Nonostante guerra, repressione e censura: la Commissione UE raccomanda libertà dei visti per la Turchia-Mercoledì la Commissione UE ha raccomandato l’abolizione dell’obbligo di visto per cittadini turchi e con questo ha raccolto una delle richieste principali di Ankara. Inoltre l’ente vuole imporre multe elevate agli Stati UE che chiudono alla redistribuzione dei profughi. Il governo federale ha saluto le iniziative, critiche sono arrivate dall’opposizione e dall’Europa orientale.
Solo cinque dei 72 oneri sarebbero attualmente ancora da mettere in pratica da parte della Turchia, questo è quanto ha dichiarato il Presidente della Commissione UE, Frans Timmermans. Il Paese ha fatto »progressi impressionanti« e risponderà a tutti i criteri se mantiene questa tempistica nelle riforme. La data obiettivo per l’ingresso senza visti è la fine di giugno, prima però devono dare l’approvazione gli Stati UE e il Parlamento europeo. La Turchia ha valutato la raccomandazione della Commissione UE come un successo. La cancelliera Angela Merkel (CDU) mercoledì era stata ottimista sul fatto che il Paese avrebbe superato gli ostacoli rimanenti: »Credo che (…) esista una possibilità realistica che anche i punti ancora aperti vengano mantenuti.« Il Ministro degli Interni bavarese Joachim Herrmann (CSU) invece sul Kölner Stadtanzeiger ha rifiutato la libertà di visto. Ha ricordato gli scontri violenti tra curdi e turchi la domenica ad Aschaffenburg: »Non vogliamo avere conflitti di questo genere nel nostro Paese.« Anche l’AfD si è espressa in modo simile. La capogruppo della Linke Sahra Wagenknecht ha criticato: »La libertà di visto e l’accelerazione delle trattative per l’ingresso nell’UE sono il prezzo da pagare per l’indegno accordo sottobanco della Merkel con il despota Erdogan.«
Degli standard minimo che Ankara dovrà rispettare secondo il rapporto UE fanno parte anche i »diritti fondamentali«. Qui Bruxelles nonostante la guerra di Ankara contro la popolazione curda nell’est della Turchia, nonostante la censura e gli arresti di giornalisti già nel mese di marzo si diceva che »molti dei presupposti sono stati rispettati«. Ritocchi successivi, si dice ora, sarebbero necessari nella lotta alla corruzione, nelle »leggi antiterrorismo«, la protezione dei dati e nella cooperazione con l’ente di polizia europeo Europol e la giustizia UE.
Forte vento contrario hanno invece incontrato le proposte di riforma per il sistema di asilo europeo, il cosiddetto accordo di Dublino – anche queste presentate mercoledì – presso gli Stati dell’Europa dell’est. Il Ministro degli Esteri polacco Witold Waszczykowski ha dichiarato: »Mi chiedo se si tratti di una proposta seria, perché a me sembra un pesce d’aprile.« Il suo collega ungherese Péter Szijjártó ha parlato di »ricatto«. Il Ministro degli Esteri della Repubblica Ceca Lubomír Zaorálek ha criticato: »Presentare qualcosa che ci divide non aiuta nessuno.« Anche la Slovacchia ha rifiutato i progetti. Paesi in cui molte persone chiedono protezione secondo la volontà della Commissione UE in futuro dovranno essere sollevati automaticamente dal carico. Le regole di base del sistema di Dublino, secondo le quali per le domande di asilo è responsabile in primo luogo il Paese nel quale i migranti arrivano sul suolo UE, dovrà comunque essere mantenuto. Per ciascun Paese però in futuro verrebbe calcolata una quota parte di tutti i richiedenti asilo che risulta dal numero di abitanti e dalla forza economica. Se questo valore indicativo viene superato di oltre la metà, nuovi richiedenti asilo in futuro verranno inoltrati verso altri Stati europei. Questi ultimi avrebbero la possibilità di rifiutarsi, ma allora dovrebbero pagare ai Paesi che si attengono al regolamento previsto la somma di 250.000 Euro per profugo.
Peter Schaber
Jungewelt
Foto: AP Foto/Akin Celiktas