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Opinioni e analisi

L’artiglio di Erdogan

In Iraq del nord e nella Turchia meridionale l’esercito turco attacca zone curde. La crociata di Erdogan potrebbe allargarsi anche al Rojava nel nord della Siria.di Peter Schaber e Hubert Maulhofer – Lower Class Magazine

La telecamera mostra una collina rocciosa. Lentamente un camion risale la stretta strada sterrata. „Hazir bê“, preparati, dice una voce in curdo. E poco dopo: „Bitaqine“, fallo esplodere. Il camion sparisce in una nuova di fuoco e polvere. La dichiarazione delle Forze di Difesa del Popolo curde nei titoli di coda del video, trae il bilancio: tre soldati turchi sono stati uccisi nell’azione.

Attacchi come questo, nella provincia di Hakkari (Colemêrg) situata nel sudest della Turchia, al momento sono frequenti. Le forze della guerriglia del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) pubblicano quasi quotidianamente i risultati delle azioni e degli scontri: il 16 luglio la guerriglia delle donne YJA-Star ha attaccato il posto di guardia di una base militare presso Bajêrgan; il 18 luglio nella zona di Dola Çingene sono stati attaccati da due lati soldati turchi che dovevano essere lasciati nell’area da elicotteri da trasporto; il 19 luglio in un’azione di sabotaggio a Şirnex è morto un numero non chiarito di soldati [delle truppe] di occupazione.

I centri principali degli attuali combattimenti si estendono a tutto il territorio di confine turco-iracheno, dalle province di Şirnex e Colemêrg e nel sud in profondità in territorio iracheno. Lì Ankara cerca di insediarsi da mesi e – come dall’inizio del 2018 nella provincia curda di Afrin nel nord della Siria – costruire un regime del terrore contro la popolazione locale.

Operazione Artiglio“

A fine maggio, come si apprende dai giornali di regime turchi, è iniziata l’operazione militare „artiglio“, il cui obiettivo è di „cancellare“ il movimento di liberazione curdo nelle regioni montuose tra l’Iraq e la Turchia. Lì si trovano le cosiddette „zone di difesa di Medya“ che fanno da quartier generale al movimento di liberazione curdo, in lotta da 40 anni lotta contro la NATO e il colonialismo turco. „Questi territori sono le zone delle basi appoggio della guerriglia, ma sono soprattutto il cuore ideologico del partito“, spiega Özgür Pirr Tirpe, un rappresentante del Movimento Giovanile Rivoluzionario „Tevgera Ciwanên Şoreşger“ (TCS) a LCM. „Qui vengono formati i quadri. Anche centri strategici hanno sede qui. Da oltre 30 anni il movimento usa queste montagne nel Kurdistan del sud sia come quartier generale sia come zona di rifugio.“

Territorio di confine turco-iracheno su una mappa dei media della propaganda turca – Gare, Metina, Zap, Xakurke fanno parte delle zone tenute dal PKK

Il governo turco sa: se non riesce a sgominare queste montagne, non può attuare la sua „soluzione“ militare, alla fine genocida, della questione curda di cui ha bisogno per mantenere il proprio potere. Per questo questa zona da anni è sotto un bombardamento continuo da parte dell’aviazione. Ma solo con droni e jet da combattimento, non si può vincere contro i combattenti della guerriglia. Un sistema di grotte ampiamente ramificato e esperienza decennale nel conflitto con l’esercito della NATO, garantiscono la sicurezza delle e dei combattenti del PKK.

Per questo la Turchia a distanze regolari manda soldati allo sbaraglio nel tentativo di penetrare anche via terra nelle zone di difesa di Medya. „La regione è difficilmente accessibile e estremamente montuosa. Quindi per l’esercito turco non è mai stato possibile entrare qui del tutto. È sempre stato possibile solo occupare singole colline, ma sotto la pressione della guerriglia delle HPG sono sempre stati costretti a ritirarsi“, dice Özgür Pirr Tirpe.

Dunque anche la strategia della „Operazione Artiglio 2“ appena iniziata in seguito alla „Operazione Artiglio“, è composta da diversi elementi. Lo spazio aereo viene continuamente sorvegliato da droni, jet da combattimento bombardano tutto ciò che si muove – la maggior parte delle volte civili dei villaggi delle regioni contese. Contemporaneamente elicotteri cercano di depositare sulle colline unità speciali che devono costruirci delle basi d‘appoggio. Quelle però hanno un’emivita relativamente breve prima che la guerriglia le abbatta o le faccia saltare.

