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Interviste

Asya Abdullah, co-presidente del PYD: Una rivoluzione delle donne

[divider] Ottobre 2012  [/divider] In un intervista ad ANF, la co-presidente del partito dell´Unione Democratica (PYD) Asya Abdullah afferma che la rivoluzione nel Kurdistan Occidentale, dove un auto-governo è in atto da quando alcune aree sono state liberate, è guidata dalle donne.

Asya Abdullah ha avuto un ruolo attivo nel movimento kurdo del Kurdistan Occidentale per molti anni. È stata eletta co-presidente, insieme a Saleh Muslim, nel quinto congresso del partito, avvenuto nel Giugno 2012.

Quarantun’anni, Asya Abdullah è originaria di Dêrîka Hemko vicino alla città di Qamişlo. La Abdullah è un’attivista che per molto tempo, fino ad un anno fa, è stata costretta a nascondersi per sopravvivere alle pressioni del regime di Assad.

Mamoste Osman, Bavê Cûdî ed Ehmed Huseyin sono solo alcuni dei dirigenti del PYD uccisi sotto tortura nelle carceri siriane. Non si hanno notizie di Naziye Ehmed Keçel un´altra dirigente arrestata nella città di Efrin nel 2004.

Asya Abdullah, recatasi in Europa a metà Ottobre 2012 per partecipare alla conferenza del Kurdistan Occidentale di Parigi, ha iniziato il suo intervento parlando della lotta dei membri del PYD.

La dirigente del PYD sottolinea come l’alleanza del governo di Assad con la Turchia abbia costretto il PYD a combattere in Siria e osserva che l’Autonomia Democratica recentemente messa in pratica in Kurdistan, sulla base di un’organizzazione strutturata dalla base verso il centro, sta ponendo le fondamenta per una Siria democratica. Precisando che si sta procedendo nell’organizzazione della sanità, dell’istruzione, della sicurezza e dei lavori pubblici, Asya Abdullah osserva: ”Questa è la prima volta che le persone si autogovernano senza uno stato”.

Richiama l’attenzione sulla carenza di medicinali nella regione kurda e ci parla dei bisogni urgenti delle comunità locali, delle condizioni per essere eletti nei consigli cittadini, delle relazioni con l’opposizione siriana, della mancanza di elettricità, acqua e servizi sanitari, della sicurezza e, cosa più importante, della preparazione nell’ eventualità di un’allargamento della guerra in Siria.

Iniziando dalla conferenza di Parigi, come ha trovato la discussione del KNK sul Kurdistan Occidentale nella consutazione nazionale?

Credo che lo sforzo del Congresso Nazionale del Kurdistan (KNK) nell’organizzare questa conferenza sia stato molto importante perchè sono dell’opinione che il KNK, che è un’organizzazione nazionale ombrello, sia responsabile di fronte alla rivoluzione nel Kurdistan Occidentale. La conferenza è stata inoltre molto importante perchè ha visto riunirsi partecipanti provenienti da diverse parti del Kurdistan Occidentale. Inoltre alla conferenza sono intervenuti non solo Kurdi ma anche Assiri e Armeni. Credo che questo tipo di conferenza a Parigi lascerà un segno in un periodo storico così critico.

Avendo avuto un ruolo attivo nella poitica del Kurdistan Occidentale per molti anni, ha mai pensato di guidare una rivoluzione e di portarla fino a questo punto?

Nella battaglia che combattiamo da molti anni, abbiamo continuato il nostro lavoro politico sia nel Kurdistan Occidentale che in Siria sin dal periodo di costituzione del PYD, nei primi anni 2000.

Fino alla rivoluzione condotta quest’anno, la nostra lotta in Kurdistan e in Siria era necessaria e urgente a causa dell’accordo tra il regime di Assad e la Turchia. Senza alcun dubbio questa alleanza ha indirizzato il nostro movimento e le conquiste dei kurdi. Centinaia di compagni son stati arrestati e molti altri assassinati sotto tortura negli ultimi dieci anni a causa degli attacchi contro la nostra battaglia.

