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Opinioni e analisi

Prima dell’attacco

Turchia e USA trattano sulla »zona di protezione« in Siria del nord. I curdi si preparano all’offensiva di AnkaraIl governo turco è deciso a entrare più in profondità in Siria del nord. »Noi siamo entrati a Afrin, Jarabulus e Al-Bab e ora entreremo a est dell’Eufrate«, ha proclamato il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan domenica nella città di Bursa in Turchia occidentale davanti a sostenitori. L’obiettivo sarebbe la distruzione del »corridoio del terrorismo«, così Erdogan motiva il progettato attacco al territorio dell’Amministrazione Autonoma della Siria del Nord e dell’Est che i curdi chiamano Rojava. »La Siria del nord deve essere data alle fiamme«, così il capo dell’MHP fascista Devlet Bahceli ha assecondato il Presidente turco. Davanti allo scenario della sconfitta elettorale del suo candidato a Istanbul, del perdurare della crisi economica e di uscite di politici di spicco dal partito di governo AKP, Erdogan ha urgente bisogno di successi.

Decine di migliaia di soldati turchi nonché di mercenari jihadisti si sono schierati di fronte alle città siriane Tel Abjad, Kobani e Serekaniye. Per riuscire comunque a sventare una guerra, che secondo informazioni del Washington Post del fine settimana, il governo USA mette in conto nelle prossime due settimane, una delegazione USA di alto rango da lunedì a Ankara tratta sulla richiesta della Turchia di una »zona di sicurezza«. Sarebbe pensabile una zona cuscinetto di cinque chilometri dalla quale si ritirano le Forze Democratiche della Siria (FDS), così l’offerta fatta dalle autorità di autogoverno trasmessa a Ankara dai militari statunitensi. La zona potrebbe essere sotto la supervisione della »coalizione contro Stato Islamico«, una presenza di militari turchi sarebbe però esclusa.

Ankara invece insiste per una »zona di sicurezza« sotto il controllo dell’esercito turco che penetra per 30 km all’interno del Paese. In questa zona, che comprenderebbe quasi tutte le città maggiori della regione di autogoverno, si intende insediare una gran parte dei 3,5 milioni di profughi siriano-arabi che vivono in Turchia. Perché la loro presenza in Turchia incontra un crescente rifiuto. Il loro trasferimento in Rojava porterebbe un drastico cambiamento demografico [del territorio] e l’espulsione di una gran parte della popolazione curda che vi risiede.

L’insistenza turca su un raggio di 30 km inoltre ha un retroscena strategico. A questa distanza scorre la via di collegamento dall’Iraq del nord verso Aleppo. Con l’occupazione di questa centrale via commerciale, il governo turco, le cui truppe attualmente avanzano anche in Iraq del nord, arriverebbe più vicino ai suoi sogni neo-ottomani. Così emittenti governative turche mostrano mappe che identificano la zona tra la Aleppo siriana fino ai campi petroliferi di Kirkuk in Iraq del nord come territorio turco.

Che gli USA, che secondo informazioni del Washington Post hanno ancora 1.000 soldati di stanza in Siria del nord, in caso di un limitato ingresso turco effettivamente sparino sui loro alleati della NATO turchi per proteggere i loro alleati tattici curdi, è improbabile. Dal punto di vista miliare è tuttavia decisivo se gli USA libereranno anche lo spazio aereo. Perché la mancanza di difesa anti-aerea – come si è visto già nell’invasione turca a Afrin lo scorso anno – è il tallone di Achille delle FDS.

»Se lo Stato turco non è pronto a condurre un dialogo per una soluzione, allora siamo pronti alla guerra«, ha dichiarato la comandante in capo delle FDS Newroz Ehmed lunedì a Firat News. Mentre la Turchia intenderebbe conquistare passo per passo la Siria del nord, le FDS anche nel caso di un attacco limitato renderebbero zona di guerra tutto il confine lungo 600 km. Rappresentanti dell’Amministrazione Autonoma ammoniscono inoltre che in caso di guerra migliaia di miliziani di IS potrebbero fuggire dai campi di detenzione.

Dal governo siriano e dai suoi alleati Russia e Iran, l’Amministrazione Autonoma non può aspettarsi sostegno. In un incontro del gruppo di Astana tra Iran, Russia e Turchia nella capitale kazaka Nur-Sultan a inizio mese, con lo sguardo rivolto al Rojava è stato dichiarato il comune rifiuto di zone autogovernate »costituite con il pretesto della lotta al terrorismo« e la determinazione a »procedere contro questo«. Con lo spostamento di grandi contingenti di truppe a Deir ez Zor, evidentemente l’esercito iraniano si prepara a un avanzata nelle zone ricche di petrolio e di gas ancora tenute dalle FDS a est dell’Eufrate.

di Nick Brauns

da: junge Welt

https://www.jungewelt.de/artikel/360298.t%C3%BCrkei-nordsyrien-vor-dem-angriff.html

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