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Embargo come arma di punizione: Il Campo profughi di Makhmur

Documento informativo sulla situazione attuale del Campo profughi di Makhmur

Indice
1. Sotto minaccia permanente – Il Campo Profughi Makhmur………………………………………….. 4
2. ISIS ancora attivo intorno Makhmur …………………………………………………………………………. 4
3. La Guerra dello Stato turco contro Makhmur …………………………………………………………….. 5
4. Il silenzio del governo iracheno è complicità 6
5. La punizione aggiuntiva dell’embargo 6
6. Interventi immediate necessary per proteggere Makhmur 6
7. Breve panoramica del Campo di Makhmur 7
8. Costruire una Vita nel Campo profughi Makhmur 7

1. Sotto minaccia permanente – Il Campo di Makhmur

La popolazione del Campo profughi di Makhmur (Mexmûr in curdo) sta affrontando oggi nuove minacce e sfide, dopo più di due decadi da quando fu costretta a lasciare le proprie case. Il campo di Makhmur si trova in una posizione strategica, fungendo da crocevia per il Kurdistan meridionale (Iraq settentrionale).

Nell’agosto del 2014, mentre l’ISIS stava invadendo ampie zone in Iraq e in Siria, l’organizzazione terroristica prese di mira Makhmur come passo intermedio nell’avanzata verso Erbil, la città più grande e capitale della Regione del Kurdistan in Iraq. In quel periodo, l’ISIS invase e occupò il campo. Fortunatamente, la popolazione di Makmur si organizzò per formare milizie popolari e si unì alla guerriglia curda nella resistenza contro l’avanzata dell’ISIS. La posizione eroica dell’autodifesa ha coinvolto donne e giovani, che hanno evitato collettivamente un’invasione catastrofica nel Kurdistan meridionale. Ma questa era anche una resistenza nel nome di tutta l’umanità, che infatti dimostrò per la prima volta che l’ideologia barbarica dell’ISIS poteva essere sconfitta da persone libere.

Dopo questa vittoria, Masoud Barzani – allora Presidente del Partito Democratico del Kurdistan (KDP) e della Regione del Kurdistan in Iraq – visitò il Campo di Makhmur ed espresse i suoi ringraziamenti alle forze di autodifesa, congratulandosi per il loro ruolo nella vittoria.

2. ISIS ancora attivo intorno Makhmur

Tuttavia, sono proprio il KDP e lo stesso stato turco che consentono all’ISIS di affermarsi nella zona di Makhmur, attraverso il loro supporto logistico. Le milizie dell’ISIS hanno le loro aree sicure sul Monte Karadağ, a poche centinaia di metri di distanza dalle basi dei peshmerga del KDP. La stessa montagna è collocata a circa tre-quattro chilometri dal campo profughi di Makhmur. Nelle profondità di questa catena montuosa, i combattenti dell’ISIS hanno allestito i propri campi. Da lì, hanno ripetutamente attaccato la popolazione del campo, negli ultimi anni. Pertanto, continuano a costituire una permanente minaccia esistenziale per la gente di Makhmur e vengono usati contro il campo come una sorta di “Spada di Damocle”.

I crescenti attacchi dell’ISIS nelle aree contese, i recenti sviluppi sul campo in materia di sicurezza e l’insistenza del KDP nell’inviare le proprie forze nella zona, indicano chiaramente che regione intorno al campo di Makhmr diventerà ancora più instabile in futuro. Di conseguenza, la popolazione del campo di Makhmur vede l’imminente ritorno dei Peshmerga KDP nella regione come uno sviluppo preoccupante. Il campo profughi di Makhmur è stato sotto una massiva pressione militare, politica, psicologica e logistica da parte del KDP per oltre 20 anni. Gli sviluppi recenti non faranno che aumentare questa pressione.

3. La Guerra dello Stato turco contro Makhmur

Il Campo di Makhmur è uno degli obiettivi permanenti del regime turco espansionista, fascista e neo-ottomano. Aerei da guerra e droni turchi sorvolano spesso sul campo, terrorizzando i rifugiati di Makhmur e lasciandoli a chiedersi quando sarà il prossimo attacco. L’obiettivo del regime turco è sempre stata la distruzione del campo. Anche se di recente Makhmur è stata una questione secondaria nell’agenda dell’alleanza fascista AKP-MHP, il campo profughi civile è stato regolarmente attaccato dal KDP, che coopera da vicino come un quasi-stato-cliente e come co-cospiratore con il regime turco.

