La Turchia vive una decadenza della ragione. Si avvicina agli “Shanghai five”. La Siria sostenuta da Russia e Iran bombarda postazioni dell’esercito turco vicino ad Al Bab. Nello stesso giorno il Parlamento UE a grande maggioranza prende la decisione di congelare i negoziati per l’adesione. Mentre nelle relazioni internazionali si verifica un contraccolpo dopo l’altro, all’interno del Paese le tensioni crescono ogni giorno. La questione curda si trova in un vicolo cieco. I giornalisti fanno la fila davanti alle porte dei tribunali. Lo stato di emergenza non minaccia solo la pace interna, ma anche l’economia. Il corso del dollaro rispetto alla lira turca ogni giorno batte il suo record.
Due Primi Ministri si salutano. Uno è il Presidente del Consiglio dei Ministri della Turchia Binali Yıldırım, l’altro il Presidente del Consiglio dei Ministri del Governo Regionale curdo Neçirvan Barzani. Nella foto si vedono tre bandiere. Dietro a Yıldırım la bandiera turca. Dietro a Barzani sia la bandiera dell’Iraq, che quella del Governo Regionale curdo.
È qualcosa di molto nuovo, quello che si è verificato durante un incontro ufficiale della Turchia e il Governo Regionale curdo oltre alla bandiera irakena si veda anche quella del Kurdistan, verde, rossa e bianca con un sole giallo nel mezzo.È stata appesa per la prima volta durante una visita di Mesut Barzani nel dicembre 2015. Quindi cinque mesi dopo che è iniziata la fase conflittuale della Turchia con i curdi nel suo Paese. E i tribunali della Turchia continuano a classificare questa bandiera del Governo Regionale curdo come „propaganda di organizzazione“ e puniscono la sua esibizione in pubblico.
Il mese scorso contro uno studente di nome Mazlum Kabala per l’accusa di diffondere „propaganda per un’organizzazione (terroristica)“ è stata comminata una pena detentiva di 10 mesi. L’Alta Corte di Diyarbakir ha motivato la sentenza con una foto che il condannato ha postato su Facebook e nella quale lo si vede con una t-shirt con la scritta “Kurdistan“ su una bandiera del Governo Regionale curdo. Questo vale come prova per il reato di “propaganda per un’organizzazione”.
Le politiche adottate dall’AKP rafforzano le tensioni all’interno del Paese e rendono sempre più difficili le condizioni per una convivenza dei popoli.
Presto non ci saranno comunque più comuni nelle città curde che non siano state messe in amministrazione forzata o un sindaco curdo che non sia stato arrestato. Da ultimo è stato arrestato il sindaco di Mardin, Ahmet Türk. Insieme ai co-presidenti dell’HDP Selahattin Demirtaş e Figen Yüksekdağ si trovano in carcere anche 10 deputati.
La questione curda si trasforma sempre di più in un campo di battaglia che comprende a ondate ogni strato della società.
I decreti lavorano come una ghigliottina
Un evento un paio di giorni fa a Mersin è un segnale molto chiaro di quanto sia seria la direzione nella quale si sta evolvendo la situazione in Turchia.
La piattaforma delle donne a Mersin voleva concludere la sua campagna “Palloncino Rosso” avviata un mese fa per denunciare gli abusi sui bambini, con una festa per bambini in occasione della giornata internazionale per i diritti dei bambini.
La festa è stata realizzata nel palazzo dei congressi e delle esposizioni che appartiene all’amministrazione comunale dell’MHP. Prima è stata letta la dichiarazione dei diritti dei bambini. Le famiglie sono state informate sul tema degli abusi sui bambini. Poi diversi gruppi di bambini sono saliti sul palco e hanno cantato canzoni.Per ultimi si sono esibiti bambini di un corso di Saz del centro comunale Gündoğdu del comune di Akdeniz. Prima hanno cantato una canzone turca. La seconda canzone era in lingua curda.