Collaborazionisti curdi

Scenario principale di questo scontro è la regione Xakurke (Hakurk) nel nord dell‘Iraq. E qui entra in gioco un’altra forza. Il „Partito Democratico del Kurdistan“ (KDP). Il gruppo strettamente legato alla Germania, agli USA e alla Turchia, governa in parti dei territori autonomi curdi nel nord dell‘Iraq. Sulla base di un sistema feudale di clan, vive di una svendita delle risorse del Paese, sempre pronto a fornire ogni tipo di servizio ai „partner“ stranieri che gli assicurano il potere sulla propria popolazione.

„Il KDP descrive se stesso come un partito patriottico-nazionalista che starebbe combattendo per la libertà del Kurdistan“, ride Özgür Pirr Tirpe. „Ma sta di fatto che questo partito negli ultimi 16 anni di governo del clan Barzani non è stato altro che uno strumento di potere che sfrutta la popolazione. L’intero business del petrolio, che rappresenta gran parte della ricchezza del Kurdistan del sud, è centralizzato nelle mani di questa famiglia. Anche tutti i posti all’interno del KDP restano all’interno della famiglia Barzani.“

Il clan Barzani intrattiene strette relazioni economiche con il regime di Erdogan in Turchia. I rampolli del clan sono spesso ospiti a Ankara. E in cambio del favore della dittatura dell’AKP, il KDP ogni volta che può aiuta negli attacchi a altri partiti curdi, in particolare a quelli che sono vicini al PKK. Attualmente il KDP ha messo postazioni delle truppe peshmerga a disposizione dell’esercito turco, lascia agire liberamente soldati turchi nelle città della regione autonoma curda e copre i servizi segreti turchi MIT.

Sotto l’egida del KDP, negli scorsi anni l’Iraq del nord è diventato un territorio dove non ci sono più propri diritti di sovranità. La Turchia può – sul terreno come in cielo – venire e andarsene a suo piacimento. Proprio questo dovrebbe comunque essere uno degli obiettivi dell’operazione di occupazione: il regime di Erdogan ha dichiarato più di una volta di voler riannettere i territori dell’Impero ottomano di un tempo. E di questi fa parte appunto anche la regione contesa.

Allargamento al nord della Siria?

La crociata di Erdogan in un prossimo futuro potrebbe allargarsi nuovamente. L’obiettivo dichiarato del governo turco è di annientare la zona di autogoverno nel nord della Siria, diventata famosa a livello internazionale con il nome Rojava. Questo attacco ha avuto inizio con l’occupazione di una parte di questo territorio, a Afrin nel nordovest della Siria, che dura dal 2018. Ma la Turchia vuole occupare anche le restanti province tra Kobane e Derik. Che finora non ci sia riuscita, dipende dalle costellazioni internazionali in Siria: gli interessi degli USA e della Russia, di Damasco e dell’Iran, fino ad ora non hanno lasciato margini per un ingresso.

La Turchia spara regolarmente oltre il confine su città e villaggi curdi, arma islamisti che eseguono attentati terroristici e incendia campi coltivati per scacciare la popolazione. Ma il suo desiderio di fare ingresso nel territorio e di annetterlo, finora è rimasto senza autorizzazione dalla Russia o dagli USA.

Tuttavia, su questo concordano le associazioni curde in Siria, presto potrebbe incombere un’avanzata dal nord. Le Unità di Difesa del Popolo YPG e le Unità di Difesa delle Donne YPJ si preparano alla guerra. E l’alleanza militare multietnica FDS (Forze Democratiche della Siria), subordinata all’Amministrazione Autonoma in Siria del nord, ha annunciato di voler ribattere in tutto in territorio di confine tra la Turchia e la Siria, qualora Ankara dovesse attaccare.

Anche Özgür Pirr Tirpe ritiene lo scenario non molto improbabile: „Attualmente sembra che la guerra a bassa intensità che c’è stata finora, potrebbe svilupparsi in una guerra ad alta intensità.“

Autori: Peter Schaber e Hubert Maulhofer

Bildquelle: ANF

https://lowerclassmag.com/2019/07/24/erdogans-klaue-der-ignorierte-krieg-im-nordirak/

 

 

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