Diritti umani

Regime iraniano giustizia una curda 24enne

La curda Zeinab Sekaanvand è stata arrestata a 17 anni in un processo ingiusto è ritenuta colpevole dell’omicidio di suo marito e condannata a morte. Oggi il verdetto è stato eseguito. A Ûrmiye (Urmia) in Kurdistan orientale (Iran) oggi la 24enne Zeinab Sekaanvand è stata giustiziata nonostante proteste a livello internazionale. Questo è stato confermato anche da suo fratello attraverso il servizio di notizie brevi Twitter. Sekaanvand era stata condannata a morte nell’ottobre 2014 dopo un processo iniquo davanti a un tribunale penale iraniano perché aveva accoltellato suo marito Hossein Sarmadi che la torturava sistematicamente. La sentenza di morte è stata emessa secondo il principio della vendetta (Qesas). Come ha riferito l’organizzazione per i diritti umani Amnesty International, Sekaanvand nel febbraio 2012 era stata arrestata in una stazione di polizia dove aveva „confessato“ l’omicidio di suo marito che aveva sposato all’età di 15 anni. Poi la curda originaria di Maku è stata trattenuta per 20 giorni nella stazione di polizia. In questo tempo secondo quanto ha riferito, è stata torturata da poliziotti uomini con percosse su tutto il corpo.

Confessione“ sotto tortura

Confessò di aver accoltellato suo marito dopo che per mesi l’aveva maltrattata fisicamente e psicologicamente e aveva rifiutato il divorzio da lei desiderato. Solo nell’ultima udienza del suo processo secondo Amnesty International ha ricevuto un’assistenza legale d’ufficio. In questa udienza aveva ritirato la sua „confessione“ e dichiarato che suo cognato, che l’aveva più volte violentata, sarebbe stato il responsabile. Le avrebbe detto di confessare l’omicidio e che poi l’avrebbe graziata. Secondo il diritto islamico i parenti di vittime di omicidio possono graziare il o la responsabile dopo un risarcimento economico. Il tribunale tuttavia non ha dato seguito alle accuse di Zeinab Sekaanvand e nel postdibattimento ha fatto riferimento alla confessione resa da 17enne senza assistenza legale. Anche se all’epoca del presunto delitto era minorenne, il tribunale non ha applicato le direttive del codice minorile nel codice penale islamico rivisto del 2013 che prevede la determinazione della „maturità intellettuale e dello stato di sviluppo“ all’epoca del reato. Dall’introduzione è lasciato alla valutazione del tribunale rinunciare alla pena di morte nel caso di minorenni nel caso si ritenga che il/la responsabile non comprenda il tipo o le conseguenze del suo reato o sussistono dubbi sulla sua „maturità intellettuale e lo stato grado di sviluppo“ nel momento del reato.

84 donne giustiziate sotto Rohani

Solo l’8 luglio i tre prigionieri politici Zanyar Moradi, Luqman Moradi e Ramin Hossein Panahi erano stati giustiziati nel carcere di Raja’i-Shahr di Karadsh. Solo il 25 e 26 luglio sono stati giustiziati altri dieci prigionieri, tra cui due donne, che erano detenute nella città nord iraniana di Babol, ossia a Ûrmiye nel Kurdistan orientale. Sotto Hassan Rohani, il capo del regime iraniano, con questo sono già state giustiziate 84 donne. Secondo quanto riferito da esperti dell’ONU la pratica delle esecuzioni in Iran equivale a uccisioni arbitrarie e quindi illegali. Spesso sentenze di colpevolezza e condanne a morte si basano su cosiddette confessioni estorte con la tortura.

 

ANF

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