Prima ancora che la canzone iniziasse, i responsabili della sala hanno dichiarato di avere l’ordine che nelle sale dell’amministrazione comunale può essere suonata solo musica in lingua turca e che comunque la lingua curda è vietata. Davanti a bambini e famiglie si svolge una discussione sulla lingua curda. Una gran parte dei partecipanti abbandona la sala.
La psicologa Fahriye Cengiz che lavora nello sportello di consulenza per donne İştar del comune di Akdeniz cerca di rappresentare la gravità del quadro che si presenta:
“Nella giornata internazionale dei diritti dei bambini siamo diventati testimoni di un’altra forma di violenza contro i bambini, la violenza psicologica. Questi bambini sono stati esposti a violenza per via della loro lingua e della loro cultura. Davanti a questi bambini è stato detto che la loro lingua è vietata e che non gli è permesso cantare canzoni nella loro lingua. Domani questi bambini forse avranno paura a salire su un palco. Forse avranno paura di parlare la loro lingua madre.“
Attualmente in Turchia viviamo una fase che contraddice nel suo complesso tutto ciò che durante il processo di soluzione della questione curda è stato discusso e negoziato.
È quasi come se fossimo tornati allo stadio primitivo del „non ci sono curdi, sono turchi di montagna. I turchi che vivevano in montagna venivano chiamati curdi perché i loro passi nella neve facevano rumori come „Kart-Kurt““. Queste sciocchezze le abbiamo dovute ascoltare per decenni e molte persone hanno davvero creduto a queste amenità. Ora siamo già ritornati nello stato di emergenza. Se ora davvero ci raggiungono anche le baggianate del “Kart-Kurt“, non è il caso di meravigliarsi.
I decreti dello stato di emergenza lavorano comunque come una ghigliottina al servizio dei regnanti. Centinaia di associazioni, quotidiani e riviste vengono chiusi. Con ogni ordinanza migliaia di persone perdono il lavoro. Con ogni decreto si aprono nuove ferite sociali.
La madre del 12enne Uğur Kaymaz che il 21 novembre 2004 insieme a suo padre Ahmet è stato ucciso come presunto terrorista a Mardin Kızıltepe con 13 spari, nell’anniversario della morte di suo marito e di suo figlio, quindi il 21 novembre, in base a un’ordinanza è stata licenziata dal suo posto di lavoro. La donna che lavorava facendo le pulizie nel comune di Kızıltepe, Makbule Kaymaz, che cresce da sola tre figli, che nei suoi 12 anni di ricerca di giustizia non ha potuto trovarne da parte dello Stato, ora ha perso anche il lavoro.
Un’altra ferita sociale si apre con le azioni contro Veli Saçılık. Anche Saçılık, il cui braccio è stato strappato insieme alle manette nell’ operazione “Ritorno alla Vita“ nelle carceri, con l’ultima ordinanza è stato cacciato dal lavoro. Perfino i suoi risparmi in banca per ora sono stati confiscati. Anche se a seguito di proteste la confisca del denaro è stata revocata, nell’ultima foto che ho visto di Saçılık, viene pestato e trascinato via durante un’azione per il mantenimento del suo posto di lavoro.
L’AKP guida la Turchia in stato di emergenza!
La pratica dello stato di emergenza non fa sanguinare solo la coscienza sociale. I decreti forse contemporaneamente fanno “sanguinare anche i portafogli“.
Il dollaro ogni giorno batte il suo stesso record. La Turchia diventa un Paese sempre più povero.
