Attentatore spara a dozzine di persone in festa in un nightclub di Istanbul-In un attacco a un noto nightclub di Istanbul nella sera di capodanno sono state uccise almeno 39 persone e altre 69 sono rimaste ferite, in parte in modo grave. Secondo quanto riferito dal Ministro degli Interni, tra le vittime ci sono almeno 16 stranieri. L’attentatore che secondo alcuni testimoni sarebbe stato vestito da babbo natale, alle 01.15 (ora locale) ha prima ucciso un poliziotto e un civile all’ingresso del Reina Club situato nel quartiere di Ortaköy sulle rive del Bosforo. Poi ha aperto il fuoco sulle circa 600 persone in festa all’interno dell’edificio. Il governo parla di un attacco terroristico, è stata avviata una ricerca a tutto campo. L’ente radiofonico e televisivo (RTÜK) ha proclamato un silenzio stampa. Mentre fino a domenica nessuno ha rivendicato il massacro, alcuni giornalisti turchi vicini al governo hanno accusato gli USA e la NATO di aver compiuto l’attentato con l’aiuto del Movimento Gülen e dello “Stato Islamico” (IS).
Il Reina Club, frequentato da star del cinema e calciatori professionisti, nonché da turisti e imprenditori occidentali, è uno dei luoghi di svago più conosciuti di Istanbul. Il proprietario, così come una gran parte dei collaboratori, appartengono alla comunità religiosa degli aleviti che in Turchia è discriminata e perseguitata dagli islamisti.
Nelle scorse settimane gruppi islamisti e nazionalisti in Turchia avevano inscenato una campagna di odio contro i festeggiamenti natalizi e di capodanno, in quanto non islamici. Così uno spettacolo teatrale di strada del gruppo “Alperen Ocaklari”, che fa riferimento ai “Lupi Grigi” fascisti, ha fatto molta notizia in tutto il Paese. Un combattente islamico minacciava babbo natale con una pistola e lo malmenava. “Oggi per l’ultima volta, questo è l’ultimo avvertimento, non festeggiare!” ha inoltre titolato Milli Gazete il 31 dicembre. Il foglio appartiene al movimento islamista Milli-Görüs, nel quale ha le sue radici politiche anche il Presidente Recep Tayyip Erdogan.
di Nick Brauns