Opinioni e analisi

Il pericolo di guerra non è finito

Curdi convitato di pietra ai negoziati tra Turchia e USA sulla zona di sicurezza in Siria del nordUn ingresso dell’esercito turco nella zona di autogoverno curda in Siria del nord nota come Rojava, imminente secondo molti osservatori, nella prima settimana di agosto intanto è stato possibile evitarlo. Militari turchi il 7 agosto a Ankara si sono invece accordati con una delegazione USA di alto rango, di cui faceva parte anche l’incaricato speciale per la Siria James Jeffrey, sull’istituzione di un centro operativo comune nella città Sanliurfa per l’attuazione di una »zona di sicurezza« in Siria del nord richiesta dalla Turchia.

Riguardo per gli interessi USA

Di recente il rapporto tra i due partner della NATO a causa del sostegno USA per le Forze Democratiche Siriane (FDS) a guida curda da un lato, e per l’acquisto dei sistemi antimissile russi S-400 da parte della Turchia dall’altro, erano così tesi che uno scontro militare in Siria del nord non sembrava più escluso. La distensione almeno temporanea, era stata preceduta da una riunione annuale del più alto consiglio militare della Turchia, nella quale il Ministro della Difesa Hulusi Akar aveva di nuovo votato la truppa alla linea della NATO. Una serie di generali che rifiutavano una collaborazione con gli USA sono stati mandati in congedo anticipato. Ne sono stati colpiti i seguaci noti come »Eurasiatici« del »Partito della Patria« (Vatan Partisi) rigidamente anti-statunitense, ultra-nazionalista, dell’ex-maoista Dogu Perincek, che dopo il fallito golpe del luglio 2016 imputato al Movimento Gülen, aveva aumentato la sua influenza nell’esercito. Evidentemente a Akar il prezzo dell’ingresso in Siria del nord senza tenere conto degli interessi USA chiesto dagli »Eurasiatici«, è sembrato troppo alto.

Secondo affermazioni di Akar, il centro operativo a Sanliurfa inizierà il suo lavoro in questa settimana. Tuttavia continua a non esserci un accordo sull’impostazione del »corridoio di sicurezza« convenuto. La Turchia chiede una zona di occupazione profonda da 30 a 40 chilometri lungo l’intera linea di confine a est dell’Eufrate lunga 380 chilometri. Questa comprenderebbe tutte le zone di insediamento curde e la maggior parte delle città più grandi della regione di autogoverno, comprese Qamishli e Kobani. Ankara lì vuole insediare una parte dei 3,5 milioni di profughi siriani che vivono in Turchia. Dato che si tratta soprattutto di arabi provenienti da altre regioni della Siria, questo significherebbe un drastico cambiamento demografico a spese della popolazione curda. Appare tuttavia discutibile se l’esercito turco, indebolito nella sua struttura di comando da estese »pulizie« da ufficiali gülenisti dopo il tentativo di golpe del luglio 2016, perfino in caso di approvazione da parte degli USA, sarebbe in grado di occupare a lungo termine e contro la resistenza delle FDS, un territorio così grande con una popolazione ostile. Così questa richiesta di massima, insieme alla minaccia di invasione mantenuta durante ai negoziati in corso, serve primariamente a spingere Washington a fare concessioni.

Colloqui indiretti

»Gli USA attualmente si confermano come mediatori tra noi e la Turchia. Ci trasmettono continuamente l’opinione dello Stato turco e viceversa. Entrambe le parti fanno sapere quali punti accettano e quali no«, così il comandante generale delle FDS, Mazlum Abdi, giovedì scorso ha confermato all’agenzia stampa curdo-siriana Hawar i colloqui indiretti con Ankara. Le FDS hanno offerto di ritirarsi fuori dalle città a cinque chilometri dal confine. Consigli militari della popolazione residente, lì dovranno occuparsi della sicurezza della zona di confine insieme alle forze della »coalizione anti-IS« a guida USA. La presenza di truppe turche, tranne che nell’ambito di pattugliamenti comuni con l’esercito USA, per le FDS rappresenta una »linea rossa« tanto quanto un’apertura dello spazio aereo. »Sul nostro confine è ancora in corso un concentramento di truppe turche. Il pericolo di guerra non è in alcun modo passato e non è certo come andranno a finire i colloqui«, ha ammonito il comandante generale delle FDS Abdi. Il quotidiano turco vicino al governo Yeni Safak, sabato ha chiarito che per Ankara non si tratta di spingere indietro le milizie curde, ma in generale della distruzione delle conquiste dei curdi in Siria del nord. Le città finora controllate dalle FDS andrebbero governate da arabi e turkmeni, così il foglio ha definito le richieste del governo turco di escludere i curdi alle amministrazioni cittadine multietniche.

di Nick Brauns
da junge Welt

https://www.jungewelt.de/artikel/361258.kurden-in-nordsyrien-kriegsgefahr-nicht-vor%C3%BCber.html

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