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Sarà un nuovo inizio

Come vi ha accolti la popolazione di Raqqa durante la liberazione? Durante l’oppressione della popolazione da parte dello Stato Islamico (IS) negli ultimi quattro anni sono state praticate la diffamazione e l‘anti-propaganda contro di noi. I nostri amici che hanno messo in gioco la propria vita per la libertà di Raqqa e la difesa della popolazione locale, hanno reso inefficaci queste campagne. Grazie al fatto che la popolazione durante la battaglia ha avuto modo di vivere da vicino la disponibilità al sacrificio e l’eroismo die nostri amici, le bugie di IS sono state annientate. Attraverso la liberazione dei villaggi e delle strade abbiamo potuto garantire il ritorno della popolazione locale. L’operazione Raqqa è stata avviata su richiesta della popolazione. Prima dell’operazione di liberazione è stato fondato il Consiglio Civile di Raqqa e si sono tenute assemblee che hanno riunito i rappresentati di diverse tribù e gruppi. Durante l’operazione nei media sono apparse immagini che mostravano che la popolazione di Raqqa ha accolto con gioia le forze delle FSD (Forze Siriane Democratiche), YPG (Unità di Difesa del Popolo) e delle YPJ (Unità di Difesa delle Donne). Queste forze hanno avuto molto sostegno da parte della popolazione. Dopo che alcuni quartieri sono stati liberati, centinaia di giovani arabi si sono uniti alle FSD e sono caduti a dozzine. La popolazione aspettava da anni questo momento.

Quale futuro aspetta Raqqa?

Da quando è stato dato inizio all’operazione di liberazione siamo confrontati con questa domanda. Dopo l’occupazione da parte di IS si pone la domanda su quale sistema dovrà essere costruito. La nostra filosofia di vita da un lato si distingue da quella del regime Baath e dall’altro in modo molto netto da quella di Stato Islamico. Nelle città e regioni liberate fino ad ora se ne possono vedere i risultati. Prima della liberazione di Raqqa da questo punto vista Manbij può esser considerata esemplare. Il nostro obiettivo è la Federazione Siria del Nord. Quando è stata liberata Manbij sono stati fondati sia il Consiglio Civile che quello Militare di Manbij. Il nostro obiettivo non è solo di liberare questi territori, ma allo stesso tempo di sostenere la popolazione nell’organizzazione di una nuova forma di società. Ci vorrà tempo per liberare la popolazione dall’influenza del regime Baath e di IS. Ma con il sostegno della popolazione abbiamo la forza e la speranza necessaria. L’amministrazione di Raqqa in futuro verrà presa in carico dal Consiglio del Popolo fondato a questo scopo. La difesa della città invece verrà gestita dalle forze di sicurezza di Raqqa. La base per questo sarà rappresentata dall’autogoverno della popolazione. Questo obiettivo ha la massima priorità.

Le YPJ nell’ambito dell’operazione per la liberazione di Raqqa non sono state attive solo al fronte, ma anche come componente del coordinamento dell’operazione. La libertà di Raqqa nel contesto del rapimento delle donne yazide che sono state deportate in quella città, assume un ruolo importante. Die Le YPJ si sono fatte carico di questo dovere. Lei cosa può dirci in proposito?

Non solo nell’operazione di Raqqa, ma anche a Manbij, Kobanê e in tutte le altre operazioni le YPJ hanno partecipato come avanguardia. Hanno svolto e continuano a svolgere dappertutto un ruolo importante. A Raqqa, in quanto luogo dove le donne yazide sono state vendute nel bazar, la partecipazione delle YPJ all’operazione di liberazione è stata di un’importanza enorme. Le YPJ non sono solo una forza di difesa. Rappresentano allo stesso tempo attraverso la loro resistenza, la difesa delle loro idee e l’efficacia nella vita di una nuova filosofia di vita. Con questo hanno acquisito un maggiore significato che è stato accettato dalla popolazione. L’ascesa militare delle YPJ con la loro capacità di impatto così rappresenta una risposta all’antico sistema del predominio degli uomini nei confronti delle donne, che attualmente è rappresentato in una forma particolarmente evidente da IS. La lotta delle YPJ equivale a una vendetta. Non combattiamo solo in nome delle donne curde, ma per tutte le donne. Le donne all’interno delle YPJ vengono dai gruppi etnici più diversi. Nella lotta contro il predominio maschile i popoli dovrebbero costruire un sistema democratico nel quale si difendono i diritti delle donne. In questo vogliamo far incontrare e unire le donne die popoli più diversi. Le donne che sono esposte a una violenza permanente ora in una regione come il Medio Oriente prendono il loro posto nella lotta. Combattono per la libertà di tutti i popoli e in questa lotta assumono un ruolo di avanguardia. Che donne possano perfino assumere il coordinamento in un’operazione come quella per la liberazione di Raqqa, fino a poco tempo fa veniva ancora ritenuto un evento impossibile. La lotta delle donne curde per la libertà e le YPJ ora hanno realizzato questo “miracolo”.

Lei stessa viene da Raqqa e ha partecipato a questa operazione nelle file delle YPJ. Chi è Clara Reqa? Cosa significa per Lei la sua presenza attuale? Può spiegarci i sentimenti che ha provato durante la lotta?

La mia famiglia curda è originaria di Kobanê, ma io fin dall’infanzia sono vissuta a Raqqa. Quando nel 2004 è iniziata la resistenza di Qamislo ero una studentessa e sono entrata per la prima volta in contatto con il movimento di liberazione curdo. Per via della repressione da parte del regime Baath sono stata messa in carcerazione preventiva. Per via della repressione costante la mia rabbia aumentava di giorno in giorno. Dopo che nel 2011 sono state fondate le YPG sono entrata nelle le loro file fino a quando mi sono unita alle YPJ. A Raqqa sono andata scuola, ho fatto le mie prime amicizie iniziando in questo modo a conoscere la vita. Nelle strade di Raqqa mi vengono in mente centinaia di ricordi. Per questa ragione vivo due momenti temporali in uno: da un lato rivivo il passato e dall’altro vivo nel qui ed ora. Durante la lotta nella mia coscienza entravano di continuo ricordi della mia infanzia. Come donna curda, come combattente delle YPJ e come donna che ha partecipato al coordinamento dell‘operazione, ho preso parte alla liberazione di Raqqa dove io stessa ho passato la mia infanzia. Spiegare questi sentimenti mi è molto difficile. Ai tempi del regime Baath abbiamo vissuto l‘oppressione. La nostra lingua, le nostre festività per il Newroz e le nostre gioie ci erano vietate. I curdi venivano negati e marginalizzati. Come popolo la nostra gioia ci veniva continuamente vietata. Al momento sto vivendo appieno la gioia che finora ci è stata sempre vietata. Solo ora posso capire cosa ci è stato tolto. Sto vivendo due momenti in uno: da un lato sentivo il lutto della popolazione che ha vissuto durante il periodo della sofferenza qui. E dall’altro vivo con grande gioia la liberazione della popolazione.

 

La comandate YPJ Clara Reqa risponde a domande sulla liberazione di Raqqa

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