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Il Kurdistan tra barbarie e Rivoluzione: la liberazione nel Rojava e l’autodifesa di Kobane

Dalle 18:30 dibatto sulla resistenza curda e i tre cantoni di Rojava parteciperanno:

 

Fabio Clerici di Rete Kurdistan Italia

Kara Gunes  attivisti per i diritti del popolo curdo

Video intervento di Gilberto Pagani, avvocato 

Barrio Campagnola, via Ferruccio Dell’Orto 20, Bergamo

a seguire concerto con i Kara Gunes, uno dei gruppi più apprezzati e conosciuti della scena10710351_1495140744087819_7531912664328143707_o underground e radicale di Istanbul e della Turchia, impegnato nella rivolta di Gezi park e nella difesa dei diritti del popolo kurdo.

Kobane è assediata, circondata, affamata, ma non è sola: in Kurdistan settentrionale e in tutta la Turchia si è accesa una rivolta che vede contrapposti i curdi e gli attivisti della sinistra radicale contro l’esercito, la polizia, i fascisti nazionalisti e i radicali islamici; in tutta Europa sono scese in piazza le comunità curde, accompagnate da attivisti e assieme hanno assediato i consolati turchi, riempito piazze e vie, persino occupato il Parlamento Europeo.

A Kobane si combatte per l’umanità, per evitare l’ennesimo eccidio di esseri umani sotto gli occhi del mondo, per evitare che la cancellazione di una città, con le storie e le vite che porta con sè sia il terreno di scambio e di sfida tra potentati regionali e globali: califfi, emiri, ayatollah, presidenti a vita, fondamentalisti islamici, ebrei e cristiani che combattono guerre per procura sulla pelle degli abitanti del Medio Oriente. Ma non è solo questo che significa Kobane.

Da quando nel Rojava, ovvero nel Kurdistan occidentale (siriano) è stata dichiarata l’autonomia da parte di una autogoverno basato sul confederalismo democratico, quella regione è diventata una sperimentazione innovativa, multietnica, democratica, popolare. Una spina nel fianco di tutti i poteri e i fondamentalismi che vorrebbero fare del Medio Oriente terreno di conquista dei propri interessi, trascinandolo in un nuovo Medio Evo, allargando i confini del proprio Stato Nazionale, oppure alimentando odi settari nel nome della religione e della discendenza etnica.

La sperimentazione del Rojava è basata sulla autonomia di 3 cantoni che non ambiscono a costruire uno Stato nazionale, ma a realizzare forme di autogoverno basate su principi ecologisti, femministi, socialisti e di democrazia radicale. In ognuno dei molteplici livelli assembleari che compongono, sin dalla piccole aggregazioni di vicinato, fino al governo del cantone è garantita la rappresentanza di machi e femmine, così come di curdi e assiri, siriaci, turcomanni, ceceni, arabi.

Tutto questo rapresenta una doppia sfida per noi: da una parte dobbiamo sostnere come è possibile le battaglie di portata globale del movimento di liberazione del Kurdistan e la difesa di Kobane, Cizire e Efrine (gli altri cantoni del Rojava), anche come parte del processo di liberazione della Siria e del popolo siriano dai fondamentalisti e dal regime di Assad. Dall’altro lato dobbiamo riconoscere nella pratica politica di quei cantoni una esprienza eccezinale che, come quella zapatista, come quella dei naxaliti in India, parla a tutto il mondo e racconta di forme di democrazia innovative e da sperimentare che sono nate, sopravvissute e cresciute nonostante l’assedio della guerra, della repressione, della povertà estrema.

Rojava parla a noi tutti di quella rivoluzione che non sappiamo più inventare, una rivoluzione da realizzare subito. Qui ed ora, ma che contemporaneamente disegna la strada di una futura liberazione per tutti e di tutti.

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