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Kurdistan

Nella morsa della violenza

Da un anno si susseguono attacchi a metropoli nell’ovest della Turchia. Contemporaneamente si inasprisce la guerra in Kurdistan-Il 20 luglio 2015 è stato un momento di svolta nella storia della Turchia: Un attentatore suicida nella città di Suruc sul confine turco-siriano uccise 33 partecipanti a una delegazione dell’organizzazione giovanile SGDF (Federazione delle Associazioni Giovanili Socialista) che volevano sostenere la ricostruzione della città di Kobane (Ain Al-Arab) nella parte curda della Siria. Il massacro è stato il preludio a una vera e propria serie di atti terroristici che da allora hanno scosso il Paese. Ben tre attentati per i quali si ritiene responsabile »Stato Islamico« sono stati effettuati a Istanbul. Un altro nel quale sono state uccise oltre 100 persone e ne sono rimaste ferite più di 500 il 10 ottobre ha colpito una manifestazione pacifista dei sindacati ad Ankara. Altri sono seguiti. Il governo turco reagisce agli attentati con un allargamento della lotta »contro il terrorismo«. Non va fatta alcuna distinzione tra le diverse »organizzazioni terroristiche« predica il Presidente Recep Tayyip Erdogan. Ma gli attacchi militari del governo di Ankara si rivolgono in primo luogo contro il Movimento di Liberazione curdo e mirano anche alla popolazione nell’est della Turchia oltre che alla guerriglia nelle montagne irakene di Qandil. Islamisti arrestati nel corso di operazioni di polizia invece vengono rilasciati dopo poche ore.

La guerriglia, le milizie urbane curde e un’alleanza di organizzazioni comuniste turche e curde fondata dal Partito dei Lavoratori del Kurdistan PKK, il Movimento Rivoluzionario dei Popoli (HBDH), per parte loro rispondono con attacchi a presidi delle forze di sicurezza e convogli militari e di polizia. Non passa giorno senza scontri tra le due parti. A questo si aggiungono attacchi dei »Falchi per la Libertà del Kurdistan« (TAK), che contrariamente alla guerriglia del PKK consapevolmente accettano anche vittime civili, così nei loro attentati all’aeroporto Sabiha-Gökcen e a un pullman della polizia a Istanbul o sulla piazza Kizilay ad Ankara. Li è stata innescata la carica esplosiva prima che l’attentatore avesse raggiunto l’obiettivo vero e proprio cosicché sono stati uccisi prevalentemente civili. A questo si aggiungono attentati di seguaci del Fronte di Liberazione Rivoluzionario comunista (DHKP-C).

I tentativi del Partito Democratico dei Popoli (HDP) nonché dei sindacati progressisti e di accademici democratici e giornalisti di mettere fine allo scontro militare tra esercito e guerriglia, da parte del governo vengono puniti con migliaia di arresti e processo per sostegno a organizzazioni terroristiche. O vengono soffocati nel sangue da attentati che si possono attribuire a »Stato Islamico«. Così nello scorso anno sono stati fatti numerosi attacchi alle manifestazioni elettorali e alle sedi dell’HDP.

Tutti gli attentati hanno in comune che immediatamente dopo qualsiasi resoconto da parte dei media in Turchia viene vietato e successivamente tutti gli atti relativi alle indagini e ai risultati vengono secretati. Così né i parenti delle vittime né il loro avvocati hanno accesso agli atti. Adil Demirci, che lavora per l’agenzia stampa socialista ETHA, ha dichiarato a jW: »Come giornalisti in Turchia non ci è quasi possibile riferire in modo oggettivo degli attentati, dato che ci è permesso solo riprodurre i lanci delle agenzie stampa statali.« Giornalisti come Can Dündar e Erdem Gül che hanno pubblicato prove della collaborazione tra istituzioni turche e IS vengono puniti con pene detentive.

Effetti gli attentati li hanno anche sul settore del turismo che è una delle più importanti colonne dell’economia turca. Alberghi, ristoranti e spiagge restano vuoti. Il settore ha registrato circa il 30 percento di viaggiatori in meno rispetto all’anno scorso, in alcune località perfino il 60 percento in meno. L’ultimo attentato di martedì sera all’aeroporto Atatürk di Istanbul nel quale sono rimaste uccise almeno 41 persone, inasprirà ulteriormente la situazione.

 

di Kevin Hoffmann, Istanbul

Jungewelt

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