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Opinioni e analisi

Mosca come sensale

La Russia media tra Turchia, Siria e curdi. Il governo federale pratica appeasement nei confronti di AnkaraIl Ministro della Difesa turco Hulusi Akar venerdì ha ufficialmente proclamato la fine della »Operazione Fonte di Pace«. Con questo nome eufemistico Ankara aveva definito la sua guerra di aggressione lesiva del diritto internazionale, iniziata il 9 ottobre contro la zona autonoma in Siria del nord nota anche come Rojava. Sarebbe stata costruita una »zona di sicurezza« lunga 145 chilometri e larga 30 chilometri, aveva dichiarato Akar già giovedì ai media turchi. Con questo sarebbe stato messo sotto controllo turco un territorio con una superficie complessiva di 4.300 chilometri quadrati nel uqale si trovano 600 località.

Ancora lunedì Ankara aveva annunciato una continuazione dell’offensiva se la Russia e gli USA non avessero dato seguito al loro impegno assunto nei confronti della Turchia, di garantire il ritiro delle milizie curde da un territorio profondo 30 chilometri lungo il confine turco-siriano. Ma secondo l’agenzia stampa statale TASS, mercoledì il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov aveva dichiarato che nel caso di questa minaccia si sarebbe trattato di un »equivoco«. Più probabile è che Mosca abbia messo un argine a ulteriori voglie di espansione della Turchia. Perché anche negli ultimi giorni le truppe di mercenari jihadisti sostenute dall’esercito turco hanno cercato di prendere il potere su altre zone ai margini della cosiddetta zona di sicurezza, il cui controllo è stato concesso da Mosca alla Turchia nel Memorandum di Sochi il 22 ottobre. In particolare continuano gli scontri nei dintorni della città di Tel Tamer abitata da cristiani assiri. Inoltre mercoledì diversi civili sono stati uccisi in un attacco con droni nei pressi della città di Kobani.

A Damasco a metà della settimana si sono incontrati rappresentanti del governo siriano e dell’Amministrazione Autonoma Siria del Nord e dell’Est. Obiettivo dei colloqui è di arrivare dalla collaborazione militare in essere tra l’esercito siriano e le Forze Democratiche della Siria (FDS), a un accordo politico. Questo finora è fallito per l’atteggiamento intransigente di Damasco. Così il Presidente siriano Bashar Al-Assad venerdì scorso in un’intervista trasmessa dal suo canale Telegram aveva reso chiaro che rifiuta una decentralizzazione della Siria, tanto quanto la richiesta »separatista« di diritti culturali per i curdi.

Il governo russo intanto è impegnato a muovere i suoi alleati siriani a concessioni ai curdi, e allo stesso tempo le FDS a una subordinazione nei confronti di Damasco. Così a metà della settimana il Ministro degli Esteri Lavrov aveva dichiarato che il suo governo sostiene i »diritti dei curdi«. Questi potrebbero essere garantiti solo attraverso un dialogo con il governo siriano. Allo stesso tempo Lavrov ha accusato gli USA, con i quali le FDS in parti della Siria del nord mantengono la loro cooperazione militare, di ostacolare simili colloqui di pace.

La Turchia intanto ha iniziato a eseguire reinsediamenti nella zona occupata tra le città di confine di Tel Abjad e Ras Al-Ain. Lo riferiscono concordemente il »Rojava Information Center« (RIC) attivo in Siria del nord e l’ »Osservatorio Siriano per i Diritti Umani« con sede a Londra. Contrariamente alla rappresentazione turca, i nuovi coloni evidentemente non sono né ex abitanti di queste località né profughi siriani dalla Turchia, ma famiglie di miliziani jihadisti da altre regioni sotto occupazione turca in Siria del nord. L’esercito turco starebbe scortando due volte al giorno convogli di veicoli con coloni da reinsediare dalla città di confine siriana di Jarabulus, attraversando circa centro chilometri di territorio turco, fino a Tel Abjad, fa sapere l’ »Osservatorio« londinese. »La Turchia dice che gli abitanti di Tel Abjad tornano a casa, questa è una menzogna«, così il RIC cita un rappresentante comunale originario di questa città di confine occupata dalla Turchia. »Noi, gli abitanti di Tel Abjad, non possiamo tornare a casa. Coloro che sono stati portati qui finora, il più delle volte sono di Idlib, Jarabulus, Al-Bab, ma anche di Homs e Hama, così come famiglie di IS che sono riuscite a fuggire dal campo di Ain Issa, sì, perfino iracheni …«

Ankara ha annunciato di voler reinsediare nella zona di occupazione in Siria del nord una gran parte dei diversi milioni di profughi arabo-siriani attualmente residenti in Turchia. Dato che questi sono originari di altre regioni, questo significherebbe un notevole cambiamento demografico a carico della popolazione curda e assiro-cristiana. Per far benedire e possibilmente finanziare da Paesi partner europei questa impresa, il governo turco ha invitato i capi di governo di Germania, Regno Unito e Francia a un vertice sulla Siria per il 3 e 4 dicembre a lato del vertice della NATO a Londra.

Almeno da parte tedesca non c’è da aspettarsi un serio vento contrario. »È nel nostro interesse che la Turchia, che è anche un partner chiave nella NATO, non si allontani dall’Europa«, così mercoledì ha dettato il corso il Ministro degli Esteri federale Heiko Maas. Il governo federale con questa politica di appeasement nei confronti della Turchia resta negli antichi binari. Già nella Prima Guerra Mondiale il cancelliere del Reich Theobald von Bethmann Hollweg liquidò le parole dell’ambasciatore tedesco a Costantinopoli su massacri degli alleati turchi dei confronti degli armeni con le parole: »Il nostro unico obiettivo è di tenere la Turchia dalla nostra parte fino alla fine della guerra, che gli armeni vadano in rovina o no.«

di Nick Brauns

da junge Welt

https://www.jungewelt.de/artikel/367343.t%C3%BCrkische-milit%C3%A4rinvasion-in-syrien-moskau-als-makler.html

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