Kurdistan

Le quinte colonne di Erdogan

Anteprima. Come il partito di governo turco AKP con l’aiuto di “filiali estere” cerca di esercitare influenza in Europa.In questi giorni la casa editrice Westend-Verlag di Francoforte pubblica il libro di Sevim Dagdelen »ll caso Erdogan. Come la Merkel ci vende a un autocrate”. L’autrice è deputata nel Parlamento tedesco dal 2005 per il partito die Linke, dove fa parte della Commissione Esteri. È nata nel 1975 a Duisburg come figlia di migranti economici dalla Turchia, dove fa parte della Federazione delle Associazioni Democratiche dei Lavoratori [Föderation Demokratischer Arbeitervereine e.V.] (DIDF), impegnata per l’integrazione dei migranti. Pubblichiamo qui da libro il capitolo “I partiti di Erdogan in Europa” leggermente tagliato. (jW)

La politica neo-ottomana del partito turco di governo AKP è di legare maggiormente a sé le minoranze di origine turca in Europa. Spunto per queste manifestazioni di un nazionalismo irredento è stata la fine dell’Impero Ottomano nella Prima Guerra Mondiale, visto come una mitica catastrofe. Perché niente aveva scosso questo regno più della successiva perdita dei Balcani ai nuovi Stati in formazione, e della crescente influenza in particolare dell’Inghilterra, dell’Austro-Ungheria e della Russia. Questa perdita ha portato con sé anche angherie e espulsioni delle minoranze turche nei Balcani, molto prima dello scambio di popolazioni di turchi e greci regolato nell’accordo di Losanna del 1923. Anche il movimento dei giovani turchi* aveva sofferto la perdita dei Balcani – una ragione fondamentale per la rivoluzione del 1908.

Con la pretesa di conquistare influenza nei territori un tempo dominati dall’Impero Ottomano, ora anche i Balcani dovevano necessariamente entrare nella visuale dell‘AKP. Ma oltre a questo, il punto era sempre di più anche che i e le migranti turchi e turche nei Paesi dell’Europa occidentale, così come turche e turchi rimasti nei Balcani, dovevano costituirsi come minoranze islamiste-nazionaliste. Nell’anno 2010 questa politica ha ottenuto una nuova veste istituzionale. Il 6 aprile di quell’anno, l’allora capo del governo e attuale Presidente Recep Tayyip Erdogan, ha fondato l’ente per i turchi all’estero e le comunità collegate (YTB). Lo YTB è subordinato a una segreteria di stato, ma la sovraintendenza è in capo al Presidente del Consiglio dei Ministri. È un nuovo incisivo strumento della politica estera turca e ha in modo assolutamente ufficiale quattro gruppi-target: per primo i turchi all’estero, come secondo i musulmani nei Balcani, come terzo gli studenti turchi e come quarto organizzazioni non governative e partiti. Nello studio pubblicato nel settembre 2014 “La nuova politica turca della diaspora” dal thinktank berlinese “Stiftung Wissenschaft und Politik” (SWP) a questo proposito si dice che l’ente deve “stare al fianco delle organizzazioni di persone di origine turca all’estero nei loro sforzi per la partecipazione politica nel rispettivo Paese ospitante e per aiutarli ad intensificare le loro relazioni con la Turchia”. E esattamente questo è successo anche attraverso la fondazione di partiti fedeli all’AKP in tutta Europa. (…)

Negazione del genocidio

In prima istanza Ankara ha iniziato nei Paesi Bassi nel 2014. Lì, due deputati di origine turca, Tunahan Kuzu e Selcuk Öztürk, alla fine del 2014 hanno lasciato il partito socialdemocratico (PvdA) nell’ambito di uno scontro sulla politica di integrazione del governo e hanno fondato il partito DENK, che si considera modello antagonista rispetto al PVV anti-islamico e populista di destra di Geert Wilders. Motivo immediato è stata la decisione del Ministro per le Politiche Sociali Lodewijk Asscher (PvdA), di sorvegliare più strettamente organizzazioni turche in Olanda come Milli Görüs che funge da braccio della fratellanza islamica ed esercita deferente sostegno all’AKP in Europa.