Quanti membri del vostro partito sono ancora in prigione? Avete loro notizie?

Dopo aver passato diversi anni in carcere, la maggior parte sono stati rilasciati grazie ad alcune riforme del sistema giuridico. Molti hanno perso la vita nelle prigioni siriane, come Mamoste Osman, Bavê Cûdî e Ehmed Huseyin, uccisi dalle torture. Una compagna di nome Naziye Ehmed Keçel è dispersa da tempo. Non abbiamo sue notizie da quando fu arrestata per la sua partecipazione all’organizzazione del nostro partito ad Efrin. La rivolta contro il regime siriano come movimento di opposizione negli ultimi dieci anni è parte significativa del nostro passato e della storia per noi.

Un cambiamento in Medio Oriente era inevitabile perchè regimi che ignorano i bisogni della gente devono attuare dei cambiamenti o essere rovesciati. Comunque nella situazione attuale, abbiamo riscontrato che questi regimi non sono in grado di attuare dei cambiamenti.

Quindi, per tornare alla sua domanda, avevamo previsto che il regime siriano sarebbe cambiato e il vento della rivoluzione in Medio Oriente avrebbe raggiunto un giorno anche questo paese. Ció precisamente a causa del fatto che il regime di Damasco è uno dei regimi durati più a lungo, con una storia di cinquanta anni di dominio da parte di un solo partito, una sola bandiera, una sola ideologia e un solo pensiero. Era inevitabile che questa situazione dovesse cambiare un giorno.

Che tipo di cambiamenti volete mettere in atto? Quale influenza avrà sulla regione il cambiamento in Siria?

Il prezzo più pesante di questi cinquant’anni è stato pagato dalla popolazione in Siria perchè i problemi sociali sono diventati più profondi in questo terriorio del Medio Oriente che si contraddistingue per la presenza di diverse culture, etnie e religioni. Il regime di un unico partito durato cinquant’anni ha stabilito un contrappeso contro questa ricchezza. Com’è noto i kurdi sono stati privati di tutti i loro diritti, a centinaia di migliaia è stata addirittura negata la cittadinanza. Ecco perchè noi, come movimento kurdo, stiamo lottando per un cambiamento. Una rivoluzione in Siria darà un nuovo colore al cambiamento nel Medio Oriente e si estenderà all’intera regione.

D’altra parte, il governo locale dev’essere formato non dal vertice centrale verso il basso ma viceversa. Il governo dev’essere basato sulle richieste e la volontà della gente che deve fare le proprie scelte e determinare il proprio futuro e le istituzioni personalmente, perchè abbiamo già visto come i regimi costruiti al contrario abbiamo fallito nel risolvere i problemi e abbiano trasformato la società in un disastro.

Pertanto il nostro modello di riferimento basa su una società con un sistema di auto-governo il suo fattore determinante.

Che tipo di preparazione avete effettuato per affrontare il cambiamento che, lei dice, avevate previsto?

Prima di iniziare la rivoluzione, abbiamo organizzato incontri e congressi sia del partito che del movimento, nei quali discutevamo dei cambiamenti che volevamo mettere in atto. Abbiamo organizzato anche degli incontri pubblici per ascoltare il punto di vista della popolazione, analizzare la situazione in Siria e in Medio Oriente, preparare progetti, prendere decisioni e presentare una road map. Conseguentemente abbiamo dichiarato un progetto di Autonomia Democratica come movimento kurdo del Kurdistan Occidentale. Consideriamo l’Autonomia Democratica la migliore soluzione non solo per il Kurdistan Occidentale ma per tutto il territorio siriano.

Il progetto di Autonomia Democratica è stato definito dal suo partito? Come considera questo progetto il Supremo Consiglio Kurdo?

