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Kurdish fighters gesture while carrying their parties' flags in Tel Abyad of Raqqa governorate after they said they took control of the area June 15, 2015. Syrian Kurdish-led forces said they had captured a town at the Turkish border from Islamic State on Monday, driving it away from the frontier in an advance backed by U.S.-led air strikes that has thrust deep into the jihadists' Syria stronghold. The capture of Tel Abyad by the Kurdish YPG and smaller Syrian rebel groups means the Syrian Kurds effectively control some 400 km (250 miles) of the Syrian-Turkish border that has been a conduit for foreign fighters joining Islamic State. Picture taken June 15, 2015. REUTERS/Rodi Said TPX IMAGES OF THE DAY - RTX1GPFR

Kurdistan

Abbraccio mortale: Donald Trump e i curdi in Siria

La prosecuzione e l’intensificazione del piano potato avanti soprattutto dal governo Obama per la strumentalizzazione die curdi siriani è lo scenario più probabile della politica di alleanze degli USA in Siria. Tuttavia non è l’unico possibile. Rapporti dei media sul rifiuto del piano delineato dall’amministrazione Obama per la presa di Raqqa nei giorni scorsi hanno condotto a speculazioni su un possibile nuovo indirizzo della politica degli USA in Siria.

Donald Trump manda segnali contraddittori che rendono immaginabili anche scenari fino ad ora impensabili. Una cosa la delinea l’esperto militare russo Ivan Konovalov in un colloquio con Sputnik News: Per la liberazione di Raqqa il Presidente USA deve cercare di farsi spalleggiare da Damasco e da Mosca. ” L’offensiva principale dell’esercito siriano è l’unica strada: La conquista di Palmira, la liberazione di Deir Ezor e poi l’avanzata su Raqqa. E questo significa che Trump deve collaborare con Assad e la Russia.”

Konovalov considera segnale di un nuovo orientamento l’ordine di Trump di differire il piano delineato dal governo Obama che puntata sull’addestramento e il rifornimento di armi per le YPG curde. Come ha riferito il Washington Post il 2 febbraio, la squadra di Trump ha respinto il piano per la presa di Raqqa elaborato dai suoi predecessori come “cattivo lavoro”: “Hanno messo a disposizione informazioni, ma abbiamo trovato grossi buchi.”

Tuttavia il rifiuto del piano di Obama non dovrebbe giustificare le conclusioni che ne trae Konowalow. Potrebbe trattarsi piuttosto di politica simbolica: Trump vuole far vedere che è iniziata una nuova era. A proposito della decisione, il portavoce della coalizione anti-IS, il colonnello John Dorrian, ha dichiarato all’agenzia stampa Rudaw: “Quello che posso dirvi è che continuiamo a collaborare con le Forze Democratiche della Siria (SDF).” Per il resto il governo USA non avrebbe ancora preso decisioni: “Washington attualmente ne sta discutendo e vedremo cosa verrà fuori. Conosco gli stessi rapporti che conosce lei. Questo è tutto quello che posso dire in proposito.” (ps)

I media USA concordano: la più grande sfida in politica estera per il nuovo governo a Washington sarà la guerra in e intorno alla Siria. Donald Trump già in campagna elettorale aveva puntato in alto. Aveva accusato il governo precedente di aver agito sia in Iraq sia in Siria senza alcuna strategia, Barack Obama e Hillary Clinton avrebbero “creato” nel senso proprio del termine gruppi terroristici come lo “Stato Islamico” (IS). Lui invece disporrebbe di un piano per distruggere IS.

Ma è rimasto poco chiaro che aspetto abbia questo piano. La costante nelle affermazioni di Trump rispetto alla Siria erano e sono che considera IS come nemico principale e che combatterlo è prioritario rispetto a tutti gli altri obiettivi nella regione. Appena due settimane dopo l’inaugurazione del 45° Presidente ora si accennano alcuni tratti della nuova strategia USA.