• Le forze turche hanno attaccato il campo diverse volte, incluso un attacco aereo il 12 Dicembre 2018, che uccise quattro civili.

• Il 15 aprile 2020, l’attacco di un drone militare turco ha ucciso tre giovani donne, Havva Aydoğan (anni 22), Azime Aydoğan (23) e Ayshe Ahmed Ferhan (17), mentre si prendevano cura dei propri animali da fattoria.

• Il 19 luglio 2019 alle 00:10, almeno 3 bombe furono sganciate nei pressi del campo, dall’alto. Due civili rimasero sotterrati a causa delle esplosioni. I feriti furono soccorsi e portati all’ospedale dai residenti del campo, dove fortunatamente riuscirono a sopravvivere. Il bombardamento danneggiò anche vigneti e frutteti dei residenti del campo.

• Quello stesso giorno, le forze di sicurezza del KDP arrestarono alcuni residenti civili del campo. Le famiglie degli arrestati non hanno ancora potuto vedere i propri parenti e non è disponibile alcuna informazione su di loro.

• Dal 19 luglio 2019, è proibito entrare e uscire dal campo. A nessuno è consentito uscire, neanche per emergenze mediche o di altra natura.

• Non è consentito di lasciare il campo anche ai residenti che lavorano all’esterno; molti resident che lavorano in città come Erbil hanno perso il lavoro.

• Discriminazione, persecuzione e pressione psicologica sono state impiegate sui residenti del campo.

• Le continue minacce di violenza stanno costringendo le persone residenti nel campo ad abbandonare la Regione del Kurdistan e l’Iraq.

Parlando alla TV di stato turca TRT (1 giugno 2021), il Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha minacciato l’Iraq di ulteriori attacchi, dicendo che la Turchia «ripulirà» il campo profughi di Makhmur, riconosciuto dall’UNHCR, nell’Iraq settentrionale, 180 chilometri a sud della Turchia. Poco dopo la minaccia di Erdoğan (5 giugno), droni armati turchi hanno bombardato simultaneamente il campo, una fragrante violazione del diritto internazionale.
4. Il silenzio del governo iracheno è complicità

Il campo di Makhmur è ufficialmente sotto la responsabilità del governo centrale iracheno. Comunque, non riceve da Baghdad alcun supporto. Anche il suo status ufficiale come luogo per i rifugiati politici non ha portato nessun aiuto dall’Iraq per la popolazione del campo. Dal maggio 2018, l’ONU ha dismesso tutta l’assistenza al campo a causa della pressione di Turchia e KDP. Da allora, Makhmur non ha ricevuto alcun supporto dalle Nazioni Unite. La popolazione del campo profughi è stata dunque soggetta alle condizioni più avverse. Quindi è passata ad assicurarsi la sopravvivenza con le proprie forze. Molti dei residenti di Makhmur sono costretti a lavorare in varie aree dell’Iraq per coprire le proprie spese essenziali.

5. La punizione aggiuntiva dell’embargo

Nel frattempo, il campo è da quasi due anni sotto un rigido embargo imposto dalle autorità locali, che limita l’afflusso degli approvvigionamenti e impedisce a chiunque di uscire, anche per emergenze sanitarie. Dal 19 luglio 2019, il Partito Democratico del Kurdistan (KDP) ha chiuso tutte le entrate e le uscite dal campo, che attualmente è circondato e sotto rigoroso embargo.

6. Interventi immediate necessary per proteggere Makhmur
• Richiediamo che le Nazioni Unite condannino Erdoğan per le continue violazioni della sovranità territoriale irachena, le minacce e gli attacchi contro i civili a Makhmur e altrove nel Paese; che lavorino con il Governo dell’Iraq e le autorità locali per porre fine all’embargo illegale sul Campo per Rifugiati di Makhmur; che permettano l’accesso di aiuti nel campo e garantiscano l’incolumità della popolazione residente.
• Facciamo appello all’ONU affinché si assicuri immediatamente che l’embargo sul Campo di Makhmur venga rimosso e che il Campo abbia accesso a generi alimentari e cure mediche.

• Chiediamo di porre fine all’aggressione militare turca contro il Campo di Makhmur. Se alla Turchia sarà permesso di agire nell’impunità, continuerà a colpire i residenti del Campo di Makhmur, causando ancora morte e distruzione.

• Il governo iracheno deve assumersi la responsabilità per i crimini subiti dai civili che vivono all’interno dei confini iracheni, che oggi sono presi di mira dagli attacchi di aerei militari che utilizzano lo spazio aereo iracheno. Chiediamo dunque al Governo dell’Iraq di agire contro questa violazione della sua sovranità nazionale.

