Non è troppo tardi per salvare HASANKEYF e il Tigri! No al riempimento del bacino della diga di Ilisu!
Sabato 8 giugno in occasione delle Giornate Globali di Azione per Hasankeyf, nella Sala Cinema del Centro Socio-Culturale Curdo Ararat, prima e dopo la normale programmazione ci sarà proiezione straordinaria dei documentari “Il giorno della Morte dell’Acqua” di Ali Ergül e “Motel Hasankeyf” di Valeria Mazzucchi, a seguire musica curda dal vivo sul terrazzo del Centro Ararat che offre una vista unica sull’area del Campo Boario e sull’antico Monte dei Cocci.
Perché Hasankeyf deve essere salvata:
Il governo turco ha annunciato che inizierà a riempire la controversa diga di Ilisu sul fiume Tigri nel Kurdistan turco il 10 giugno 2019. Ciò porterebbe all’allagamento della città di 12.000 anni, Hasankeyf, 199 villaggi e la valle del fiume Tigri per una lunghezza di 136 km. Mentre fino a 100.000 persone perderebbero i loro mezzi di sostentamento, solo il governo turco, alcuni grandi proprietari terrieri e poche aziende private ne trarrebbero beneficio. Ecco perché la maggior parte della comunità colpita è contro il Progetto Ilisu.
Il progetto Ilisu è in corso in un’area di intenso conflitto militare tra l’esercito turco e la guerriglia curda che il progetto non può che intensificare. Inoltre, lo spostamento di decine di migliaia di persone renderebbe più pervasiva la politica di assimilazione statale in corso della popolazione curda.
Gli effetti catastrofici sul piano sociale, culturale ed ecologico verrebbero vissuti anche nelle zone a valle del Tigri, all’interno dell’Iraq. Metterebbe seriamente a repentaglio l’approvvigionamento idrico delle grandi città irachene come Baghdad e Mosul e l’agricoltura in Iraq sarebbe seriamente minacciata. In particolare, il sito patrimonio mondiale dell’UNESCO delle Paludi Mesopotamiche nel sud dell’Iraq è a rischio di prosciugamento a causa della riduzione dei flussi a valle. L’acqua è usata dalla Turchia come arma. La metà della Mesopotamia lungo il fiume Eufrate è destinata ad essere inondata da dighe nella parte a monte, o prosciugata nella parte a valle. La situazione è acuita dalla crescente crisi climatica, con precipitazioni e nevicate in diminuzione negli ultimi 20 anni.
Hasankeyf è ricca di patrimonio culturale scoperto – un museo naturale all’aperto di insediamento umano ininterrotto incorporato nella Valle del Tigri unico nel suo genere, con tracce di 20 culture che hanno tessuto la sua storia. Gli esperti hanno dichiarato Hasankeyf il gemello di Göbeklitepe, uno dei più antichi insediamenti umani, la cui scoperta ha portato a una nuova comprensione della storia umana. Sebbene Hasankeyf e la circostante valle del Tigri soddisfino 9 dei 10 criteri dell’UNESCO (di cui solo uno dovrebbe essere sufficiente), le organizzazioni internazionali come l’UNESCO rimangono in silenzio. L’inondazione di Hasankeyf e di altri 400 siti archeologici non scavati sarebbe un genocidio culturale! Il piano del governo turco di trasferire 7 delle centinaia di monumenti, è un tentativo di ingannare il pubblico e non ha alcun valore culturale.
Nonostante le garanzie di credito all’esportazione provenienti dall’Europa si siano fermate a seguito di proteste nel 2009, c’è ancora una partecipazione internazionale al progetto. La società austriaca Andritz e la società olandese Bresser trarranno profitto da questa devastazione ecologica e culturale, così come la banca spagnola BBVA, proprietaria di una delle banche turche che finanzia la diga.
Nonostante il progetto sia quasi completato, quasi nessuno è ancora stato trasferito. C’è ancora una possibilità di una via d’uscita da questo progetto disastroso. Negli ultimi decenni molti grandi progetti di costruzione sono stati abbandonati, e così anche questo.
Il governo turco deve cancellare il progetto Ilisu. Una nuova discussione partecipativa e trasparente sul futuro della regione colpita deve aver luogo, con tutte le persone interessate, i comuni e le ONG. Si può trovare un’alternativa alla diga, che sarà vantaggiosa per la società della regione; socialmente, culturalmente ed economicamente.
Centro Socio-Culturale Curdo Ararat – Rete Kurdistan Roma