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Comunicato della delegazione internazionale di donne in Rojava per il 25 novembre 2014

Siamo appena tornate dal Rojava, la regione liberata del Kurdistan nel nord della Siria,e vogliamo innanzitutto dirvi che le donne e gli uomini hanno fatto e stanno facendo la rivoluzione femminista. Le donne hanno assunto un ruolo centrale nella costruzione della nuova società democratica radicale, che è basata sulla liberazione delle donne e sulla costruzione di nuovi soggetti liberi.

Questa rivoluzione sta realizzando nella pratica un’elaborazione teorica molto avanzata di messa in discussione in modo profondo tutte le forme di oppressione di genere, classe, provenienza culturale ed etnica, in collegamento con un’analisi radicale degli ultimi 5000 anni di civiltà e di storia delle donne e con una prospettiva di autorganizzazione contro gli interessi del potere colonialista, imperialista e guerrafondaio.

La delegazione di donne è nata per iniziativa dal movimento delle donne kurde in Europa, in collaborazione con il movimento femminista autorganizzato. In 7 donne, femministe e lesbiche, da Italia, Germania, Austria e Francia, di età compresa tra i 25 ed i 75 anni, siamo andate in Kurdistan irakeno e in Rojava, dal 22 al 29 novembre.

Mentre in Europa le donne sono scese in piazza in molte città per il 25 novembre – giornata internazionale di lotta contro la violenza maschile sulle donne – abbiamo voluto portare la nostra solidarietà concreta alla rivoluzione delle donne in Rojava e alla resistenza di Kobane. Abbiamo anche portato i messaggi di solidarietà al movimento delle donne in Rojava da parte di 12 organizzazioni di donne e gruppi femministi.

La delegazione di donne è stata bloccata per due giorni al confine da parte del governo regionale kurdo nel nord dell’Iraq.

In Rojava il movimento delle donne ha organizzato per il 24 novembre un congresso in cui hanno partecipato circa 300 donne e il 25 novembre ci sono state manifestazioni di donne in tutte le città dei tre cantoni. Il nostro scopo, come delegazione di donne, è stato quello di incontrare le donne e conoscere le strutture delle organizzazioni delle donne e capire le loro analisi, richieste e prospettive.

Siamo andate in Rojava con la consapevolezza che nelle guerre in Medio Oriente e contro la libertà del movimento kurdo sono coinvolti gli interessi del potere politico ed economico dell’Ue, che traggono vantaggi dalla guerra, dall’esportazione di armi e dallo sfruttamento del petrolio. Siamo andate sapendo che nei mass-media europei le donne kurde combattenti nella resistenza armata sono fatto oggetto dello sguardo sessista, piuttosto che come soggetti in lotta per la democrazia radicale, basata sulla liberazione delle donne.

La resistenza delle donne è una lotta per la libertà delle donne kurde, arabe, siriane e di tutte le donne del mondo. È una lotta per la dignità e l’umanità. Le donne combattono al fronte, come forza armata indipendente, contro Daesh/Is, e combattono contro il sistema patriarcale all’interno delle strutture tradizionali delle società kurda, yazida e siriana, così come nelle strutture patriarcali moderne che esistono in Siria e in Europa. La loro resistenza sfida radicalmente e profondamente il razzismo e l’eurocentrismo.

Grazie all’impegno di una di noi, partecipante alla delegazione come avvocata per i diritti delle donne e per i diritti umani, a Erbil/Hawler, capitale del governo regionale autonomo del Kurdistan nel nord dell’Iraq, abbiamo incontrato un rappresentante della comunità yazida e una donna yazida fuggita dalla prigionia del Daesh/Is.

Dalle prime indagini risulta che sono scomparse tra le 2 e le 7 mila donne e ragazze yazida, mentre 305 donne sono riuscite a fuggire dalla prigionia di Daesh/Is e dalla schiavitù sessuale. La loro liberazione e la loro fuga sono parte della resistenza nella regione.

Il primo giorno in Rojava abbiamo visitato il campo rifugiati Newroz, in cui vivono 5-6 mila yazidi. Il campo ha una struttura autorganizzata, ma mancano alcuni beni di prima necessità, per esempio stufe per le tende, visto che l’inverno sta arrivando, e macchine da cucire per aggiustare i vestiti. Molti generi di soccorso e soldi promessi dall’Europa e dall’Onu non sono mai arrivati al campo.

Negli altri quattro giorni, in collaborazione con una rappresentante del movimento delle donne, abbiamo visitato varie strutture del movimento delle donne. Tutte le donne che abbiamo incontrato si definiscono femministe. Abbiamo incontrato le rappresentanti di Yakadiya Star, le lavoratrici di una cooperativa tessile di donne, le compagne di una delle Case delle donne NPZJ (Navenda Perwerde û Zaniksta Jin), che sono state costruite in ogni distretto, l’organizzazione delle donne Sara contro la violenza maschile sulle donne, le rappresentanti dell’Accademia delle donne Star e dell’Accademia di giurisprudenza per la democrazia e la libertà, le donne della prima università in lingua kurda, una unità di Asayisa Jiné (le forze di sicurezza di donne nella società) e una unità delle YPJ (Unità di protezione delle donne). Tutte le rappresentanti, attiviste e combattenti non prendono soldi per il loro lavoro e ricevono ciò di cui hanno bisogno dalle strutture collettive.

Abbiamo visto la decostruzione dei ruoli di genere e la costruzione della nuova società femminista, con le sue ripercussioni nelle case, nelle relazioni, nel modo di reagire alle violenze, negli atteggiamenti degli uomini, nell’assunzione cosciente dei ruoli di potere affinché non diventino di prevaricazione, nelle strutture organizzative sociali che permettono di prendere coscienza, studiare, riconoscere, reagire, inventare…

Siamo state ospiti delle famiglie e abbiamo vissuto con loro la vita quotidiana, comunicando con gesti e risate, parlando del lavoro quotidiano, dei cambiamenti nella vita quotidiana delle donne e delle storie di carcere e di resistenza.

Siamo molto impressionate e commosse dagli incontri e ringraziamo tutte le compagne che abbiamo incontrato per il loro impegno e ospitalità.

La rivoluzione delle donne è possibile.

Il movimento delle donne in Europa si deve impegnare nella solidarietà con il Rojava e per sviluppare la lotta comune per la rivoluzione sociale basata sulla liberazione delle donne.

Le donne in Rojava stanno facendo la loro parte, adesso tocca a noi.

Jin, jiyan,  azadî (Donne, Vita, Liberta!

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