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Kurdistan

Sciopero della fame contro il coprifuoco

Sono almeno 7 i civili uccisi a Nusaybin, provincia di Mardin, città del Kurdistan turco lungo il confine con la Siria, dove dal 13 novembre è in atto un coprifuoco.Tra le vittime anche una donna incinta, uccisa davanti alla porta della sua casa.

Secondo quanto hanno riferito alcuni testimoni, la donna, Selamet Yeşilmen, è stata uccisa da alcuni poliziotti che le hanno sparato mentre passavano in macchina davanti alla sua abitazione. Oltre a lei sono stati colpiti anche i due figli, uno dei quali si trova in fin di vita.

Nusaybin è solo l’ultima di una lunga serie di città del Kurdistan turco nelle quali è stato imposto il coprifuoco, città che nelle scorse settimane avevano proclamato l’autonomia. Una misura ufficialmente presa per contrastare le azioni del PKK, ma che di fatto, come hanno anche dimostrato i casi di Silvan e di Cizre, dei quali abbiamo parlato nelle scorse edizioni, si traducono spesso in azioni contro i civili.

Proprio per questo il 19 novembre due parlamentari dell’Hdp, il partito filocurdo, hanno iniziato uno sciopero della fame per denunciare quanto sta avvenendo nella città e per chiedere che venga tolto il coprifuoco. Uno di loro, Ali Atlan, parlando alla stampa ha riportato come tra le vittime ci sia anche un uomo che si trovava in dialisi e che è morto perché non è riuscito a raggiungere l’ospedale.

Oltre a questo, i due parlamentari hanno raccontato come in alcune parti della città sia stata tagliata la corrente e sia difficile avere accesso a cibo e acqua potabile.

Un momento di forte tensione c’era già stato alla fine del 2013, quando il governo aveva deciso di innalzare un muro lungo la frontiera, dividendo così Nusaybin, che si trova in Turchia, da Qamishli, città siriana, nel Rojava, che dista pochi chilometri dal confine. L’allora sindaca, Ayşe Gokkan, aveva quindi iniziato uno sciopero della fame contro quello che aveva definito il“muro della vergogna”. Quella barriera infatti avrebbe impedito alla popolazione delle due città, che sono sempre state unite da lingua, cultura, vincoli di parentela e di amicia, di avere contatti. Ufficialmente il muro serviva per impedire infiltrazioni di terroristi in Turchia, ma Gokkan aveva già denunciato come i militari turchi facessero passare senza problemi i jihadisti da quel confine.

Una situazione, quella del Kurdistan, che continua a rimanere fortemente instabile.

In questi giorni intanto è arrivata la notizia che è stata rigettata la richiesta dell’Hdp di annullare le elezioni del primo novembre. Secondo il Partito democratico dei popoli, infatti, il presidente Recep Tayyip Erdoğan si sarebbe schierato palesemente a favore dell’Akp, partito del quale è fondatore, venendo meno a quella neutralità che dovrebbe mantenere in virtù della sua carica.

Inoltre, come già denunciato da alcuni osservatori internazionali indipendenti, le elezioni in Kurdistan si sono svolte in clima di tensione e intimidazioni, in un territorio fortemente militarizzato, caratterizzato dalla presenza della polizia e dell’esercito.

 Giulia Sabella-RadioBullets

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