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Opinioni e analisi

Ecologia contro capitalismo – Cercare una nuova relazione con la natura

In giro per il mondo attualmente migliaia di persone, in particolare giovani, protestano e chiedono di agire contro i cambiamenti climatici.  Con lo slogan Fridays for future si svolgono scioperi globali e manifestazioni. Alla luce delle statistiche e delle prognosi sulle cause e gli effetti dei cambiamenti climatici negli ultimi anni, la questione climatica è diventata una delle questioni più urgenti del nostro tempo. Mentre da un lato gli individui devono assumersi responsabilità, è chiaro che non basta solo criticare stili di vita individuali senza mettere in discussione condizioni strutturali politiche e economiche più ampie. Analizzare i cambiamenti climatici come se fossero indipendenti dal capitalismo significa spoliticizzare la questione. Di fatto, quasi tutte le condizioni che hanno contribuito ai cambiamenti climatici possono essere ricondotti al sistema capitalista-consumistico. In questo senso, l’ecologia dovrà andare oltre il solo “proteggere l’ambiente”. Un approccio significativamente ecologico può invece condurre a un profondo cambiamento sociale, politico e economico e sviluppare nuove relazioni tra umani e natura e umani e società.

Cos’è il cambiamento climatico e quali sono i suoi effetti? In breve, il cambiamento climatico è un aumento della temperatura media sulla terra data da un aumento di emissione di cosiddetti gas-serra (p.es. diossido di carbonio e metano) nell’atmosfera terrestre. Mentre questi gas sono parte dell’atmosfera terrestre in modo naturale, attraverso la loro presenza incrementata l’atmosfera si trasforma in un “tetto” che conserva il calore del sole, un processo chiamato effetto serra. Come in una serra, il calore viene assorbito sulla terra attraverso la presenza incrementata di gas-serra. Questi gas vengono rilasciati a causa dell’uso di combustibili fossili che attualmente sono la fonte energetica più diffusamente usata nel mondo. Cucinare, riscaldare, caricare il vostro telefono, fare una doccia calda, guidare una macchina – queste sono riconducibili nella maggior parte dei casi a fonti fossili come il petrolio o il carbone. In particolare il sistema capitalista, consumistico, ha bisogno di energia fossile per perdurare. La produzione di quasi tutti i beni prodotti a livello industriale si basa su combustibili fossili.

L’aumento della temperatura media sulla terra come risultato di questi processi non significa che fa immediatamente caldo dappertutto. Gli effetti dei cambiamenti climatici sono molto più complessi e e variano nelle diverse regioni. Alcune regioni sono colpite sempre di più da ondate di calore, altre da umidità, alcune da un incremento delle precipitazioni, altre dalla siccità. In generale si verificano più disastri naturali, per esempio come risultato dell’aumento del livello del mare che colpisce in particolare le persone nelle aree costiere. Inoltre specie animali e piante e i loro habitat naturali sono messi in pericolo. Molti animali non sono o non saranno in grado di adattarsi ai cambiamenti climatici. Complessivamente, il sistema capitalista continua e sfruttare la natura nonostante tutti i segnali di allora e le previsioni, e a distruggere le basi di sostentamento non solo degli umani, ma anche di tutta la flora e fauna. Da notare in particolare, e in effetti uno scandalo, è il fatto che gli effetti del cambiamento climatico colpiscono specialmente quelle che regioni che contribuiscono in misura minore al cambiamento climatico e che hanno meno mezzi per adattarsi ai suoi effetti. Allo stesso tempo Stati industrializzati capitalisti che sono considerati i “più preparati al cambiamento climatico” possiedono i mezzi finanziari per proteggersi, mentre non fanno niente di significativo per fermare il cambiamento climatico.

Il sistema economico capitalista si basa sullo sfruttamento senza limiti della terra e delle sue creature per la produzione di prodotti per il mercato sempre più assurdi e superflui. Questo surplus non è pensato per coprire i bisogni di base della società o per migliorare la qualità della vita della gente. Al contrario, questo sistema può sopravvivere solo sulle spalle di lavoratori e donne sfruttati e sulla base di ingiustizia estrema contro le persone dei cosiddetti Paesi “sottosviluppati” le cui risorse sono già state saccheggiate nel 15° secolo dagli europei. Il capitalismo si è sviluppato sostanzialmente sulle spalle delle colonie, dei lavoratori, delle donne e della natura.

Se guardiamo indietro nella storia, scopriamo che sono state prevalenti le visioni del mondo cosiddette olistiche in cui la natura era considerata viva e animata e in cui la terra nel suo complesso era considerata un organismo vivente, contiguo. D’altro canto le ideologie capitaliste hanno fortemente contribuito a una relazione oppressiva tra umani e natura e gradualmente dichiarato la natura come morta e inferiore. Già nel 16° secolo, gli scienziati iniziarono a considerare la sottomissione della natura una missione della scienza moderna. La natura, in precedenza considerata come un tutto che comprendeva anche gli esseri umani, ora veniva dichiarata “l’altro”; una natura frammentata, morta e irragionevole che doveva essere controllata. Possiamo dire che l’attuale sconsideratezza nei confronti della natura, in particolare nei Paesi industrializzati, è radicata anche in questa presunzione. C’è una fallacia prevalente che gli umani possono, e addirittura devono, sfruttare in modo illimitato la natura e mettere la natura al servizio degli esseri umani. L’attuale sistema economico si basa su questa idea.

