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Prc: Per la libertà di Abdullah Ocalan

Il dirigente curdo Abdullah Ocalan arrivò a Roma il 12 novembre 1998 accompagnato da Ramon Mantovani, deputato di Rifondazione Comunista. Ocalan venne in Italia, consapevole delle difficoltà che avrebbe incontrato, per illustrare all’Unione Europea, tramite il Governo italiano, una proposta di pace, nel tentativo di risolvere con l’azione politica il conflitto tra il popolo curdo e la Turchia.

Il dirigente del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), consegnandosi alla polizia italiana, sperava di ottenere asilo politico, ma le pressioni esterne e la minaccia di boicottaggio verso le aziende italiane spinse il governo D’Alema a ripensarci.

L’Italia non poteva estradare Ocalan in Turchia, Paese in cui era ancora in vigore la pena di morte (abolita nel 2002), né aveva intenzione di concedergli asilo politico. Fu così che, dopo 65 giorni, il 16 gennaio Ocalan fu costretto a lasciare l’Italia.

Il 15 febbraio 1999 Ocalan venne catturato in Kenya da agenti dei servizi segreti turchi e israeliani e portato in Turchia dove fu subito recluso in un carcere di massima sicurezza ad İmralı, un’isola nel Mar di Marmara. Il 29 giugno del 1999 dopo un breve processo venne condannato a morte. Il processo è stato giudicato “ingiusto” dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel 2005 e la condanna è stata commutata in “ergastolo aggravato”.

Le condizioni di detenzione a cui è sottoposto non hanno precedenti in Europa: da 21 anni Apo (zio, come viene chiamato affettuosamente) si trova ad affrontare un regime di isolamento e arbitrarietà.

Ha potuto incontrare raramente i suoi avvocati e familiari, le sue condizioni di salute sono precarie, ma non ha perso e non perde di vista la condizione del suo popolo.

Ha scritto numerosi libri sul suo progetto culturale, politico e organizzativo di una nazione democratica che si basa sulla partecipazione dal basso e i cui processi decisionali sono all’interno delle comunità.

Ocalan è l’ispiratore del “Confederalismo democratico”, per la costruzione di una società liberata dalle differenze di genere, per la difesa dell’ambiente, le cui basi teoriche e pratiche puntano al risveglio sociale che i curdi hanno attuato nel Rojava, nel nord della Siria, alla tutela dei curdi yazidi a Shengal ed al progetto del Partito Democratico dei Popoli (HDP) in Turchia. L’isolamento ad Imrali è quindi strettamente legato alla guerra contro il movimento democratico curdo e la sua proposta di soluzione della questione curda. Per questo motivo la lotta per la pace e la democrazia nella regione può essere pensata solo insieme alla battaglia contro l’isolamento di Ocalan e per la sua liberazione.

Allo stesso tempo, il sultano Erdogan continua la guerra spietata contro l’opposizione democratica in Turchia e questa politica è tacitamente sostenuta dall’Unione Europea che non commenta e non interviene, nonostante la volontà del governo turco di mettere al bando il terzo partito più grande della Turchia, il Partito democratico dei Popoli (HDP) colpito duramente dalla repressione. Solo il 26 settembre scorso sono stati 82 gli arresti. Ogni giorno, in Kurdistan (e nel resto della Turchia) si realizzano arresti di massa. Si tratta di insegnanti, politici, avvocati, giornalisti, rappresentanti delle istituzioni e associazioni per i diritti umani e sociali. Dei 65 sindaci eletti nel marzo 2019 nei comuni a maggioranza curda ne restano in carica solo 6.

La stragrande maggioranza dei curdi è con Ocalan. 3,5 milioni di curdi lo riconoscono come loro rappresentante politico e loro dirigente. Migliaia di persone dentro e fuori le carceri turche hanno rotto l’isolamento di Imrali nel maggio 2019 con uno sciopero della fame che è durato per mesi. Sono deceduti per sciopero della fame donne e uomini.

Dopo anni di diniego da parte delle autorità turche, le proteste hanno reso nuovamente possibili gli incontri di Ocalan con gli avvocati. Ma dal 7 agosto 2019, il gruppo di difesa e Abdullah Ocalan non si sono più potuti parlare. La Procura della Repubblica non reagisce né positivamente, né negativamente alle richieste settimanali di visite. Il governo turco blocca così ogni possibilità di negoziato e di una soluzione pacifica alla guerra in Kurdistan e in Medio Oriente.

L’isolamento non riguarda solo una persona. Ad Imrali lo Stato turco non punta solo a isolare la persona di Ocalan. Le conquiste democratiche in Kurdistan e in tutto il Medio Oriente, che si basano sulle idee di Ocalan, sono ovunque l’obiettivo dell’attacco dello Stato turco e dei suoi alleati tra cui l’Italia che ha dimostrato, e sta confermando, di non avere una politica estera degna di questo nome. Di non avere un ministro in grado di distinguere la salvaguardia dei diritti umani insopprimibili, dagli affari e dalla pura convenienza diplomatica (da Giulio Regeni a Patrik Zaky). L’Italia continua irresponsabilmente a fare affari in Turchia e l’Unione Europea continua a concedere milioni di euro al dittatore Erdogan affinchè controlli i flussi migratori. Non si tiene conto che la politica repressiva senza precedenti di Ankara si è già affacciata sul Mediterraneo.

Il 10 ottobre si svolgeranno in Italia e in Europa manifestazioni per chiedere la fine della detenzione di Ocalan, dare un forte segnale alla società curda e turca, e rompere l’isolamento che stanno subendo i partigiani e le partigiane curdi/e.

Sabato 17 ottobre a Bologna si riunirà la Rete Kurdistan Italia per definire progetti e iniziative da sviluppare in futuro.

Il Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea aderisce alle mobilitazioni e fa appello alle iscritte, agli scritti, ed ai sinceri democratici a organizzarsi e partecipare alle mobilitazioni.

Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

Roma 4-10-2020

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