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Rassegna Stampa

Turchia, il colpo di stato di Erdoğan di cui nessuno parla. L’HDP decimato organizza una marcia per la democrazia

Appello per una mobilitazione per la tutela dei diritti umani e la liberazione dei detenuti politici in Turchia-Mentre l’esercito turco e i mercenari tagliagole jihadisti avanzano alla conquista della Libia dopo aver invaso impunemente la Siria e il Rojava kurdo, in Turchia si sta compiendo definitivamente un colpo di stato islamo-fascista, dopo che il presidente Recep Tayyip Erdoğan ha liquidato l’opposizione e la libera stampa. Il Partiya Demokratik a Gelan (HDP, Partito democratico dei popoli) ha annunciato che il 15 giugno inizierà il suo “programma di lotta democratica” con una marcia di 5 giorni ad Ankara. La  scorsa settimana, anche se decimato dall’arresto dei suoi parlamentari e attivisti, l’HDP aveva presentato la sua road map con le linee guida strategiche contro il corso autoritario-autocratico dello Stato e del governo Erdoğan e ha fatto appello a tutte le forze democratiche turche trovare sinergie comuni.

Il regime islamista aveva appena dichiarato la decadenza dei deputati dell’HDP Leyla Güven e Musa Farisoğulları e li aveva messi in carcere, per questo l’attuazione della road map dell’HDP è stata accelerata. La marcia verso Ankara sarà organizzata con lo slogan “Marcia democratica contro il colpo di stato” e partirà da Edirne, la principale città più occidentale della Turchia, dove è imprigionato l’ex co-presidente dell’HDP Selahattin Demirtaş, e da Hakkari, il collegio elettorale kurdo di Leyla Güven,  vicino al triangolo di confine Turchia-Iraq-Iran. Lungo l’itinerario della marcia contro l’autoritarismo di Erdoğan ci sono metropoli come Istanbul, Van, Amed – Diyarbaki e Adana e in tutte le città sono previsti incontri con la popolazione, organizzazioni della società civile e istituzioni. La marcia dell’HDP non si limiterà alle città curde o ai settori kurdi della popolazione, ma si dirigerà anche nella regione del Mar Nero, dove svolgerà varie iniziative. Nella provincia di Hatay, nel sud del paese, che confina con la Siria, sono anche programmate attività e incontri sullo sfondo del conflitto che dura da 9 anni.

Mentre il governo dell’Adalet ve Kalkınma Partisi (AKP, il Partito della Giustizia e dello Sviluppo di Erdoğan) e del Milliyetçi Hareket Partisi (MHP, il braccio politico dei fascisti dei Lupi Grigi), sta cercando di eliminare l’HDP e altri partiti dell’opposizione stanno cercando miopemente di prendere il posto in Parlamento dei deputati arrestati, l’HDP «proverà a sviluppare un insieme fattibile di forze democratiche volte a promuovere e modellare lo sviluppo democratico del paese in modo sostenibile. Incontri con gruppi di interesse sociale e attività come proteste di massa e atti di disobbedienza civile continueranno dopo la marcia di Ankara fino alla Giornata mondiale della pace il 1°settembre».

Dopo il fallito  – provvidenziale per Erdoğan – colpo di stato del 15 luglio 2016, il regime turco ha dichiarato lo stato di emergenza che ha rinnovato ogni 3 mesi per 2 anni. L’opposizione democratica denuncia che «lo stato di emergenza è stato applicato senza nessun quadro giuridico ed è stato concepito e utilizzato come strumento autoritaria di repressione contro vari gruppi di opposizione della società. Innumerevoli sono state le violazioni perpetrate dal governo turco: diritti umani, libertà di stampa, diritto ad eleggere ed essere eletti/e, diritti sociali ed economici; oltre che libertà individuale e sicurezza personale. Il governo turco ha utilizzato lo stato di emergenza per ignorare la costituzione e i trattati internazionali, per minacciare col terrore la popolazione e reprimere i gruppi di Opposizione: per deprivarli dei loro diritti economici e sociali fino ad arrestarli legittimamente».