I due deputati erano decisamente scontenti di questa misura. Con il loro nuovo partito DENK ripetono acriticamente ogni passo di Erdogan e in coerenza con questo, anche loro non parlano di genocidio degli armeni. DENK ha già 2.600 iscritti e nelle prossime elezioni parlamentari nel 2017 potrebbe ottenere fino a cinque seggi. Le possibilità non sono poche, dato che si cerca anche di conquistare parti del grande gruppo di immigrati marocchini insieme a Farid Azarkan dell’Associazione per la Collaborazione degli olandesi marocchini.

Anche in Austria si punta in modo mirato alla fondazione di un partito su base etnico-religiosa. Qui Turgay Taskiran, l’ex Presidente dell’Unione dei Democratici Europeo-Turchi (UETD) – una delle organizzazioni legate all’AKP che nel luglio 2016 ha anche organizzato una manifestazione di benvenuto per Erdogan a Vienna con oltre 8.000 partecipanti – ha preso l’iniziativa di presentarsi alle elezioni per il comune di Vienna l’11 ottobre 2015. Come per il pendant olandese, anche qui si è fatto riferimento al razzismo fomentato dalla destra populista come ragione per organizzarsi. Talvolta si ha l’impressione che si tratti di vasi comunicanti rispetto ai partiti della destra populista. Gli uni, che devono costituire la minoranza turca si orientano in base all’islamismo dell’AKP di Erdogan, gli altri, come il FPÖ, puntano alla vittoria elettorale creando un clima anti-Islam. La lista di Taskiran “Insieme per Vienna” con 7.608 voti e il 0,91 % dei voti, nella capitale austriaca è riuscita a raggiungere un rispettabile successo. Allo stesso tempo con un incarico per ciascuna è entrata in tre amministrazioni circoscrizionali viennesi. Anche se ha smentito animatamente di voler agire come partito di turchi, i suoi rapporti stretti con l‘AKP di Erdogan e l’UETD sono assolutamente evidenti e vistosi. Per il futuro ci si può aspettare un ulteriore sviluppo di questo partito a livello comunale. Come il FPÖ, punta esattamente su coloro che fino ad ora hanno votato per i socialdemocratici.

Neoliberista-islamista

In Francia un partito che mira ai voti degli immigrati turchi si è presentato per la prima volta alle elezioni dipartimentali nel maggio 2014 nelle parti orientali del Paese e nel 2015 alle elezioni comunali di Strasburgo. Entrambe le volte i suoi candidati hanno raggiunto risultati considerevoli. Proprio nella Francia orientale vivono molti immigrati di origine turca. Obiettivo di questo Partito per l’Uguaglianza e la Giustizia (PEJ) è una candidatura alle elezioni parlamentari francesi del 2017. Delle sue intenzioni dichiarate fa parte l’abolizione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso. Complessivamente il partito rappresenta un programma orientato a un conservatorismo radicale ornato di religiosità, e una formazione di identità etnico-religiosa con prospettiva islamista.