Il progetto è stato costruito dal Movimento Social Democratico (TEV-DEM) e da altre organizzazioni ad esso collegate. Il nostro partito PYD ha supportato questo progetto e ha combattuto per metterlo in pratica nell’ultimo anno e mezzo.

Sulla strada verso l’autonomia, gli abitanti del Kurdistan Occidentale hanno formato auto-governi e consigli cittadini, ognuno dei quali ha diciassette comitati ad esso collegati. Per quanto riguarda la struttura dei villaggi in cui il governo è stato determinato in linea con la popolazione, esso è guidato da gruppi che si occupano di diverse problematiche inclusa la sicurezza e l’organizzazione sociale.

Qual’è la funzione di questi diciassette comitati dei consigli cittadini?

Alcuni comitati si occupano dei servizi pubblici nell’ambito delle politiche, delle donne, dei giovani, dell’istruzione, delle leggi, della sanità e della sicurezza; questi comitati hanno dei loro rappresentanti nei consigli cittadini.

Ogni comitato ha un’area di lavoro specifica e tutti i comitati si riuniscono mensilmente per valutare le attività svolte. Il sistema di auto-governo
nelle città di Kobanê, Efrin e Cizire è stato messo in pratica grazie a questi comitati che hanno provveduto a soddisfare i bisogni della popolazione in diversi ambiti incluse la sicurezza e la sanità. In breve, questo risultato è una conseguenza del progetto di Autonomia Democratica da noi dichiarato.

In quante città sono presenti attualmente i consigli cittadini e ci sono ancora città kurde sotto la dominazione del regime di Assad?

I consigli cittadini e i comitati collegati ad essi sono stati creati e funzionano attivamente nel Kurdistan Occidentale e in tutte le città a maggioranza di popolazione kurda come Aleppo, Tiltemer e Hesekê. Ci siamo organzzati anche nei quartieri abitati dai kurdi della capitale Damasco. In alcune delle città del Kurdistan come Kobanê, Efrin, Qamislo, Tirbisiyê, Amude, e Derikê, la popolazione si auto-governa e il numero di queste comunità cresce ogni giorno in linea con il processo corrente e gli equilibri variabili.

Qual’è stato l’ostacolo maggiore che avete dovuto superare nell´attuazione del progetto di Autonomia Democratica?

Questa è una nuova forma di governo non solo per i kurdi ma per l’intero Medio Oriente. È la prima volta che viene messo in pratica e che le persone hanno iniziato ad autogovernarsi senza uno stato. Voglio sottolineare che questo sistema differisce da tutti gli altri per la sua struttura organizzativa che va dal basso verso l’alto. Questo progetto è al tempo stesso una filosofia di vita che presentiamo nelle accademie create per dare la priorità all’istruzione della popolazione.

Com’è organizzato il sistema educativo delle accademie? In base all’età o alla classe sociale?

Accanto alle accademie speciali abbiamo creato accademie pubbliche nelle quali tutti i membri dei comitati e dell’amministrazione frequentano corsi di formazione e studiano il nuovo paradigma nei dettagli. Offriamo anche lezioni sulla cultura della democrazia e dell’autogoverno. Organizziamo regolarmente seminari e tavole rotonde nei quartieri e nei villaggi in cui svolgiamo incontri pubblici a intervalli regolari per discutere della situazione politica e delle soluzioni ai problemi sociali. Accogliendo le critiche, le proposte e le valutazioni degli abitanti.

Può parlarci delle reazioni dell’ opinione pubblica a questo progetto?

Posso dire che abbiamo avuto delle difficoltà durante le elezioni soprattutto perchè era la prima volta che venivano svolte in maniera deocratica secondo le necessità dell’Autonomia Democratica. Abbiamo raggiunto una cultura delle elezioni e dellla democrazia attraverso le elezioni stesse perchè in passato tutte le decisioni venivano prese da strutture centrali e la nostra gente è stata privata del proprio diritto di eleggere ed essere eletta in tutte le votazioni avvenute fino a quella data.

ANF/ANF NEWS AGENCY

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