Da martedì della settimana scorsa è quantomeno probabile che la nuova amministrazione manterrà la collaborazione con le Unità di Difesa del Popolo (YPG) curde e il Partito dell’Unione Democratica (PYD) egemone nelle zone curde del Paese (Rojava). L’agenzia stampa Reuters ha riferito che le Forze Democratiche della Siria (SDF), un’alleanza militare guidata dalle YPG di gruppi arabi, turkmeni e assiri, avrebbero ricevuto veicoli corazzati dagli USA. “Ci sono segnali per un pieno sostegno per le nostre truppe da parte dei vertici USA – più di prima”, ha commentato il portavoce SDF Talal Silo.

Ma allo stesso tempo Washington manda segnali in direzione degli avversari dell’amministrazione autonoma curda nella Siria del nord: Trump vuole di nuovo rafforzare il rapporto tra USA e Turchia, notevolmente raffreddato durante la presidenza Obama, e ha ripreso l’idea del Presidente turco Recep Tayyip Erdogan di voler creare in Siria una “zona sicura”.

La cooperazione palesemente contraddittoria con frazioni nemiche tra loro, già durante la presidenza di Obama faceva parte del repertorio standard della politica statunitense rispetto alla Siria. L’imperialismo USA qui si presenta coma una specie di costruttore edile che non distingue tra loro i componenti edili adatti per costruire un edificio secondo i suoi desideri.

Per quanto riguarda i curdi siriani, gli obiettivi di questo modo di procedere sono chiaramente descritti in un documento strategico del “Washington Institute for Near East Policy” (WINEP). La raccolta di testi pubblicata dal neo conservatore Patrick Clawson – diventato noto per aver proposto pubblicamente di provocare l’Iran in direzione di una guerra attraverso “operazioni coperte” – sottolinea esplicitamente che le proposte locali di Donald Trump sono “dichiarazioni compatibili con i suoi obiettivi” e che “proseguono” quanto iniziato da Obama, anche se lo forzano fino agli estremi«.

La proposta di Clawson e dei suoi co-autori è la seguente: attraverso una stretta cooperazione con i curdi siriani si vuole “staccare completamente” il PYD dal suo partito fratello il PKK che combatte contro il regime dittatoriale di Erdogan. Con questo i curdi siriani sarebbero derubati della loro base ideologica di un movimento curdo complessivo di liberazione e alla fine si potrebbe creare un governo per procura dipendente dagli USA come nella regione autonoma curda in Iraq. “Il trucco sarà di allontanare i curdi siriani dal Partito del Lavoratori del Kurdistan e di muovere in questo modo la Turchia verso una tolleranza o perfino alleanza con un territorio a controllo curdo ai suoi confini che abbia sentimenti amichevoli nei suoi confronti.”

Uno degli autori, Soner Cagaptay, a questo proposito suggerisce che gli “USA devono appoggiare Ankara nell’indebolire militarmente il PKK”, perché solo allora Erdogan, che per garantirsi le voci nazionaliste per il suo progetto di dittatura presidenziale deve mostrarsi duro, acconsentirebbe a nuove trattative di pace. Queste potrebbero essere usate anche per “annientare politicamente il PKK “. Con questo, così il direttore del “Turkish Research Program” del WINEP, sarebbe aperta la strada per un nuovo indirizzo dei rapporti tra PYD e Turchia.

Le strategie formulate da Clawson e C. certamente rispecchiano una parte delle riflessioni sia del governo Obama, che dell’amministrazione Trump. Anthony Blinken, vice-Ministro degli Esteri sotto Obama, di recente le ha riprese con una formulazione esattamente identica in un articolo per il New York Times: Trump dovrebbe armare i curdi della Siria contro IS e allo stesso tempo “raddoppiare il sostegno per la lotta della Turchia contro il PKK – e anche per questo individuare i vertici del gruppo sulle montagne di Qandil.”

Per il progetto politico di un’autonomia democratica, che il movimento di liberazione curdo persegue nell’intera regione, per questo la cooperazione con gli USA– anche se al momento necessaria dal punto di vista militare per la sopravvivenza – è pericolosa. Per allontanare una parte di questo pericolo, YPG e PYD potrebbero sfruttare una mossa tattica, che Clawson e i suoi co-autori percepiscono come un grande pericolo: rafforzare le loro relazioni con la Russia.

di Peter Schaber

Junge Welt

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