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Interviste

È stato omicidio, non suicidio

Presunto suicidio di un soldato di leva nell’esercito turco: la madre di un morto lancia pesanti accuse. Colloquio con Fatma Demirkol

Ömer Faruk Demirkol il 14 ottobre è stato ritrovato morto all’interno di una stazione della gendarmeria nei pressi di Kilis. Suo figlio è uno dei soldati di leva curdi che nell’ultimo periodo sono morti per motivi non chiariti. La versione ufficiale è »suicidio«? Le crede che potrebbe essersi ucciso?

Fatma Demirkol è la madre del soldato di leva Ömer Faruk Demirkol che a metà ottobre è stato trovato morto in una stazione della gendarmeria

No, insabbiano questa vicenda definendola un suicidio. È stato omicidio! Mio figlio era di guardia dalle due alle quattro. Si dice che in questo turno di guardia ci sarebbe stato un cambio con uno dei suoi amici, senza firma. Non c’è una conferma del cambio. È stato omicidio, non suicidio. Il comandante della gendarmeria provinciale mi ha raccontato che tremava di paura quando ha raccolto la deposizione del comandante di mio figlio. Cosa hanno a fatto a mio figlio? Voglio esprimere una richiesta: questo non caso deve essere semplicemente messo agli atti. Le autorità cercano di farlo sembrare un suicidio.

Cercano di indurci a tacere. Per mio figlio il suicidio era »haram« (vietato secondo la fede islamica jW). Era credente. Non può aver commesso suicidio.

Cosa chiede alle autorità statali?

Non si deve credere alle autorità. Non voglio un risarcimento. Lo Stato distrugge la vita di molte madri, così come ha distrutto la mia. Nascondoo gli assassinii dei nostri figli e sostengono che avrebbero commesso suicidio. Non posso accettarlo. Lo stato ne deve rispondere. Abbiamo sporto denuncia contro Gökmen Ö., il comandante che è responsabile della morte di mio figlio.

Quando parlava con suo figlio del servizio di leva, cosa raccontava? Com’era per lui nell’esercito turco?

Dopo la sua licenza di dieci giorni ha chiamato il suo comandante per ritornare presso la sua unità. Pare che il comandante gli abbia detto che lo aspettava a braccia aperte e che avrebbe »staccato la carne dalle ossa«. A quel punto mio figlio è arrivato a casa e ha detto di avere paura di tornare nell’esercito. Io e suo padre abbiamo detto che non sarebbe successo niente e lo abbiamo mandato via.

Poi ha chiamato dalla caserma in cui era di stanza e ha detto che veniva minacciato. Lo abbiamo convinto a restare. Abbiamo detto che la leva sarebbe durata solo altri sei mesi. Da ultimo ha ancora chiamato suo padre e gli ha chiesto di raggiungerlo perché altrimenti gli sarebbe successo qualcosa di grave. Più tardi suo padre è andato da lui, ma il comandante non ha lasciato che vedesse suo figlio. Il padre si è anche scusato per la vacanza di dieci giorni.

Lei pensa che nelle condizioni attuali per i curdi sia generalmente insicuro prestare il loro servizio di leva? C’è in effetti molta propaganda razzista contro i curdi in Turchia, in particolare nell’esercito e nella polizia.

Ho cinque figli, di cui tre maschi. Non alleverò più un soldato per questo Stato. Ho mandato mio figlio da loro il venerdì e domenica me lo hanno rimandato in un sudario insanguinato. L’ultimo giorno mio figlio mi ha detto »vieni e prendimi madre «. Sono distrutta, questo non deve succedere ad altre madri.

Intervista: Peter Schaber

https://www.jungewelt.de/artikel/342555.t%C3%BCrkei-es-war-mord-keine-selbstt%C3%B6tung.html

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