In Bulgaria, dall’indipendenza nel 1908 vive una grossa minoranza turca che a livello regionale è anche la maggioranza della popolazione in due zone di insediamento sul confine turco e su quello rumeno. Fino al 1989 questi bulgari turchi venivano discriminati come gruppo etnico distinto. Nel tentativo di dare una risposta, con il Movimento per i Diritti e la libertà si è fondato un partito proprio che ha fatto parte di molte coalizioni degli ultimi 25 anni in Bulgaria. Questo partito, con tutta la flessibilità di coalizione possibile, veniva considerato orientato in modo laico e più verso Mosca che verso Ankara, dove anche in questo caso si è proceduto in modo molto pragmatico e mai si interferito con gli interessi della NATO o degli USA. Ma dalle dimissioni del fondatore del partito Ahmed Dogan, Ankara ha rafforzato costantemente le sue posizioni all’interno del DPS. Dopo l’abbattimento di un aereo da combattimento russo nei cieli della Siria da parte dell’aviazione turca alla fine del 2015, per questo nel partito si è arrivati a una resa dei conti. Dopo che il Presidente del partito Lütfi Mestan in questo scontro si era schierato dalla parte di Erdogan, è intervenuto il Presidente onorario Dogan, perché Mestan non avrebbe dovuto immischiarsi in questa questione e apparteneva alla »quinta colonna della Turchia «. Successivamente Mestan è stato destituito dal DPS e si è rifugiato nell’ambasciata turca di Sofia. Dogan a sua volta ha avuto il divieto di ingresso in Turchia.

Il risultato di questo tentativo infruttuoso di Ankara di prendere il controllo del DPS, è stata la fondazione di un partito vicino all’AKP all’inizio del febbraio 2016 con il nome di DOST, che tradotto significa “amico” e allo stesso tempo è la traduzione di “Democratici per la Responsabilità, la Libertà e la Tolleranza”. Il partito si vuole appoggiare consapevolmente alla Turchia di Erdogan. Non fa mistero della sua vicinanza ad Ankara. Così alla conferenza di fondazione di DOST erano presenti sia l’ambasciatore turco in Bulgaria, Süleyman Gökce, che anche Fatma Betül Kaya, una rappresentante dell‘AKP. Ideologicamente il partito, come l’AKP, è orientato verso un modello neoliberista-islamista.

Partiti tedeschi sono invotabili

In Germania l‘AKP ha puntato tiepidamente sull’Alleanza per l’Innovazione e la Giustizia (BIG), una piccolissima associazione fondata nel 2010, che però ha ottenuto solo risultati elettorali molto modesti ed è svanita nell’insignificanza. Per questo fino al 2016, fino alla risoluzione sull‘Armenia, il tentativo di una politica estera collaterale è passato piuttosto per la strumentalizzazione di deputati di origine turca. Successivamente ci sono stati nuovi tentativi per la fondazione di un partito in sintonia con l’islamismo di Erdogan e dell‘AKP. Uno degli iniziatori è Remzi Aru che si definisce imprenditore e che fa parte dei cofondatori dell’organizzazione lobbistica dell’AKP in Germania UETD. La risoluzione del Parlamento tedesco sull’Armenia sarebbe stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, con questo nessuno dei partiti tedeschi sarebbe più votabile per le persone con radici turche, così ha tuonato il provocatore politico a giugno, dando così l‘avvio a un nuovo slancio per l’AKP. L’orientamento politico della sua Alleanza di Democratici Tedeschi (ADD) appena fondata, secondo il politologo Oskar Niedermayer è »quasi sovrapponibile al partito di Erdogan«.

Fedeli seguaci nei Paesi Bassi: i due deputati di origine turca Tunahan Kuzu (l.) e Selcuk Öztürk alla fine del 2014 hanno lasciato il partito socialdemocratico (PvdA) in uno scontro sulla politica di integrazione del governo e hanno fondato il partito DENK che sostiene acriticamente l’operato di Erdogan

Foto: picture alliance/AA

Il metodo di Aru è limitato. Come per gli attivisti di Pegida, per lui si tratta solo di diffamare gli avversari politici. Così nel mirino del predicatore di odio e dei suoi simili, sono entrati tutti coloro i quali come il Presidente dei Grünen, Cem Özdemir, prendono posizione pubblicamente come critici di Erdogan. Aru in ogni caso da queste parti [in Germania] agisce come uno dei maggiori polemisti ai servizi del padrino del terrore Erdogan. È un’icona della scena nazionalista-islamista in Germania. La sua ADD potrebbe sottrarre voti proprio alla Union [il partito della Merkel] e alla SPD e in futuro potrebbe fungere da piattaforma per le campagne diffamatorie islamiste. Per Aru e i suoi, resta un problema che per la legge tedesca sui partiti, i partiti che fungono unicamente da filiali di altri partiti non sono ammessi.

