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Appello dalla Turchia: «Vi scrivo questa lettera dalla prigione di Bakirköy…»

Da agosto la scrittrice e giornalista turca  Aslı Erdoğan è incarcerata senza processoa Barkirköy, una prigione di Istanbul.  Il suo arresto, avvenuto insieme a quello di altri 22 giornalisti del quotidiano filo kurdo Özgür Gündem, è stato condannato da numerose organizzazioni internazionali e riflette il metodo antidemocratico del governo turco del presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, inasprito dopo il fallito colpo di stato militare del luglio 2016 che ha consentito al regime islamista di scatenare una vasta operazione contro ogni tipo di opposizione, culminata nei giorni scorsi con l’arresto dei leader della sinistra parlamentare filo kurda del Partito democratico dei popoli (Hdp) e che continua nella vera e propria guerra contro il Kurdistan turco.

Il 19 agosto un  tribunale ha  accusato Aslı Erdoğanè di «propaganda in favore di una organizzazione terrorista; appartenenza a una organizzazione terrorista; incitamento al disordine». Attraverso una magistratura epurata e addomesticata, il regime islamista turco vuol far pagare ad Asli Erdogan il suo sostegno alla comunità kurda e il suo appello a riconoscere la responsabilità turca nel genocidio degli armeni. Per questo la scrittrice è diventata uno dei bersagli prioritari delle purghe di massa scatenate da Recep Tayyip Erdoğan dopo il fallito colpo di Stato.

La situazione di Aslı Erdoğan è ancora più preoccupante dei molti oppositori incarcerati perché la sua salute è fragile, ma la scrittrice è riuscita a inviare attraverso il sito Kedistan  un appello urgente alla comunità europea perché agisca per chiedere la liberazione dei suoi colleghi e la difesa della libertà di espressione in Turchia. Un appello al quale finora l’Unione europea ha dato una risposta esitante e balbettante, assistendo praticamente inerme al giro di vite fascistoide con il quale i regime islamista turco sta soffocando quel che rimane della democrazia.

Ecco cosa scriveva qualche giorno fa dal carcere di Barkirköy Aslı Erdoğan:

 

Cari anici e amiche, colleghi, giornalisti e membri della stampa,

vi scrivo questa lettera dalla prigione di Bakırköy, all’indomani dell’operazione poliziesca contro il giornaleCumhuriyet, uno dei giornali più vecchi e voce dei socialdemocratici. Attualmente più di 10 redattori di questo giornale sono guardati a vista. Quattro persone, tra le quali Can Dündar (ex) redattore capo, sono ricercate dalla polizia. Io stessa sono sotto choc.

Questo dimostra chiaramente che la Turchia ha deciso di non rispettare nessuna delle sue leggi né il diritto. In questo momento, più di 130 giornalisti sono in prigione (ma il loro numero è purtroppo salito nei giorni successivi, anche con gli arresti e le recenti chiusure di altri giornali, ndt). E’ un record mondiale. In due mesi, 170 giornali, settimanali, radios e televisioni sono stati chiusi. Il nostro attuale governo vuole monopolizzar la “verità” e la “realtà” e ogni opinione che sia solo un po’ differente da quella del potere è repressa con violenza: la violenza poliziesca, dei giorni e delle notti in isolamento (fino a 30 giorni)…

Io sono stata arrestata solo perché ero una dei consiglieri di Özgür Gündem, “giornale kurdo”. Malgrado  il fatto che i consiglieri non abbiano alcuna responsabilità per il giornale,  secondo l’articolo  n° 11 della Legge della stampa che lo notifica chiaramente, io non sono stata condotta ancora di fronte a un tribunale che ascolterà la mia storia.

In questo processo kafkiano,  Necmiye Alpay, scienziato linguista di 70 anni,  è stato ugualmente arrestato insieme a me e giudicato per terrorismo.

Questa lettera è un appello urgente!

La situazione è molto grave, terrificante ed estremamente inquietante. Sono convinta che il regime totalitario in Turchia si estenderà inevitabilmente, anche su tutta l’Europa. L’Europa è attualmente concentrata sulla “crisi dei rifugiati” e sembra non rendersi conto dei pericoli della scomparsa della democrazia in Turchia. Attualmente, noi – Autori e autrici, giornalisti, kurdi, aleviti, e certamente le donne –  paghiamo il pesante prezzo della “crisi di democrazia”.

L’Europa deve assumersi le sue responsabilità, ritornando ai valori che aveva definito, dopo secoli di sangue versato, e che fanno sì che “l’Europa è l’Europa”: la democrazia, i diritti umani, la libertà di opinione e di espressione…

Noi abbiamo bisogno del Vostro sostegno e di solidarietà. Vi ringraziamo per tutto quello che avete fatto per noi, fino ad adesso.

Cordialmente.

Aslı Erdoğan

1.11.2016, Bakırköy Cezaevi, C-9

Fonte: Greenreport

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