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Diritti umani

È una vergogna per il Senato rosso-verde 

Un giornalista critico del governo turco che da decenni vive ad Amburgo è minacciato di espulsione. Colloquio con Adil Yigit

Lei è in Germania da 35 anni.  Ciononostante ora l’Ufficio Immigrazione vuole espellerla in Turchia. Perché?

Nell‘avviso di espulsione che ho ricevuto viene sollevato il fatto che non ci sarebbe coesione famigliare e che per questo sarebbe nullo il ricongiungimento famigliare. Io qui ho quattro figli. Ma non sono venuto in Germania per ricongiungimento famigliare. Quando a novembre ho chiesto il prolungamento del mio soggiorno, mi è stata rilasciata solo una certificazione provvisoria per tre mesi, nei quali ora dopo decenni, si vuole riesaminare il mio caso.

Dietro questa decisione vedo altre ragioni: per esempio al G 20 mi è stato rifiutato l’accredito stampa come giornalista. Faccio parte dei 32 giornalisti in tutto, che non sono stati lasciati entrare. Dopo ho anche ricevuto due lettere dall’Ufficio di Polizia Federale (Bundeskriminalamt) nei quali l’ente sottolinea che si sarebbe trattato di un malinteso. Ma ciononostante partecipo a una querela collettiva di giornalisti e anche dopo le scuse non ho ritirato la querela.

Inoltre la decisione potrebbe avere a che fare con il rinnovato miglioramento delle relazioni con la Turchia. Gli sporchi affari con la Turchia per quanto riguarda le armi sono in corso già da anni, ma evidentemente al momento si vogliono migliorare ulteriormente queste relazioni. E allora appunto capitano nel mirino anche giornalisti che criticano Erdogan. Su Avrupa Postasi mettiamo molti rapporti dalla Turchia, le autorità sanno bene chi sono. Non sono un innocuo giornalista qualunque. Quello che succede in Turchia, quello che succede in Kurdistan, mi turba, non voglio guardare dall’altra parte.

E per questo posso immaginare che non si tratti di un caso o della decisione di un singolo impiegato. E inoltre tutta la questione è uno scandalo per il Senato rosso-verde a Amburgo.

E per lei in Turchia la situazione non è priva di rischi. Lei era attivo nella sinistra politica …

Non avevo ancora vent’anni quando ero attivo nella scuola professionale a Malatya, il mio luogo di nascita. Eravamo tre amici che andavano a scuola e venimmo attaccati. Il compagno a me caro Ahmet Seref Satilmis morì per uno sparo in testa. Era il 4 aprile 1978. L’altro amico venne colpito a un braccio, io rimasi illeso. Grazie alla mia deposizione due degli assassini, entrambi membri del partito fascista MHP, vennero condannati.

Allora su suggerimento della mia famiglia sono andato a Istanbul. Nel 1979 lì i fascisti hanno buttato una carica esplosiva nella mia abitazione. Ho preso in mano la bomba artigianale e l’ho buttata dalla finestra, ma sono rimasto gravemente ferito a una mano. Quindi ho dovuto lasciare la Turchia perché per due volte sono sfuggito alla morte solo per un soffio. Non sono venuto un Germania per motivi economici o per una fidanzata. Ero in pericolo di vita.

Cosa rischierebbe se dovessero costringerla a tornare in Turchia?

Cosa succede se mi espellono è chiaro. Molti colleghi sono in carcere per articoli innocui. Nel 2015 ho invitato Can Dündar 2015 a Amburgo, più tardi anche Ahmet Sik, che ora si trova in un carcere turco. In due casi mi hanno scritto avvocati di Erdogan e mi hanno invitato a cancellare rapporti che vanno cancellati in base alla legislazione turca sulla stampa. Ho detto, in Germania non vale la legge turca.

Quello che voglio dire con questo è: se mi si costringe a tornare in Turchia, sicuramente non verrò accolto con un tappeto rosso. Ovviamente metto in conto il carcere.

Riceve sostegno nel tentativo di impedire l‘espulsione? A Amburgo c’è un Senato rosso-verde …

Die Linke è stato l’unico partito a invitarmi e ha voluto presentare un’interrogazione sul mio caso. Ma da parte di SPD o dei Grünen nessuno si interessa del mio caso. I deputati di origine turca di questi partiti si sono fatti vivi con me e mi hanno detto di inviargli l’avviso di rifiuto. L’ho fatto, ma non c’è stata risposta.

 

Intervista: Peter Schaber

 

Junge Welt

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