Chi c’è dietro il devastante attentato suicida contro una festa nuziale curda a Gaziantep nel sudest della Turchia? Quando nella notte tra il 20 e il 21 agosto un attentatore suicida si è fatto saltare in aria in mezzo agli ospiti una festa per un matrimonio a Gaziantep nell’Anatolia meridionale hanno perso la vita 53 persone, 13 die circa cento feriti nell’attentato sono ancora in condizioni critiche. Oltre 30 degli assassinati erano ancora bambini.
Il luogo del fatto di sangue non era affatto casuale. È stato evidentemente scelto secondo lo schema classico di nemico immaginario dei nazionalisti turchi e degli jihadisti islamisti. Le famiglie ritrovatesi per la lieta occasione erano curde e alevite e simpatizzanti e iscritti del Partito Democratico dei Popoli (HDP) di sinistra.
Il governo turco nei primi comunicati ha attribuito la responsabilità per il fatto di sangue a »Stato Islamico« (IS, Daesh), il Presidente Recep Tayyip Erdogan ha parlato di un bambino tra i 12 e i 14 anni come attentatore. Ma poco dopo il Premier Binali Yildirim ha fatto retromarcia: non si aveva »alcuna idea« su chi di preciso ci fosse dietro l’attacco terroristico.
Lo Stato come coautore?
Obiettivo e modalità dell’attentato però indicano una cellula che fa riferimento a IS che in Turchia si è già attivata più volte. La carica esplosiva riempita di palline di metallo sarebbe stata costruita come quelle che sono già state usate negli attentati a Suruc (20 luglio 2015, 34 morti) e Ankara (10 ottobre 2015, 103 morti) riportano i media turchi riferendosi ad aree istituzionali. Un collegamento tra gli attentati appare plausibile. Perché sia a Suruc sia ad Ankara e attualmente a Gaziantep i curdi e la sinistra erano obiettivo degli attentatori suicidi. I responsabili di Ankara e Suruc venivano dallo stesso gruppo islamista che viene chiamato gruppo Dokumaci secondo il suo capo. È originaria di Adiyaman, uno dei luoghi centrali del reclutamento per le strutture jihadiste.
Dei Dokumacilar fanno parte non solo i due attentatori di Ankara e Suruc, Yunus Emre Alagöz e suo fratello Seyh Abdurrahman Alagöz, ma anche Orhan Gönder che il 5 giugno 2015 al comizio di chiusura dell’HDP a Diyarbakir prima delle elezioni parlamentari con due cariche esplosive ha ucciso quattro persone.
Il modo di procedere della cellula mostra schemi chiari: nel mirino ci sono sempre persone di sinistra e curdi. Non c’è mai una rivendicazione ufficiale di IS. E dagli attentati risulta sempre un beneficio strategico per il governo turco. In tutti e quattro gli attentati ampie parti dell’opposizione e sopravvissuti sospettano un concorso di parti dello Stato. A questo proposito ci sono senz’altro degli indizi: è documentato oltre di ogni dubbio che le istituzioni conoscevano e sorvegliavano gli islamisti, che sapevano dei loro piani e che nonostante denunce di cittadini – tra cui familiari degli jihadisti – non li hanno perseguiti. Il deputato dell’HDP originario di Gaziantep Mahmut Torul ha dichiarato all’agenzia stampa ANF: »Abbiamo presentato interrogazioni sull’imperversare di IS in città già dozzine di volte e cercato di inoltrarle ai responsabili. Ma nessuno ha preso sul serio i nostri avvertimenti. Abbiamo vissuto questo massacro perché non sono state prese misure.«
Un protocollo di interrogatorio pubblicato nel dicembre 2015 dal quotidiano turco Cumhuriyet mostra inoltre contatti diretti tra un ufficiale dell’esercito turco e il comandante di IS Mustafa Demir. Quest’ultimo ha collegamenti con il leader jihadista Ilhami Bali che pare abbiamo partecipato alla pianificazione dell’attentato di in Ankara.
Attentato e ingresso dei militari
I massacri di Diyarbakir, Suruc, Ankara e ora di Gaziantep mostrano un ulteriore punto in comune: gli attentati a Diyarbakir e Suruc hanno provocato la fine del »processo di pace« tra il governo turco e il Movimento di Liberazione curdo vicino al Partito die Lavoratori del Kurdistan (PKK). Le altre due bombe sono seguite immediatamente a dichiarazioni del PKK che accennavano alla possibilità di una tregua.
Dopo l’attentato di Suruc nel giugno 2015 il Presidente Erdogan ha proclamato un’estesa »campagna anti-terrorismo« della quale veniva pubblicamente sottolineato che era rivolta contro tutti i gruppi »terroristici« e a livello internazionale è stata spacciata per offensiva contro »Stato Islamico«. Ma in effetti la parte prevalente delle azioni militari era mirata contro il Partito dei Lavoratori del Kurdistan. L’attentato è stato sfruttato per legittimare attacchi aerei sulle montagne di Qhandil nel nord dell’Iraq.
Esattamente la stessa cosa si sta verificando ora dopo Gaziantep. Con il pretesto di »ripulire da IS« la zona di confine turco-siriana, truppe turche insieme a islamisti siriani alleati con loro entrano nella città di confine di Jarablus. Anche qui l’obiettivo vero e proprio sono le milizie curde: Le Unità di Difesa del Popolo YPG e i loro alleati erano a un passo dal liberare la città.
Peter Schaber
Junge Welt
Foto: Osman Orsal/Reuters