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Rassegna Stampa

Turchia, stallo sulla nuova costituzione

[divider] 5 aprile 2013[/divider]Il primo aprile è scaduto il termine dato alla “Commissione di conciliazione costituzionale” per presentare la bozza di una nuova legge fondamentale. Il ritardo è conseguenza di forti divergenze, soprattutto sulla forma istituzionale della nuova Turchia. L’AKP accusa l’opposizione di ostruzionismo e prospetta il ricorso ad un referendum popolare.

La Turchia ha urgente bisogno di una nuova costituzione: più aperta, inclusiva e adatta alla sua società, sempre più dinamica. Sostituire l’attuale carta, forgiata sotto legge marziale dai militari dopo il colpo di stato del settembre 1980, è uno dei principali obiettivi del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP) fin dall’arrivo al potere nel 2002.

Nello spettro politico turco c’è un consenso ampio sulla necessità di rinnovare la legge fondamentale dello stato. Su come farlo, però, le posizioni restano distanti. Ecco perché, a un anno e mezzo dalla sua istituzione, la commissione per la “conciliazione costituzionale”, creata appositamente allo scopo, e formata da tre rappresentanti per ciascuno dei quattro partiti oggi in parlamento, non ha ancora prodotto una bozza da presentare all’assemblea di Ankara.

Questione di numeri

Per l’approvazione parlamentare della nuova costituzione serve una maggioranza dei 2/3, pari a 367 voti. L’AKP (327 seggi) può raggiungere il quorum grazie ad un’intesa col CHP (134 seggi) o col MHP (52 seggi). Un’eventuale convergenza AKP-BDP (29 seggi + 6 indipendenti) permetterebbe di superare soglia 330 voti. In questo caso, per un’approvazione definitiva serve però la conferma attraverso un referendum popolare. Anche in caso di maggioranza di 2/3, il presidente della Repubblica può però richiedere il referendum.

La commissione doveva concludere i lavori entro il dicembre 2012. Poi, vista la mancanza di accordo, un nuovo termine era stato fissato per il primo aprile 2013, ma senza conclusioni risolutive. Ora il tempo stringe, soprattutto per l’avvicinarsi del prossimo ciclo elettorale (amministrative nel marzo 2014, presidenziali nel giugno 2014, parlamentari nel 2015).

Dei 125 articoli esaminati negli scorsi 17 mesi, solo 30 sarebbero stati “licenziati” con il consenso di tutte le parti. Per gli altri 95, le distanze, più o meno ampie, rimangono. I passaggi più problematici includono il preambolo, i primi articoli fondamentali e le sezioni che regolano i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario.

Particolarmente ostico, e forse vero nodo irrisolto, è l’accordo sul futuro assetto istituzionale della Turchia: parlamentare o presidenziale. Una soluzione, quest’ultima, esplicitamente caldeggiata dal premier Recep Tayyip Erdoğan, che non ha mai nascosto l’ambizione di sedere su una poltrona presidenziale dai poteri allargati.

Scaduto il termine del primo aprile, le forze politiche cercano ora una via d’uscita. Cemil Çiçek, presidente della commissione (e del parlamento) ha annunciato che le forze rappresentate nell’organo dovrebbero presentare nuove bozze entro oggi. Un accordo dell’ultimo istante sembra però estremamente improbabile.

L’AKP non ha nascosto la propria irritazione per la lentezza con cui procede il processo di modifica della costituzione e ha accusato l’opposizione di ostruzionismo per impedire l’adozione di una nuova costituzione. Il 29 marzo lo stesso Erdoğan ha annunciato che, per uscire dallo stallo, non è esclusa la strada del referendum popolare sulla bozza dell’AKP.

“Abbiamo la nostra bozza pronta e il tempo sta per scadere”, ha dichiarato in tv il premier turco. “Dobbiamo pensare a piani alternativi. Cercheremo un accordo col Partito repubblicano del popolo (CHP), altrimenti col Partito di azione nazionalista (MHP). Se non troviamo un accordo, andremo al referendum”.

Tutti i partiti di opposizione hanno reagito indignati alla proposta di Erdoğan , accusando il premier di volerli escludere dal processo di scrittura della nuova costituzione e di voler imporre con la forza la visione dell’AKP.

Erdoğan ha escluso un’intesa col pro-curdo Partito della pace e della democrazia (BDP). Secondo il commentatore politico del quotidiano Hürriyet Göksel Bozkurt , però, un accordo tra i due partiti sarebbe tutt’altro che da scartare.

“Dopo [l’eventuale] scioglimento della commissione, l’AKP potrebbe presentare la propria bozza all’ufficio di presidenza del parlamento. CHP e MHP però non la sosterranno”, scrive Bozkurt. “La strada più probabile è quindi quella di un’intesa AKP-BDP. Dopo che il leader del PKK Abdullah Öcalan, si è dichiarato a favore del sistema presidenziale e di un accordo sulla costituzione, un passo indietro del BDP è impensabile”.

In cambio dell’appoggio, secondo voci non confermate, Öcalan avrebbe richiesto di inserire nella carta misure a favore della libertà di stampa, modifiche della legislazione antiterrorismo e riduzione della soglia di sbarramento alle elezioni parlamentari. L’accordo sulla costituzione, sarebbe quindi legato a doppio filo al processo di pacificazione tra stato turco e PKK lanciato nelle scorse settimane.

La convergenza tra AKP e BDP, secondo Bozkurt, sarebbe facilitata dal fatto che il voto parlamentare sulla nuova costituzione sarà espresso dai deputati con scrutinio segreto, fatto che permetterebbe a Erdoğan di evitare un compromesso pubblico con il partito curdo. Compromesso che resta politicamente scomodo.

Francesco Martino  – Osservatorio Balcani e Caucaso

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