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Opinioni e analisi

Difendere il Rojava, ma come?

Contributo di Ali Çiçek alla discussione sul Giorno-X nel caso di un’invasione militare turca in Siria del nord.di ALI CICEK

Il Presidente turco Erdoğan minaccia apertamente di distruggere l’Amministrazione Autonoma democratica in Siria del nord e dell’est mentre sul confine turco-siriano si riuniscono militari turchi. Per molte persone di sinistra, antifascist*, internazioalist* e persone che simpatizzano con la svolta sociale in Rojava, questa è occasione per riunirsi nella rispettiva città con altr* che la pensano allo stesso modo o di incontrarsi con il rispettivo comitato di solidarietà per discutere a fronte dell’urgenza della situazione di come si possa reagire adeguatamente nel caso di un intervento turco. Ci si prepara al cosiddetto Giorno-X, il giorno in cui inizierà l’intervento.

La rivoluzione del Rojava il 19 luglio ha avuto il suo settimo anniversario. Da sette anni molte persone – – acne sul posto – seguono il progetto ambizioso di costruire nel Medio Oriente scosso dalle crisi, un sistema di autogoverno anti-capitalista, ecologico e basato sulla liberazione dei generi. Il Rojava in questi sette anni è stato minacciato nella sua esistenza da numerose forze. Decine di migliaia di persone hanno perso la vita in questa lotta di autodifesa, oltre il doppio sono rimaste ferite.

In questi sette anni c’è ripetutamente stata la minaccia di un intervento su vasta scala da parte dello Stato turco. Mentre la rivoluzione nel 2014 è stata difesa da [attacchi di] Stato Islamico, nella primavera del 2018, il membro della NATO Turchia ha occupato il cantone di Efrîn nel nord della Siria. In queste due fasi c’è stata una solidarietà internazionale con la gente nel Rojava. In Germania [e in molti Paesi europei] sono nati comitati di solidarietà e ci sono rispettivamente state fasi di azione durate mesi per sostenere la lotta in Rojava.

Ora le stesse cerchie, insieme alla comunità curda, sono di nuovo in stato di llerta. Alla luce delle esperienze degli ultimi sette anni, qui emergono due punti che si tratta di discutere insieme per continuare la lotta comune in modo efficace e a lungo termine: nelle discussioni sul Giorno-X infatti si evidenzia da un lato una comprensione largamente insufficiente della rivoluzione in Kurdistan e dall’altro una mancanza di strategia organizzativa e di azione, ossia un [orizzonte di] breve termine.

Capire bene la rivoluzione in Kurdistan – Conoscere ciò che si vuole difendere!

Condizione fondamentale per solidarizzare nel modo giusto con la rivoluzione in Rojava ossia un’internazionalizzazione della lotta è la conoscenza della situazione politica in Kurdistan e della linea di resistenza del movimento di liberazione curdo. Una creazione di opinione che si orienta al mainstream, impedisce di considerare la lotta in Kurdistan nel suo complesso. Così allora anche ‘approccio al tema non è durevole, ma temporaneo. Se la condizione di base di un moto di solidarietà giusto è la conoscenza della realtà, è importante in primo luogo constatare che la discussione sul cosiddetto Giorno-X come avviene al momento, non dispone del giusto approfondimento. In uno sguardo complessivo sulla rivoluzione in Kurdistan è necessario valutare gli sviluppi in Rojava come parte di un tutto. Sia nel senso di una strategia di pace sia in quello della strategia di resistenza del movimento curdo. Perché il Giorno-X è passato da tempo, la guerra continua in tutta la sua brutalità già da molti anni. A lungo termine la società curda è in una guerra dal 15 agosto 1984, una volta di intensità minore, una volta più elevata. Da oltre 40 anni quasi quotidianamente cadono combattenti della resistenza contro il colonialismo dei rispettivi Paesi nei quali è stato diviso il Kurdistan, così come contro l’imperialismo occidentale. La guerra tra l’esercito turco e le Forze di Difesa del Popolo (HPG) in Kurdistan del nord è divampata di nuovo dalla fine dei negoziati di pace nel luglio 2015. Nel Kurdistan del sud all’inizio del mese di maggio di quest’anno è iniziata un’invasione su vasta scala, nella quale l’esercito turco è entrato per 30 chilometri nel Kurdistan del sud, ossia in Iraq del nord, con l’obiettivo dichiarato di sterminareil PKK. In particolare la direzione politica della società curda è obiettivo degli attacchi. Il componente del Consiglio di Presidenza dell’Unione delle Comunità del Kurdistan (KCK) Diyar Xerib (Helmet), è stato ucciso in un attacco aereo dell’esercito turco a Qendîl il 5 luglio. Il 21 marzo è stato compiuto un attentato al comitato diplomatico della KCK nel quale sono stato uccisi Ali Aktaş, Emrullah Dursun, Mikail Özdemir, Vehip Tekin e Celal Öztürk. Accanto alla guerra in Kurdistan del sud, alla quale viene risposto anche con una forte resistenza della guerriglia, Erdoğan ha rafforzato anche la sua minaccia nei confronti del Rojava.