Quando oggi ci organizziamo per proteggere i nostri habitat e il nostro futuro, dobbiamo in primo luogo abbandonare questo approccio che considera la natura una cosa altra, morta, irragionevole, sottomessa e sfruttabile. Sostanzialmente questo deve significare una rottura con il capitalismo. Dico sostanzialmente, perché è chiaro che in questo momento il capitalismo ci circonda ovunque e in ogni momento, sia che ne traiamo profitto sia che ne siamo sfruttati. Per questa ragione, una lotta autentica organizzata contro il cambiamento climatico deve passo per passo realizzare un’alternativa qui e ora per restare indipendente. Altrimenti, senza rompere con il capitalismo, saremo costantemente attirati nelle sue trappole.

Com’è fatta concretamente la trappola del capitalismo? Ecco un esempio: l’aumento della consapevolezza ambientale nella società produce pressione, in politica come in economia. Molte aziende si adattano a questa nuova situazione e mettono sul mercato prodotti nuovi che si suppone siano più ecologici e che mirano a tranquillizzare la coscienza dei consumatori. Le confezioni sono munite di etichette come vegano o prodotto biologicamente, e comunicano una presunta consapevolezza ambientale dei produttori. Allo stesso modo i consumatori sentono di “stare sul sicuro” quando mettono nelle loro borse di stoffa kiwi biologici, yogurt di soia e crema vegana di zucchine. Indubbiamente stili di vita vegani e vegetariani sono da accogliere con favore, in particolare considerando la realtà dell’allevamento a livello industriale che è una tortura per gli animali e inoltre causa un sesto di tutte le emissioni di gas-serra. Tuttavia, anche uno stile di vita vegano non è rivoluzionario o libero da crudeltà se la relazione con la natura e le sue risorse alla base resta la stessa. In anni recenti, essere vegani si è sviluppato una nuova tendenza esplosiva e nuovi mercati si sono sviluppati intorno a questo. La maggior parte di queste aziende vegan-friendly tuttavia non si interessano di ecologia, ma ci portano invece nella menzogna del consumo etico e ecologico. Qui ci sono diverse questioni: né lo sfruttamento dei lavoratori, né lo sfruttamento della natura sono messi in discussione quando la gente viene incoraggiata a impegnarsi nel cosiddetto consumo etico. Inoltre, la maggior parte delle volte il comportamento consumista, avido, un altro aspetto cruciale, non viene particolarmente contestato. Molte persone in effetti in questo modo si uniscono a culture mainstream, costantemente alla ricerca di nuove esperienze di sapori e ricette “esotiche” senza rispettare le risorse della natura.

Questo ci riporta all’assunto che la natura è frammentata e priva di vita. Fino a quando penseremo di muoverci solo all’interno delle condizioni esistenti, anche la nostra resistenza resterà frammentata. Per esempio adottando uno stile di vita vegano, si può scegliere un “pezzo”, un aspetto della lotta, ignorando intanto le altre parti.

Per questa ragione una lotta complessiva, basata su una relazione rinnovata con la terra può essere molto più sostenibile e significativa. Dobbiamo sviluppare una concezione in cui gli esseri umani sono parte della natura e non i suoi “sovrani razionali” della natura. In particolare nelle grandi città, la realtà è che la natura è vista come qualcosa di esterno che deve essere attivamente cercato per essere vissuto. Dobbiamo prima “trovare” un pezzo di natura per poter sentire la sua presenza. Cerchiamo deliberatamente un parco, un bosco, un fiume, il mare, e per molte persone questo da la sensazione di un incontro artificiale e forzato che ricorda loro il fatto che questa natura normalmente manca dalla loro vita quotidiana. Spesso ricorda loro la loro auto-alienazione. Per esempio quando visitiamo un bosco e realizziamo che non abbiamo idea di quali funghi e piante siano commestibili. Non sappiamo che gli alberi comunicano sottoterra usando le loro radici. Non sappiamo quali insetti, uccelli e mammiferi lì hanno il loro habitat, come ci relazioniamo gli uni agli altri e come dobbiamo comportarci quando li incontriamo. Imparare queste cose è diventato un privilegio scientifico che viene usato più che altro a detrimento della natura. In genere c’è una mancanza di conoscenze di base sui processi e gli organismi della terra.

Le donne per esempio negli ultimi secoli hanno gradualmente perso la loro conoscenza dei propri corpi e della loro sessualità, non solo come risultato del patriarcato, ma anche come risultato di una auto-alienazione generale nella società. Oggi molti adulti sanno straordinariamente poco delle loro vite, dei loro genitali o dei processi naturali che fanno parte della riproduzione umana. La conoscenza di base su noi e sulla natura deve sempre essere ricercata attivamente perché non esiste più una struttura sociale di condivisione di questa conoscenza nella comunità. Fino a quando ci mancherà questa conoscenza, metteremo noi stessi in uno stato permanente di dipendenza. In questo senso possiamo dire che società autonome, autosufficienti, sono sempre società dove la conoscenza di cui abbiamo bisogno per la vita, è collettiva. Una società che possiede gli strumenti pratici e le esperienze necessarie per mantenersi e provvedere a se stessa. Una società basata sull’autosufficienza e la democrazia radicale costituisce la cornice per una vita in cui la natura non è sfruttata e lasciata ai ricchi e ai governanti, ma viene invece apprezzata e rispettata.

Alla radice dell’attivismo ecologico c’è una nuova rinnovata relazione con la terra, le sue creature, la sua acqua, la sua aria; una relazione che tratta la natura con rispetto. A livello pratico, questo significa combattere il capitalismo che è sempre stato basato sulla distruzione e lo sfruttamento e creare un’alternativa che spianerà la strada della società verso una vita autosufficiente e autodeterminata.

di Hêlîn Asî

da: Komun Acccademy

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