Nella ADD va quindi verificato in modo preciso la questione se non si tratti solo di una propaggine dell‘AKP in Germania, che vi rappresenta gli interessi dell’islamismo di Erdogan. Il paragrafo 2 capoverso 3 della legge tedesca sui partiti parte dal fatto che »associazioni politiche (…) non (sono) partiti, quando la loro sede o la loro direzione si trova all’esterno dell’ambito di validità di questa legge«. Questo per la ADD sarebbe davvero da verificare. Poco chiaro è anche se il nome resterà ADD. Dall’anno 2000 viene abbreviata in questo modo anche la direzione di supervisione e servizi in Renania Palatinato, un ente amministrativo centrale che funge da collegamento tra il governo del Land e i comuni.

Pegida turca

Il partito di Remzi Aru si schiera apertamente con le “azioni eroiche” ottomane. La fondazione del suo partito è stata resa nota su Internet puntualmente alle ore 14.53. Non è una coincidenza, perché il numero ricorda la conquista di Costantinopoli da parte degli ottomani e la caduta definitiva dell’Impero Romano d’Oriente dei bizantini nell’anno 1453. Tra l’aizzatore Aru e il padrino del terrore Erdogan, in effetti non sembra esserci spazio nemmeno per un foglio di carta.

Sta di fatto che con questa organizzazione si punta a una spaccatura della società. Considerando il modo di procedere di Aru, viene automaticamente in mente l‘AfD. Una Pegida turca vuole conquistare approvazione anche in Germania, fomentando l’odio contro chi la pensa in modo diverso. E le possibilità non sono così poche. Perché circa il sessanta percento dei cittadini turchi e delle cittadine turche in Germania, nonostante una scarsa partecipazione al voto, nelle elezioni parlamentari turche del 1.11.2015 hanno votato per l‘AKP. Il potenziale di elettori per i fan di Erdogan tra i tedeschi di origine turca dovrebbe essere all’incirca delle stese dimensioni, questo il calcolo. Queste sarebbero già alcune centinaia di migliaia di voti. Qui e là si potrebbe avviare, anche se per ora con poche speranze di riuscita, la lotta per mandati diretti. A questo si aggiunge che in tutte le attività pro-Erdogan ormai si può osservare un’alleanza con i Lupi Grigi fascisti, come ad esempio nella manifestazione pro-Erdogan a Colonia alla fine di luglio con 40.000 partecipanti, promossa dall’organizzazione lobbistica dell’AKP, l’UETD. Secondo quanto riferito dal Tagesspiegel di Berlino, alla manifestazione hanno partecipato anche migliaia di seguaci dei Lupi Grigi. I partecipanti hanno scandito: »Vogliamo la pena di morte!«

I rappresentanti dell‘UETD si spendono per Erdogan su tutta la linea. Questo evidentemente comprende anche minacce contro chi la pensa diversamente. Così la WAZ ha riferito di minacce di morte via Twitter: »Dursun Bas è Presidente dell‘UETD a Essen, la ›Unione di Democratici Europeo-Turchi‹ è considerata un braccio prolungato del partito di Erdogan AKP. Il 16 luglio, subito dopo il tentativo di golpe, ha twittato – in turco – a due componenti di ›Hizmet‹, come si chiama ufficialmente il movimento di Gülen, ›Voi senza onore – la vostra morte non sarà semplice. Come avete potuto osare scendere in strada‹, recita il tweet.« Il 20 luglio il portale online Heute.at con il titolo »UETD invita alla delazione di oppositori in Austria« ha riferito di un appello sulla pagina Facebook dell’unione turca per la segnalazione alle autorità turche.

