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Opinioni e analisi

Abdullah Öcalan: Il problema dell’industrialismo della società

Così come il fuoco non si può combattere con il fuoco, non si può neanche condurre una battaglia ecologica senza mettere in discussione la vita nella palude dell’industrialismo e rinunciarvi.Nel maggio 2020 con „Sociologia della Libertà“ verrà pubblicato il lingua tedesca il terzo volume del „Manifesto della Civiltà Democratica“ di Abdullah Öcalan per la casa editrice Unrast Verlag. L’opera è stata tradotta dal turco da Reimar Heider, il portavoce della „Iniziativa Internazionale Libertà per Öcalan – Pace in Kurdistan“. Ne pubblichiamo in anteprima un capitolo sul problema dell’industrialismo nella società [tradotto dal testo pubblicato su ANF in lingua tedesca, NdR]:

Della rivoluzione industriale, che è stata importante quanto quella agricola, si può sostenere che alla fine del diciottesimo e all’inizio del diciannovesimo secolo, sulla base di una ricchezza antica di migliaia di anni abbia compiuto un balzo qualitativo in avanti e che prosegue fino a oggi con alti e bassi. Non è possibile prevedere dove, quando e come si arresterà o verrà portata all’arresto.

L’intelligenza analitica da un lato fa parte delle caratteristiche di questa rivoluzione, dall’altro è comunque uno dei suoi prodotti. La rivoluzione industriale si trovava sotto il dominio assoluto del capitale. Senza dubbio non è stato il capitale stesso a inventare la maggior parte degli strumenti industriali, ma si è sempre immediatamente occupato di trasformarli in strumenti portatori di profitto e se necessario di appropriarsene. La produzione accelerata e a basso costo rappresenta una grande opportunità di progresso per la società. Così come la ragione, anche l’industria che serve alla società è preziosa. Il problema non sta in essa stessa, ma nel modo in cui viene usata. L’industria somiglia all’energia nucleare. Se viene usata a favore dei monopoli, può diventare uno strumento che minaccia la vita con catastrofi ecologiche e guerre. Come attualmente viene alla luce in modo sempre più aperto, il suo orientato al profitto accelera la distruzione ambientale.

L’industria fa muovere la società a velocità elevata verso la società virtuale. Gli organi umani vengono sempre più sostituiti attraverso la robotizzazione. Se continua così, anche l’essere umano stesso diventerà inutile. Vige accordo sul fatto che l’attuale condizione dell’ambiente minaccia non solo la società, ma la vita di tutti gli esseri viventi. Bisogna sottolineare con forza che attribuire la responsabilità di questo solo all’industria, rappresenta una vera e propria distorsione dei fatti. L’industria di per sé costituisce una possibilità neutrale. Un’industria in armonia con l’esistenza della società potrebbe svolgere un ruolo determinante nella trasformazione del mondo in un Terza Natura per l’essere umano, sì, perfino per tutti gli esseri viventi. L’industria possiede un potenziale di questo genere. Se questo potenziale dovesse avverarsi, l’industria andrebbe dichiarata santa. Ma se viene messa in prevalenza sotto il controllo del profitto e del capitale, può rendere il modo un infermo per l’intera umanità, con l’eccezione di una manciata di monopolist*.

La tendenza attuale fondamentalmente indica questa direzione. Indubbiamente l’umanità a fronte di questa tendenza vive una grande preoccupazione. Il monopolio industriale ha costituito veri e propri imperi sulla società. Accanto alla super-egemonia degli USA esistono dozzine di egemonie industriali. Perfino se si potesse arrestare l’egemone politico-militare, gli egemoni industriali sarebbero difficili da fermare, dato che anche loro si sono globalizzati. Se un Paese come centro per loro diventa troppo stretto, possono subito rendere loro centri nuovi luoghi, nuovi Paesi. Si potrebbe sostenere che l’impero industriale statunitense domani non sceglierà come suo centro la Cina? Già oggi si può osservare che questo lentamente appare possibile qualora lì sussistano condizioni più favorevoli.