Anche se lo stato di emergenza è stato ufficialmente tolto, continua ad essere applicato nelle province kurde. L’HDP denuncia che «agendo attraverso i decreti legge il governo turco ha esautorato, tra il 2016 ed il 2018, ben 95 delle 102 municipalità e arrestato 93 sindaci. I nostri ex co-presidenti Selahattin Demirtaş e Figen Yuksedag sono tra i 15 deputati di arrestati e si trovano ancora dietro le sbarre. Nel mese di maggio 2020 sono state depositate presso l’Assemblea Nazionale turca i procedimenti di revoca dell’immunità parlamentare di 19 deputati di HDP tra cui Pervin Buldan co-presidente del partito, Sezai Temelli, Saliha Aydeniz, Remziye Tosun, Ömer Faruk Gergerlioğlu, Şevin Coşkun, Feleknas Uca, Meral Danış Beştaş, Musa Farisoğulları , Tayip Temel , Ebru Günay, Kemal Bülbül, Pero Dündar, Nuran İmir, Gülistan Kılıç Koçyiğit, Ayşe Acar Başaran, Dersim Dağ, Mensur Işık, Ömer Öcalan».

Per questo anche in Italia è stato lanciato un “Appello per una mobilitazione per la tutela dei diritti umani e la liberazione dei detenuti politici in Turchia”, ecco il testo integrale:

La sconcertante repressione politica nei confronti dei/delle democratiche/i continua a pieno regime in Turchia. Il 4 giugno 2020 i deputati di HDP Leyla Guven e Musa Farisoğulları e il deputato del CHP (Partito repubblicano del popolo) Enis Berberoğlu sono stati privati del loro mandato parlamentare e incarcerati. Sebbene Leyla Guven e Musa Farisoğulları avessero l’immunità parlamentare dopo essere stati eletti come deputati nel 2018, il procedimento in tribunale contro di loro non è stato sospeso ed è proseguito. Il 24 settembre 2019 la Suprema corte di appello ha emesso la propria sentenza di condanna: 9 anni di pena detentiva per Musa Farisoğlulları e sei anni per Leyla Guven sulla base di accuse fantasiose collegate al terrorismo.  Il 22 maggio a Diyarbakir un’operazione di polizia ha preso di mira l’associazione di solidarietà delle donne Rosa e 12 attiviste, tra cui l’ex sindaca di Bostanici Gulcihan Simsek e Havva Kiran delle Madri della Pace, sono state arrestate e incarcerate.

Più di 5.000 funzionari e militanti di HDP si trovano al momento incarcerati/e per il loro impegno politico, e ciò rappresenta altro sintomo di come il regime turco non tollera alcuna forma di opposizione, reprimendo e privando della libertà tutti coloro che si oppongono al governo turco.

Alla privazione della libertà personale si accompagnano i trattamenti inumani e degradanti cui vengono sottoposti in carcere che hanno raggiunto il massimo dell’abbominio durante l’attuale pandemia del Covi-19.

Il regime turco ha infatti di recente emanato un provvedimento di amnistia che ha interessato circa 90.000 detenuti condannati per reati talvolta di notevole gravità e pericolosità sociale escludendo dal beneficio tutti i condannati per reati di natura “politica” e tutti i prigionieri politici in attesa di processo in palese violazione degli articoli 2 e 10 della Costituzione turca, nonché dell’articolo 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Tutto ciò ha impedito la liberazione di circa 50.000 detenuti tra i quali migliaia di politici, membri del parlamento, sindaci curdi, intellettuali, rappresentanti delle ONG, attivisti per i diritti umani, studenti, artisti, giornalisti.

L’attuale pandemia del Covid-19 ha inoltre ulteriormente peggiorato le condizioni delle persone recluse. Il 28 aprile il Ministero degli Interni ha affermato che sono stati rilevati 120 casi COVID-19 in 4 diverse carceri. Il 22 maggio il Ministero ha annunciato 82 casi COVID-19 nella sola prigione di Silivri e che un detenuto era morto. Sulla base dei rapporti delle famiglie e degli avvocati dei detenuti il numero di casi COVID-19 nelle carceri è molto più elevato. I reparti e i corridoi delle carceri non vengono puliti regolarmente. I prodotti per la pulizia vengono venduti nelle mense carcerarie a prezzi elevati e molti detenuti non possono permettersi di acquistarli. Maschere e guanti non sono regolarmente distribuiti nelle carceri di tutto il paese. Le autorità turche non seguono molti principi e linee guida emanate dall’Organizzazione mondiale della sanità, del CPT (Comitato Prevenzione Tortura) dei commissari per i diritti umani delle Nazioni Unite e del Consiglio d’Europa. Tutto questo consente una maggiore diffusione del virus senza che siano assicurate ai reclusi le cure necessa