• Chiediamo alla comunità internazionale, ai difensori dei diritti umani e alla società civile globale di reagire contro le azioni illegali e mortifere dell’aggressione militare turca contro il Campo di Makhmur. I rifugiati dovrebbero essere considerati una popolazione vulnerabile, non il bersaglio per i bombardamenti di una forza di invasione.

7. Breve panoramica del Campo di Makhmur

Makhmur è una città situata 60 chilometri (40 miglia) a sud-ovest di Erbil, la capitale della Regione del Kurdistan in Iraq. Il Campo profughi Makhmur è un campo profughi riconosciuto dalle Nazioni Unite che, dal 1998, è stato la casa per migliaia di rifugiati provenienti dal Kurdistan settentrionale (in Turchia). I rifugiati curdi di Makhmur provengono in maggioranza dalle province di Şırnak, Hakkari e Siirt – nel sud-est della Turchia a maggioranza curda – e lasciarono le proprie case tra il 1993 e il 1994, come risultato di una campagna di “terra bruciata” condotta dalla Turchia contro un’insorgenza curda, che distrusse migliaia di villaggi e rese sfollate centinaia di migliaia di persone.

Nel 1993-1994, lo Stato turco portò avanti una brutale campagna di aggressione contro il popolo curdo, negandone l’esistenza, vietando ogni espressione dell’identità e sopprimendo la cultura curda, fino a utilizzare il suo esercito per distruggere migliaia di villaggi e causare centinaia di migliaia di persone sfollate. Migliaia di curdi sfollati, molti dei quali sarebbero poi arrivati a Makhmur, scapparono attraverso il confine in Iraq, dove hanno affrontato continui attacchi e intimidazioni da parte delle forze turche. Le Nazioni Unite riconobbero a queste persone lo status ufficiale di Rifugiati politici, eppure hanno continuato ad affrontare avversità e a doversi spostare di luogo in luogo.

Nel 1998, anni dopo aver lasciato le proprie case, arrivarono nella loro posizione attuale: una macchia di terra polverosa e ventosa a Makhmur – collocata a sud-ovest di Erbil, nei pressi del confine provinciale con Nineveh (Mosul). Nel corso degli ultimi anni, i rifugiati hanno sviluppato il proprio sistema autonomo di autogoverno della società e hanno portato con loro quel modello a Makhmur, dove ha potuto fiorire.

Dalla sua fondazione a oggi, la popolazione del campo di Makhmur è cresciuta oltre i 13mila residenti, con molti bambini nati senza nazionalità (apolidi).

8. Costruire una Vita nel Campo profughi Makhmur

Circa 9500 rifugiati arrivarono a Makhmur nel 1998 senza altro che i vestiti che avevano addosso e le poche cose che potevano trasportare. Abitando in tende e in rifugi rudimentali coperti con pannelli di nylon, la gente iniziò presto a ricostituire la società che avevano sviluppato da quando furono costretti a scappare dalle proprie case anni prima. Fu creata un’assemblea generale elettiva per gestire il campo e affrontare i problemi dei suoi residenti. Fu poi implementato un sistema educativo robusto, con il curdo come lingua principale dell’istruzione e con lezioni di lingue estere in turco e in inglese. Un centro delle donne e un’assemblea delle donne rivestono un ruolo importante all’interno del campo e la popolazione rivendica che il Campo offre un modello progressista per i diritti delle donne, che anche il resto della regione dovrebbe seguire.

Ad ogni modo, la vita a Makhmur non è mai facile. Cibo e acqua vengono consegnati dall’esterno. Le derrate alimentari sono soggette al deterioramento durante i caldi mesi estivi, quando le temperature spesso superano i 45°C. Per quanto riguarda l’acqua, che arriva in vecchie cisterne, si pensa che sia una delle principali cause di problemi sanitari. Circa metà delle persone residenti nel campo, nate da genitori rifugiati in Iraq, sono apolidi – né cittadine della Turchia né dell’Iraq. In questo modo, un’intera generazione è nata in esilio senza alcuna nazionalità, con la speranza di poter vedere un giorno quei luoghi che i loro genitori e le generazioni precedenti chiamavano casa.

È quindi una responsabilità della comunità internazionale, quella di proteggere questa vulnerabile popolazione apolide. Che non deve essere soggetta ai bombardamenti indiscriminati della Turchia, che uccidono i civili e traumatizzano ulteriormente i bambini.

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