L’industrialismo ha sconvolto l’agricoltura nelle sue fondamenta. L’agricoltura, elemento primario e presupposto per l’esistenza della società umana, davanti all’industria vive la sua distruzione. Questa attività sacra, che ha portato alla sopravvivenza dell’umanità da quindicimila anni, oggi è lasciata a se stessa e si trova a un passo dall’abbandonarsi al dominio dell’industria. La penetrazione nel settore agricolo dell’industria orientata al profitto e al capitale, contrariamente a quanto viene diffusamente supposto, non andrebbe interpretata come la creazione di più rapide e maggiori possibilità di produzione. Per via di semenze geneticamente modificate la terra viene messa dai monopoli industriali nel ruolo di una madre messa incinta con la fecondazione artificiale. Così come con sperma estraneo non si può raggiungere una maternità sana, anche la fecondazione della terra con semi geneticamente modificati non può portare a una maternità sana della terra. I monopoli industriali si preparano a questa follia agricola. La storia dell’umanità nel settore agricolo diventerà testimone della forse più grande controrivoluzione; forse è già iniziata.

La terra e l’agricoltura non sono uno strumento e rapporto di produzione qualsiasi, ma caratteristiche esistenziali inscindibili della società, con le quali non si deve giocare. La società umana per la maggior parte è stata costruita attraverso la terra e l’agricoltura. Strappare la società da questi spazi e da questa produzione, è il maggiore attacco alla sua esistenza. La realtà urbana che si ingrandisce come un tumore, già oggi mette in mostra questa realtà in modo manifesto. La liberazione da questo, con grande probabilità pare essere del movimento in direzione opposta: il ritorno dalla città alla campagna e all’agricoltura. Lo slogan principale di questo movimento probabilmente sarà: ›O agricoltura e terra per l’esistenza o distruzione‹.

Il profitto e il capitale né integrano la terra nell’industria né costruiscono un rapporto simbiotico tra le due, ma le rendono nemiche accumulando enormi contraddizioni tra loro. Le contraddizioni e gli scontri di classe, etnici, nazionali e ideologici nella società possono portare fino alle guerre. Queste non sono però contraddizioni irrisolvibili. Dato che nascono per mano umana, possono anche essere risolti dalla mano umana. Ma l’essere umano non è in grado di controllare la contraddizione tra l’industria come strumento del capitale e la terra e l’agricoltura. La terra e l’agricoltura si sono sviluppate per milioni di anni in modo ecologico. Se dovessero uscire dai cardini, non potrebbero essere riprodotte da mano umana. Così come gli esseri umani non possono produrre una terra, anche prodotti agricoli e altri esseri viventi, per esempio le piante, attualmente non possono essere creati da mano umana e non c’è da aspettarsi che questi diventerà possibile. Questo potenziale è stato realizzato dalla nascita dell’essere umano. Non è né possibile né ha senso ripetere quanto realizzato. Dato che questo rappresenta una discussione filosofica più profonda, non entrerò ulteriormente nel merito in questa sede.

Così come i faraoni attraverso le tombe in forma di piramide non hanno potuto davvero preparare il loro futuro, anche la modalità robotizzata dell’industrialismo non può creare un futuro degno di essere vissuto. Questa modalità rappresenta una mancanza di rispetto nei confronti dell’essere umano. Quale senso e quale significato possono avere copie e robot, mentre esiste un essere così perfetto come la natura? Noi qui incontriamo la smania di profitto del capitale. Presumiamo che robot realizzino la produzione a costo più basso. Ma a cosa servirebbero i prodotti se non ci fossero più i loro utilizzatori? L’industrialismo da questo punto di vista è il fattore principale che condanna l’umanità alla disoccupazione, la più grande arma del capitale contro la produttività sociale.

Il capitale impiega spesso l’arma dell’industria, da un lato occupando un numero basso di lavoratori, dall’altro manipolando conformemente il mercato secondo i suoi desideri con abbassamenti del prezzi. Prezzi di monopolio rendono inevitabili crisi (da sovrapproduzione), che costituiscono la causa principale della disoccupazione. Alla fine merci in malora e milioni di disoccupati, affamati e poveri cadono vittima di queste crisi. La società come Seconda Natura può continuare la sua esistenza solo in stretto rapporto con il suo ambiente che prodotto di spazi favorevoli e milioni di anni. Nessun prodotto industriale può sostituire l’ambiente, il prodotto perfetto dell’universo. Il traffico terrestre, aereo, marittimo e spaziale ha già assunto dimensioni catastrofiche L’industria alimentata con combustibili fossili avvelena sempre il clima e l’ambiente. La controparte rispetto a tutte queste catastrofi è costituita dalla bicentenaria accumulazione del profitto. Questa accumulazione vale tutte queste distruzioni? Mentre le distruzioni che si sono verificate per questo, superano quelle di tutte le guerre della storia, nessun altro evento, che sia di origine umana o naturale, ha causato perdite di esseri viventi così elevate.