La vicepresidente del CHP, Selin Sayek Böke, nella sua dichiarazione di recente ha rappresentato così il rapporto tra crisi economica e lo stato di emergenza in modo molto efficace:
“Questa crisi non è un riflesso della crisi globale in Turchia. Questa crisi è una crisi propria della Turchia. È il risultato di una politica che prolunga lo stato di emergenza, attraverso decreti calpesta il diritto e rimuove completamente la democrazia. Questa è una crisi che rende il cittadino disoccupato e quindi povero. La Lira turca negli ultimi 10 mesi ha perso il 15 % di valore rispetto al dollaro. E questa perdita di valore si è realizzata quasi completamente negli ultimi due mesi. La forte crescita della perdita di valore della Lira turca rispetto al dollaro inizia il 3 ottobre. Se abbiamo presente quello che è successo il 3 ottobre, diventa chiaro che questa crisi è una crisi della Turchia. Il 3 ottobre è il giorno nel quale il portavoce del governo ha proclamato che viene prolungato lo stato di emergenza. La perdita di valore della Lira turca, che è iniziata con la decisione di prolungare lo stato di emergenza, è aumentata con ogni passo di assenza di diritto, di tensioni con il mondo esterno e di rimozione della democrazia.“
Sarà questo collegamento “stabile“ tra la crisi economica e lo stato di emergenza che di recente ha indotto il Ministro per l’Economia Nihat Zeybekçi a spiegare in una dichiarazione al quotidiano Hürriyet: „Non voglio lo stato di emergenza. Lo dico apertamente. Non voglio questo prolungamento dello stato di emergenza.“
La via della Turchia verso la crisi era chiara. Al prolungamento dello stato di emergenza è seguita una grande assenza di diritto che ha spianato la strada alle tensioni e portato all’isolamento dal mondo esterno. E con ogni passo che si allontana dalla democrazia, anche la valuta turca ha perso valore.
Ma non è solo la perdita di valore della valuta turca e l’aumento della disoccupazione che indicano un’incombente crisi economica. Sono anche la retorica e gli annunci del governo turco stesso. Così il Presidente ormai parla del fatto di voler portare il suo Paese verso l’Organizzazione di Shanghai per la Collaborazione (SOZ), i cosiddetti Shanghai five. La vicepresidente del CHP Böke trova queste affermazioni più che discutibili. Sono almeno il 50% delle esportazioni turche ad andare in direzione dell’UE, mentre circa 1/3 vanno verso il Paesi del SOZ. Voltare le spalle all’UE quindi dal punto di vista economico sarebbe molto preoccupante.
A questo si aggiunge la domanda se Shanghai five abbiano un interesse alla partecipazione della Turchia. Le tensioni con la Russia, peso massimo della SOZ, sono ancora lungi dall’essere superate. Per provare questo basta dare uno sguardo ai recenti attacchi aerei del regime siriano contro i soldati turchi nel nord della Siria. In questi attacchi la Turchia ha dovuto subire le perdite più gravi dall’inizio della sua invasione. È evidente che questo attacco aereo si è potuto verificare solo con l’amichevole sostegno della Russia. E molto casualmente l’attacco aereo si è verificato nell’anniversario dell’abbattimento di un jet militare russo da parte della Turchia.
Il punto nel quale ci troviamo in effetti è una chiara prova del fatto che l’AKP non può governare la Turchia.
14 anni fa, quando l’AKP è andato al potere nell’anno 2002, in sole due città del Paese, Şırnak e Diyarbakır, c’era lo stato di emergenza. Questi erano stati prolungati dai governi precendenti. Nel primo mese dell’AKP lo stato di emergenza erano finito. L’AKP quindi ha preso in consegna una Turchia che non si trovava in stato di emergenza. Oggi in 81 del Paese è proclamato lo stato di emergenza.
Questo quindi è lo “stato di emergenza“, nel quale l’AKP dopo 14 anni ha portato la Turchia.
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Nell’anno 2000 in numerose carceri della Turchia i prigionieri rivoluzionari hanno protestato contro le carceri di isolamento di tipo F introdotti dal governo. Molti prigionieri sono entrati in sciopero della fame. Lo Stato turco quindi ha avviato l’operazione “Ritorno alla Vita“ e ha assaltato con circa 10.000 appartenenti alle forze di sicurezza le carceri nelle quali si trovavano gli scioperanti. Almeno 30 prigionieri sono stati assassinati in questa operazione, innumerevoli sono stati feriti gravemente
Celal Başlangıç Gazete Duvar,