proprio come il personaggio è destino, la storia è il destino; ci sono solo piccole aperture, momenti di caos per il cambiamento.

Milioni di persone sono state sfollate, centinaia di migliaia di bambini uccisi nelle guerre perpetrate da despoti regionali, imperialisti e dal sistema finanziario capitalistico globale Giurano per. Pensate all’Iraq, all’Egitto, alla Libia, alla Siria e, infine, al Kurdistan in questi ultimi anni. Aylan Kurdi è solo un numero, un numero simbolico ora, grazie alla potente immagine e alla narrazione che si è creata intorno a lui. Ora simboleggia i milioni di bambini che sono stati distrutti in queste guerre, ma cosa cambia? Se le guerre continuano nel “Medio Oriente”, se lo sfruttamento, la repressione, la tortura, la coercizione continuano quali saranno alcuni paesi europei che accetteranno il cambiamento dei rifugiati? Qualcosa forse, ma non molti.

Il destino di A(y)lan Kurdi, un cognome adatto per un ragazzo che poteva crescere fino a diventare un eroe, è stato scritto un centinaio di anni fa, quando la nazione kurda è rimasta senza un riconoscimento ufficiale, uno status e divisa tra quattro nazioni-stati: Turchia, Iran, Iraq e Siria. Da allora sono stati vittime di genocidio, strage, esilio e tortura. Negata la loro lingua, la cultura, la storia e l’identità sono stati ridotte ridotti in schiavitù. Per descriverlo non bastano le parole, perché queste parole sono ormai generiche, solo nel corpo di A(y) lan Kurdi si è stati in grado di vedere la sofferenza dei kurdi.

Ma avere uno stato e il riconoscimento ha cambiato il destino dei bambini arabi dell’Iraq, o dei bambini africani della Libia, oppure dei bambini siriani che sono morti a migliaia negli ultimi anni? No. Il sistema stato-nazione imposto dalle potenze imperialiste dopo la Prima Guerra Mondiale era alieno alla regione, era alieno alle decine di civiltà, culture, etnie, sistemi di credi e religioni; questa alienazione ha schiavizzato il popolo, li ha resi nemici lungo linee religiose ed etniche e pedine gestibili da parte di coloro che desiderano sfruttarli. La mentalità monistica e assolutista, un prodotto della modernità capitalistica europea, che ha posto sopra a tutto lo stato-nazione, l’economia capitalista e l’industrialismo, lo scientismo e religionismo è arrivata ad un vicolo cieco e sta combattendo la sua battaglia più grande nella regione.

Il “Medio Oriente” sta cambiando, le frontiere, la mentalità, la demografia sono in continuo mutamento, c’è il caos, un potenziale di cambiamento, sia esso positivo o negativo. Il risultato sarà determinato dalla qualità della lotta condotta contro le forze reazionarie regionali e globali, contro l’ISIS e quelli come lui, contro le multinazionali che vogliono espropriare le risorse naturali e la terra del popolo e contro i governi imperialisti che continuano a cercare di succhiare il sangue delle terre più fertili del mondo.

Che nessuno si inganni. Si tratta di una questione politica, economica, ideologica e di civiltà. Possiamo essere umani solo se abbiamo un sistema umano, strutture umane ed idee umane. Così come non è stato un caso che l’ISIS abbia messo gli occhi sul Kurdistan come la terra per il suo califfato, non è un caso che il corpo senza vita di un bambino kurdo dovrebbe simboleggiare lo stato del mondo in questo decennio. Ora, i Kurdi e il loro Paese, il Kurdistan, sono il luogo di una grande battaglia tra libertà e schiavitù, il grembo da cui ha la possibilità di crescere una nuova civiltà.

I curdi hanno l’hanno definita Modernità Democratica e si oppone a alla Modernità Capitalistica con tutti i suoi principi. Il piccolo A(y)lan e innumerevoli altri come lui sono le sfortunate vittime di questa battaglia storica. I loro certificati di morte sono stati firmati un centinaio di anni fa dagli Dei della Guerra.

di Memed Aksoy

Pubblicato il 4 settembre su Kurdish Question con il titolo “A(y)lan Kurdi and the Kurdish question”

* Il vero nome del bambino è Alan Kurdi, ma i media internazionali lo hanno ribattezzato Aylan.

traduzione a cura greenreport

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