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Kurdistan

La marcia di Erdogan

La Commissione Costituzionale apre la strada all’elezione presidenziale in Turchia. Governo e media alimentano il clima della paura. Aumenta la violenza di Stato: martedì a Istanbul è iniziato il processo contro 29 dei poliziotti presunti partecipanti al golpe

Il capo di Stato turco Recep Tayyip Erdogan è andato un passo avanti con il suo piano di trasformare la repubblica in una dittatura presidenziale sotto la sua guida. Contro la resistenza delle opposizioni di sinistra filo-curda e kemalista, l’alleanza dell’AKP religioso nazionalista al governo e dell’MHP fascista nella Commissione Costituzionale la sera di lunedì sono riusciti a far passare i primi due dei complessivamente 21 articoli da modificare. Nel sistema presidenziale al quale aspira l’AKP il Presidente deve poter governare per decreto senza tenere conto del Parlamento e poter nominare ministri e rappresentanti delle istituzioni.

La riforma costituzione secondo i piani del governo va sottoposta a referendum popolare nella primavera del 2017. Fino ad allora si vuole prolungare lo stato di emergenza in vigore dal tentativo di golpe di luglio, ha annunciato il vice Presidente del Consiglio Numan Kurtulmus martedì. Lo stesso giorno si è svolto a Istanbul per la prima volta un processo contro presunti sostenitori del colpo di stato. Sono imputati 29 ex poliziotti sono, 21 di loro rischiano l’ergastolo. Si sarebbero opposti agli ordini di proteggere la residenza di Erdogan.

Arresti di massa di oppositori e di critici di Erdogan sono utili quanto i sempre più assurdi scenari di minaccia nei confronti della popolazione. Così il quotidiano vicino al governo Yeni Safak martedì aveva il titolo che 2.000 miliziani di »Stato Islamico« (IS) si sarebbero uniti al Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK). Dai meda sincronizzati dell’AKP viene disegnato il quadro di una congiura secondo la quale potenze occidentali, con l’aiuto di IS, del Partito dei Lavoratori del Kurdistan e del Movimento Gülen ritenuto responsabile del tentativo di golpe, stanno cercando di impedire l’avanzata della Turchia.

Secondo quanto riferito dal Ministero dell’Interno, da lunedì nel giro di una settimana da lunedì sono state arrestate circa 1.700 persone per presunti collegamenti con »organizzazioni estremistiche« – si intendono il Movimento Gülen e il PKK – e oltre 500 di loro poste in carcerazione preventiva. Tra loro anche la vicepresidente del partito di sinistra filo-curdo HDP Aysel Tugluk. Martedì sono seguiti 45 mandati di cattura contro ufficiali e soldati della marina militare, che sarebbero seguaci di Gülen. La carcerazione preventiva è stata disposta anche per Senol Buran, il gestore della mensa del quotidiano liberale Cumhuriyet. Il suo reato: ha dichiarato su Internet che non sarebbe disposto a servire del tè a Erdogan.

Una settimana dopo l’omicidio dell’ambasciatore russo Andrej Karlow un tribunale di Ankara lunedì ha disposto il silenzio stampa sulla vicenda. Perché diversamente da quanto sostenuto dal governo dell’AKP, finora rispetto all’attentatore ucciso posto Mevlüt Mert Altintas, un 22enne appartenente a un’unità speciale della polizia, non è stato possibile provare un collegamento con il Movimento Gülen. Dichiarazioni di famigliari e relazioni di giornalisti in esilio vicini a Gülen suggeriscono che l’attentatore apparteneva a una rete jihadista-nazionalista formata all’interno delle unità speciali che arriva fino al Ministro degli Interni Süleyman Soylu. Altintas si sarebbe radicalizzato sotto l’influenza del predicatore Nurettin Yildiz, un ospite benvoluto della famiglia Erdogan, che oltretutto parteggia perché Gülen venga giustiziato.

di Nick Brauns

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