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Kurdistan

Un russo ad Ankara

Un “euroasiatico” e un ex-maoista turco caldeggiano un’alleanza tra la Russia e la Turchia-Con l’ideologo russo del Movimento “Eurasiatico”, Alexander Dugin, martedì è stato un personaggio cangiante a prendere parte alla riunione del gruppo parlamentare del Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP) religioso-nazionalista al governo in Turchia ad Ankara. Il filosofo e pubblicista con la caratteristica barba frusciante che, analogamente all’oscuro consulente dell’ultimo zar della Russia, gli ha fruttato il soprannome di “Rasputin di Putin”, negli anni 90’ presiedeva l’ormai vietato Partito nazional-bolscevico della Russia. Oggi opera come fornitore di ideologie per il Presidente Vladimir Putin, per il quale ora è comparso ad Ankara come inviato in politica estera. Se fosse effettivamente in viaggio con un incarico ufficiale non è chiaro. Dugin, ben collegato con i neofascisti europei, sostiene una “Unione euroasiatica” antioccidentale e antiliberale dei popoli dell’Europa e dell’Asia sotto la guida russa.

“Putin offre alla Turchia una partnership strategica e le tende la sua mano in amicizia”, ha annunciato Dugin secondo il canale televisivo Ulusal TV. Alla domanda di un giornalista se una partnership del genere fosse in conflitto con l’appartenenza della Turchia alla NATO, Dugin ha dichiarato: “Questa decisione sta a voi. Siete uno Stato nazionale indipendente. Sapete chi sta dietro a quelle forze che hanno bombardato il Parlamento turco. Di certo non la Russia … “. Così Dugin interpreta il tentativo di golpe del 15 luglio in Turchia come “complotto geopolitico” degli USA e dei seguaci dell’Imam in esilio negli USA Fethullah Gülen – una visione che viene ampiamente condivisa dalla leadership dell’AKP.

Fino a che punto arrivi effettivamente l’influenza di Dugin al Cremlino è controverso. Ma la direzione russa sfrutta le attuali tensioni tra Ankara e Washington, la cui causa è il sostegno degli USA ai combattenti curdi delle “Unità di Difesa del Popolo” (YPG) curde in Siria che Ankara ha dichiarato essere »terroristi«. Mosca vuole alimentare le tendenze alla disaffezione attualmente esistenti all’interno della NATO. Per Ankara la visita del consulente del Cremlino, che si è trovato con il Presidente del Consiglio dei Ministri Binali Yildirim per un appuntamento fotografico, a sua volta rappresenta una possibilità di mostrare ai partner della NATO che la Turchia in linea di principio ha anche altre opzioni di alleanza.

Come regista occulto di un avvicinamento alla Russia, nonché di una tentata comunicazione con la leadership siriana, contribuisce il Partito della Patria turco (Vatan Partisi) di Dogu Perincek, i cui emissari fanno la spola tra Mosca e Damasco. Il partito ex-maoista, che fino allo scorso anno ancora si firmava con il nome di Partito dei Lavoratori, oggi è un raggruppamento nazionalista che si presenta in modo isterico e fa riferimento alla fase iniziale anti-imperialista del periodo di governo del fondatore della repubblica Kemal Atatürk. La sua influenza, nonostante un risultato elettorale di appena 120.000 voti (0,25 percento) alle elezioni parlamentari di un anno fa, grazie al suo canale televisivo Ulusal TV e al suo quotidiano Aydinlik arriva fino in profondità nel partito di opposizione kemalista CHP. Inoltre il Partito della Patria, nella cui direzione siedono generali e burocrati statali in pensione, dispone tradizionalmente delle simpatie di un’ala euroasiatica all’interno del corpo degli ufficiali presente da sempre, nonostante l’appartenenza alla NATO.

Perincek nel 2008, su iniziativa di pubblici ministeri vicini al movimento di Gülen, era stato arrestato e condannato all’ergastolo per presunti piani golpisti. Dopo la rottura dell’alleanza tra l’AKP e Gülen è stato liberato nel 2014 per dare da allora al Presidente turco Recep Tayyip Erdogan una supposta copertura anti-imperialista. Con il fallito tentativo di golpe del 15 luglio è arrivata l’ora degli »Ulusalcilar« (nazionalisti) di Perincek. »Dalle epurazioni ora sono colpiti prevalentemente ufficiali attribuiti all’ ›ala atlantica‹ filo-occidentale – quasi tutti seguaci del movimento Gülen rappresentati nell’apparato militare apparterrebbero a quest’ala«, è stato scritto nella rivista online appartenente al movimento Gülen Deutsch-Türkisches Journal del 26 ottobre sul disboscamento all’interno dell’esercito. Di 358 generali e ammiragli, dopo le epurazioni ne erano rimasti solo 201.

Nelle epurazioni nell’apparato dello Stato Erdogan si è appoggiato ai seguaci di Perincek, certo non sospetti simpatie per Gülen. »Con i suoi quadri attuali l’AKP non può guidare la Turchia. Per questo il Presidente Erdogan si affida alla nostra gente in posizioni critiche all’interno dello Stato«, si è vantato Perincek, che l’analista statunitense Michael Rubin della rivista Newsweek il 16 agosto in un talk-show televisivo ha titolato »Ministro della Difesa ombra«. Ma si preparano già nuovi conflitti sull’occupazione dei posti che si sono liberati nell’apparato della sicurezza: tra gli Ulusalcilar di impostazione radicale e laica e le aree religiose conservatrici come l’ordine Naqshbandi che tradizionalmente costituisce la base dell’AKP. L’editorialista del quotidiano Star vicino all’AKP, Ahmet Tasgetiren, ha già ammonito rispetto a un nuovo Stato parallelo degli Ulusalcilar che potrebbe prendere il posto dello Stato parallelo güleniano.

 

Nick Brauns

Junge Welt

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