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Iraq

In memoria di Zekî Şengalî

Un caro amico e un grande compagno è stato ucciso in modo vile e lesivo della legalità internazionale nella regione autonoma curda nel nord dell’Iraq, in modo mirato, attraverso un attacco aereo. I vertici dell’esercito turco e la stampa turca omologata da Erdoğan gioiscono per la efficace „neutralizzazione” di „un terrorista del PKK con un ruolo dirigente”.

Ho conosciuto Zekî Şengalî (Ismail Özden) nel 1990. Come me, la mia compagna Beate Reiß, il nostro comune amico Hüseyin Celebi e molti altri amici curdi e tedeschi, era attivo dal punto di vista organizzativo nella solidarietà con il Kurdistan nella Germania settentrionale. Nel 1991 è stato arrestato e con un’accusa pretestuosa e portato in tribunale nel cosiddetto secondo (piccolo) Processo – PKK insieme ad altri tre nella città di Celle nel nord della Germania. Il processo è durato fino all’estate del 1992. Tuttavia già durante il processo hanno dovuto rilasciare Zekî dalla carcerazione preventiva. Successivamente è stato attivo a Amburgo. Beate e io in quel periodo eravamo attivi nel sindacato e discutevamo con Zekî di come avremmo potuto far incontrare colleghe e colleghi tedeschi con sindacalisti curdi per sensibilizzarli rispetto alla questione curda. Zekî disse che nelle zone curde della Turchia in realtà a stento era presente una classe operaia curda organizzata – fatta eccezione per la città petroliera di Êlih (Batman), dove il sindacato dei lavoratori del petrolchimico Petrol-İş era molto forte. Poi organizzò il contatto nel maggio 1992 e con 20 delegati e segretari sindacali ci recammo lì da Amburgo, dove poi per una settimana fummo ospiti di Petrol-İş e tra l’altro vistammo Şirnex (Şırnak) dopo la prima distruzione da parte dell’esercito turco – poco prima della seconda, avvenuta nell’agosto 1992 che provocò la fuga di migliaia di abitanti che tuttora vivono a Mexmûr nella Regione Autonoma Curda nel nord dell’Iraq (Kurdistan del sud).

Da questo primo viaggio in delegazione nelle zone curde della Turchia se sono sviluppati molti altri che almeno una volta l’anno si sono svolti in condizioni variabili e che hanno reso possibili anche inviti a livello ufficiale a Amburgo di sindacalisti e attivisti per i diritti umani curdi. Dopo che Zekî insieme a noi aveva avviato tutto questo e aveva superato il processo senza ulteriore detenzione, inizialmente ci eravamo un po’ persi di vista perché lui come curdo ezida andò nella zona principale di insediamento degli ezidi nelle montagne di Şengal nella regione autonoma nata dopo la caduta di Saddam Hussein e lì era attivo politicamente.

Quando nel 2011 seppe che su invito del PKK avremmo visitato le montagne di Qendîl, vi si recò immediatamente perché i vecchi amici non si dimenticano. La foto lo mostra insieme a Beate e la nostra amica Medya che da 20 anni lavora nelle montagne curde come medico. Come facilmente si capisce dalla foto, Zekî era una persona molto amabile e affettuosa. Non il tipo di persona del quadro classico, o del funzionario, e neanche del comandante militare, anche se lo era. Oltre alla sua umiltà, portava in sé la cordialità, la comprensione per le persone e l’idea e la concezione di una nuova società che non è improntata dagli interessi di sfruttamento capitalisti, guerra e oppressione. Zekî, il cui figlio è caduto come primo giovane uomo cresciuto in Germania e poi andato in montagna, l’ultima volta sei mesi fa, quando ha saputo della morte della mia compagna Beate Reiß, dalle montagne curde insieme altri vecchi compagni ha mandato un saluto rivoluzionario listato a lutto, nei colori verde-giallo-rosso della speranza e della vita. Ora è morto anche lui – ucciso dall’esercito fascista di Erdoğan, come prima di lui Sakine Cansız e le sue amiche nel centro di Parigi o la popolazione di Efrîn in Rojava. Sotto gli occhi e con l’accettazione o probabilmente anche con l’approvazione dei partner della NATO Germania e Francia.

Con grandissimo dolore, grandissima rabbia e grandissimo cordoglio ricordo tutti coloro che sono morti sulla via verso una nuova società solidale e che ci impegnano a portare avanti la loro lotta.

 

di Robert Jarowoy per Zekî Şengalî

 

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