Fantoccio parlante del Presidente

UETD e ADD devono portare in Europa la campagna denigratoria di Erdogan. Come filiale della politica estera turca, si tratta di usare i loro seguaci come strumento contro i critici del Presidente ad Ankara. Il governo federale ha contribuito a questo sviluppo corteggiando Erdogan come partner. Ora gli viene presentato il conto sotto forma di una campagna denigratoria organizzata qui [in Germania].Ma anche i media locali sono corresponsabili e si sono a lungo dimenticati dello sviluppo in atto. Così, uno degli ospiti benvisti nei talkshow tedeschi con milioni di spettatori è Mustafa Yeneroglu, uomo di fiducia di Erdogan. Fino al 2015 è stato segretario generale della comunità islamica Milli Görüs attenzionata dall’Ufficio Federale per la Tutela della Costituzione. Oggi siede nel Parlamento turco per l’AKP. Alla fine del maggio 2016 in un talkshow sul canale ARD ha risposto alla domanda di Anne Will se Erdogan fosse »perfetto democratico« in modo fulmineo: »Certamente!« e che in nessun modo si pone »la questione del sistema di un solo uomo «. Che in fondo di un sistema presidenziale in Turchia si parla già da sessant’anni – che non si tratta di una questione legata ad Erdogan.

Quando nella stessa trasmissione ho contestato a Yeneroglu la revoca delle immunità parlamentari ad Ankara davanti a un pubblico di milioni di spettatori, dicendo che l’auto-esautorazione del Parlamento turco era bizzarra e »uno strumento provato delle dittature fasciste«, il megafono di Erdogan è diventato offensivo e ha diffuso numerose bugie, come il fatto che sarei una propagandista del PKK. È il solito modo di agire dell’AKP, quello di calunniare critici sgraditi con affermazioni false. E Yeneroglu ha compiuto vere e proprie piroette verbali quando si è trattato dei massacri commessi dall’Impero Ottomano nel 1915 nei confronti degli armeni e se questi fossero da considerare come genocidio, come avrebbe poi fatto il Bundestag pochi giorni dopo questa memorabile trasmissione televisiva. La moderatrice Anne Will ha insistito continuando a chiedere, »si« o »no«, fino a quando Yeneroglu, tra molti diversivi e dopo ampie divagazioni sulla complicata situazione geopolitica generale dell’epoca, è arrivato al suo »no«.

Alla fine il politico dell’AKP ha verbosamente difeso nei media tedeschi il contro-golpe di Erdogan. Nonostante gli arresti e i licenziamenti di massa in Turchia sarebbe tuttora in vigore lo Stato di diritto, ha sostenuto Yeneroglu per esempio nel Deutschlandfunk. Lo Stato si sarebbe però trovato in una situazione di emergenza dopo il tentativo di rovesciamento e doveva »ribattere con tutta la durezza«, così il Presidente della Commissione per i Diritti Umani del Parlamento turco ha difeso le azioni antidemocratiche del suo Presidente che aspira all’onnipotenza.

Nota

*I giovani turchi erano un movimento politico nell’Impero Ottomano che dal 1876 lavorava clandestinamente per riforme liberali e una forma di Stato costituzionale. Obiettivo era il rafforzamento dello Stato indebolito nella politica interna ed estera e minacciato dal decadimento, per mezzo di una modernizzazione politica, militare ed economica (Nota redazionale di jW)

di Sevim Dagdelen

Junge Welt

Sevim Dagdelen: Il caso Erdogan. Come la Merkel ci vende a un autocrate [Der Fall Erdogan. Wie uns Merkel an einen Autokraten verkauft]. Westend-Verlag, Frankfurt am Main, 224 pagine, 18 Euro

 

 

 

 

 

 

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