L’industrialismo come ideologia e apparato monopolista è uno dei problemi sociali più fondamentali. Si tratta di metterlo profondamente in discussione. Solo i pericoli che genera, rappresentano una ragione sufficiente per questo. Se questo mostro dovesse ulteriormente ingrandirsi e andare fuori controllo, potrebbe diventare troppo tardi e così una messa in discussione e le misure da intraprendere contro questo, potrebbero non avere più senso. Per impedire che la società smetta di essere se stessa e diventi una società virtuale, è tempo di strappare questo mostro dalle mani dei monopoli e intanto di domarlo, per poi trasformarlo in un amico della natura sociale.

Nella lotta contro l’industrialismo, la distinzione tra la modalità di approccio e di uso della tecnologia industriale da parte del monopolismo e la struttura e la modalità di uso corrispondente al bene comune sociale, rappresenta il compito più importante dei relativi lavori scientifici e della lotta lotta ideologica. Non c’è da aspettarsi che gruppi che sostengono di lottare sulla base dell’umanesimo contro un industrialismo indipendente da posizioni sociali e di classe, raggiungeranno il loro obiettivo. Gruppi del genere non possono evitare di lavorare oggettivamente contro il loro obiettivo e di trovarsi in una situazione in cui servono all’industrialismo come monopolio. L’industrialismo ha assunto un carattere molto più fortemente ideologico, militare e di classe di quanto spesso si presuppone. Come ideologia è scienza e tecnologia; rappresenta perfino le dimensioni più pericolose della scienza e della tecnologia impiegate in questo senso.

Il mostro industriale non è nato da sé. Ricordiamo: quando la borghesia inglese ha intrapreso la sua offensiva sull’isola, in Europa e in tutto il mondo, ha formato la classe che ha sia organizzato l’industrialismo sia ne ha fatto uso nel modo più esteso e rapido. L’industrialismo successivamente è diventato l’arma comune delle borghesie di tutti i Paesi. L’egemonia borghese costituita a livello mondiale nell’ambito del trio finanza, commercio e industria nel diciannovesimo e ventesimo secolo, i secoli dell’industria, dimostra questo dato di fatto. Che il movimento del socialismo reale abbia dichiarato retrograde società non-capitaliste e abbia strategicamente preso in considerazione lo spalleggiamento con la borghesia industriale, ha portato al fatto che, seppure non intenzionalmente, sia entrato in contraddizione totale rispetto ai propri obiettivi. Questa condizione ha portato perfino al fatto che il movimento del socialismo reale tra i movimenti che hanno oggettivamente compiuto un tradimento, abbia vissuto le conseguenze più tragiche – proprio come il cristianesimo che per tre secolo era stato una religione di pace, più tardi entrò in un’alleanza con lo Stato e il potere e oggettivamente e per la maggior parte anche scientemente entrò in contraddizione con i propri obiettivi e alle fine li tradì. Anche il cristianesimo in ultima istanza non fu in grado di resistere al potere attrattivo del monopolio di potere e così entrò in contraddizione con il suo obiettivo originario e non fu in grado di evitare di diventare una religione della civiltà. Lo stesso destino raggiunse l’Islam ancora ai tempi di vita del profeta Maometto. Alla fine entrami soccomberono all’industria del potere.

Se oggi a fronte della distruzione ambientale l’intera umanità grida come se arrivasse il giorno del giudizio, è inevitabile comprendere la distruzione attraverso l’industrialismo nelle sue dimensioni e storico-sociali e di classe alla luce di movimenti simili, assumere la lotta contro l’industrialismo come movimento esistenziale della società e combatterlo nello stile di un nuovo sacro movimento religioso. Così come il fuoco non si può combattere con il fuoco, non si può neanche condurre una battaglia ecologica senza mettere in discussione la vita nella palude dell’industrialismo e rinunciarvi. Se non vogliamo vivere le stesse tragedie del cristianesimo, dell’Islam e del socialismo reale, dobbiamo trarre lezioni da loro e affrontare nel modo giusto la lotta scientifico-ideologica e morale-politica.

Fonte: ANF/Iniziativa Internazionale Libertà per Öcalan – Pace in Kurdistan/Unrast Verlag

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