in tal senso chiediamo

ai Governi, agli Organi e Rappresentanze Internazionali quali le Nazioni Unite, al Comitato per la prevenzione della tortura (CPT), l’Unione Europea, Amnesty International ed ogni altra organizzazione che opera a tutela dei Diritti Umani e delle Libertà Fondamentali, affinché esercitino le necessarie pressioni politiche e diplomatiche sulla Turchia con la urgenza che la situazione attuale richiede così da poter salvaguardare la vita e le libertà fondamentali di tutti/e coloro che in quello stato sono perseguitati e sottoposti a restrizione della loro libertà personale a causa soltanto delle loro opinioni politiche legittimamente manifestate.

rie; è chiaro l’intento di decimare i prigionieri politici senza che nessuno sia in grado di controllare quanto avviene all’interno delle carceri turche.

La pandemia di covid-19 rappresenta inoltre un grande rischio per la salute e la vita umana e le donne ed i bambini sono particolarmente vulnerabili non protetti contro l’epidemia.

Rivendichiamo il diritto ad un esistenza libera e dignitosa di ogni essere umano ed i principi cardine affermati nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e ripresi da Convenzioni e Trattati del Diritto Internazionale che tutelano i diritti umani e le libertà fondamentali devono essere assicurati a uomini e donne indistintamente in ogni parte e nazione del globo, quali che siano le loro opinioni politiche , il loro credo religioso, il loro orientamento sessuale o il Paese di provenienza, in particolar modo in Turchia dove questi stessi diritti vengono sistematicamente violati.

A tale fine chiediamo a tutti coloro che su tali principi fondamentali del Diritto si riconoscono ed agiscono di aderire sia singolarmente che nelle formazioni sociali o politiche cui appartengono, al presente appello rivolto ad assicurare il rispetto dei Diritti Umani in Turchia e la liberazione dei detenuti politici, condividendone e sottoscrivendone il contenuto e nel contempo realizzando iniziative e presidi in ogni paese europeo e città italiana il giorno 27 giugno 2020 alle ore 17

  • Per ottenere la liberazione di tutte le persone che a causa delle loro opinioni politiche in Turchia sono private della loro libertà personale, tra le quali tutte le persone co-sindaco, consiglieri comunali e provinciali dell’HDP, così che gli/le stessi possano esercitare la pubblica funzione rivestendo la loro carica e nel contempo sia rispettata la libera espressione della volontà popolare come normalmente accade in ogni Stato di Diritto;
  • Perché siano tutelati i diritti fondamentali dei prigionieri politici ristretti nelle carceri turche, anche mediante la concreta applicazione delle linee guida redatte dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, del CPT e dei commissari per i diritti umani delle Nazioni Unite e del Consiglio d’Europa, così che i detenuti possano essere preservati dagli effetti nefasti del COVID 19 ;
  • Per assicurare ai prigionieri politici i benefici di legge concessi ad altri detenuti senza che venga attuata alcuna discriminazione a loro danno;
  • Per assicurare una esistenza Libera e Dignitosa ad ogni persona, con particolare riguardo alle donne ed ai bambini che in Turchia godono di minori tutele e sono perciò maggiormente esposte ed esposti a discriminazioni soprusi;
  • Per sostenere ogni altra forma di denuncia e manifestazione di solidarietà per la Libertà di Espressione e di Pensiero affinché anche in Turchia possa essere assicurata la Libertà di Opinione garantita in ogni Stato democratico

in tal senso chiediamo

ai Governi, agli Organi e Rappresentanze Internazionali quali le Nazioni Unite, al Comitato per la prevenzione della tortura (CPT), l’Unione Europea, Amnesty International ed ogni altra organizzazione che opera a tutela dei Diritti Umani e delle Libertà Fondamentali, affinché esercitino le necessarie pressioni politiche e diplomatiche sulla Turchia con la urgenza che la situazione attuale richiede così da poter salvaguardare la vita e le libertà fondamentali di tutti/e coloro che in quello stato sono perseguitati e sottoposti a restrizione della loro libertà personale a causa soltanto delle loro opinioni politiche legittimamente manifestate.

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