Nove anni dopo il genocidio perpetrato dallo Stato islamico (ISIS) contro la comunità yazida in Iraq, non si sa ancora dove si trovino migliaia di donne rapite. Feleknas Uca, lei stessa una yazida e co-portavoce del Comitato per le relazioni estere del Partito democratico dei popoli (HDP), ha chiesto una rinnovata lotta per liberare le donne.
Sono passati nove anni da quando la comunità yazida è stata presa di mira dall’ISIS in un brutale genocidio, eppure il destino di migliaia di donne rimane avvolto nel mistero. Gli yazidi si riferiscono a questa atrocità come al 74° Ferman, una triste testimonianza dei numerosi massacri che hanno subito nel corso della storia.
La co-portavoce Feleknas Uca della commissione per le relazioni estere di HDP, ha evidenziato la crisi in corso. “Questo genocidio è avvenuto in piena vista del mondo, lasciando una profonda ferita per la comunità yazida”, ha affermato Feleknas.
“Migliaia di donne catturate dall’ISIS sono state vendute nei mercati di Mosul, e ogni donna è stata venduta più volte”. Feleknas, lei stessa una yazida, ha richiamato l’attenzione sul fatto che molte delle donne e dei bambini rapiti dall’ISIS sono emersi in diverse città, tra cui Germania e Turchia. “Molte donne sono state vendute in Germania e Turchia, e molti bambini sono apparsi in città come Ankara e Kırşehir”, ha dichiarato.
Feleknas si è chiesta come queste donne siano state trasportate nelle città fino ad Ankara, dati i rigorosi controlli di sicurezza all’interno del Paese.
Ha sottolineato anche la presunta collaborazione tra ISIS e Turchia, ricordando le fotografie scattate durante gli attacchi a Kobane che mostravano soldati turchi accanto a membri dell’ISIS. “È noto che leader e membri dell’ISIS risiedono in Turchia”, ha aggiunto.
Feleknas ha criticato l’ostilità della Turchia nei confronti degli yazid che continua con gli attacchi a Sinjar. “Stanno facendo piovere bombe su un popolo che ha visto tanta oppressione, uccidendo i suoi leader. Vedono lo svuotamento di Sinjar e del Kurdistan e lo sradicamento dello yazidismo come il loro obiettivo”.
Nonostante siano passati nove anni dal massacro, Feleknas ha osservato che migliaia di famiglie vivono ancora nelle tende. “Siamo tutti responsabili di queste famiglie che vivono nelle tende. Se non possiamo riportare queste persone a Sinjar, ne assumiamo tutti la responsabilità”.
L’attivista yazida Azzat Alsaleem ha sottolineato la necessità di giustizia per il popolo di Sinjar.
“Le ferite degli yazidi non si sono rimarginate a causa dei conflitti regionali. Le forze che hanno provocato il genocidio devono essere ritenute responsabili”, ha affermato Alsaleem. Ha avvertito che un altro genocidio è inevitabile entro pochi anni a meno che non ci sia una forza di difesa yazida e un’autonomia per proteggere gli yazidi. “Gli yazidi non si fidano né del KDP né del governo iracheno”, ha concluso.