In questo è importante capire perché questa aggressione militare dello Stato turco contro il movimento di liberazione curdo negli ultimi mesi è aumentata così tanto. Da un lato è obiettivo strategico e ideologico dello Stato turco distruggere il movimento di liberazione curdo e sottomettere la società curda alla sua politica di assimilazione. Oltre a questo è però anche un atto che si orienta in base alla congiuntura politica. Perché prima di questo attacco di occupazione a inizio maggio, il movimento di liberazione curdo con l’aiuto delle azioni di sciopero della fame aveva dominato l’agenda politica in Turchia e in Kurdistan. La Turchia è stata messa in condizione di essere costretta ad agire, la discussione sociale e politica all’interno della Turchia per un periodo è stata determinata dal movimento di liberazione curdo. Nello sciopero della fame contro l’isolamento totale del precursore curdo Abdullah Öcalan, le discussioni sull’isolamento nelle carceri turche e nella società curda sono diventate forti e ci sono stati spunti di discussione sulla questione curda, nell’ambito delle quali il Partito Democratico dei Popoli (HDP) ha parlato di una nuova Costituzione. In questo senso la rinnovata guerra del governo turco è anche un intervento negli eventi politici, con l’obiettivo di cambiare l’agenda politica e di determinarla completamente.

Il dibattito all’interno della sinistra sullo sciopero della fame in questo contesto non è un capitolo chiuso. La resistenza durante lo sciopero della fame durato per sei mesi, ha avuto carenze sotto molti punti di vista. Così il movimento curdo formula apertamente un’autocritica [rilevando] che in questa fase di resistenza tutto il peso era sui prigionieri in sciopero della fame e non è stato possibile raggiungere davvero una mobilitazione della società. Mentre quindi ci si prepara al Giorno-X, bisognerebbe anche fermarsi e riflettere su cosa sarebbe stato se si fosse sostenuta questa offensiva politica durante lo sciopero della fame facendosene carico. Non solo nel senso dell’azione, ma rispetto al fatto che tutte queste lotte vanno pensate insieme.

Perché questa strategia di resistenza del movimento curdo è complessiva. Offensive politiche in Kurdistan del nord hanno sostenuto i processi in Rojava. Contraccolpi nel Kurdistan del sud possono avere i loro effetti sul Rojava. La lotta viene condotta su più livelli. Questa è la dialettica della rivoluzione in Kurdistan e in questo contesto serve anche una discussione complessiva con il movimento di liberazione curdo attraverso la quale poi si possa anche sviluppare una solidarietà efficace.

Dalla resistenza alla costruzione – due, tre, molti Rojava!

Il secondo punto riguarda il livello organizzativo e di azione. Negli ultimi sette anni della rivoluzione del Rojava, sono state fondate dozzine di comitati di solidarietà e eseguite innumerevoli azioni. Mentre in tempi di escalation militare come a Kobanê e Efrîn, la forza organizzativa e l’intensità e quantità delle azioni hanno vissuto un apice, nei mesi di presunta calma la situazione era grigia. In un certo senso nei sette anni si è sviluppato piuttosto lo stile di aspettare quando si rischia di nuovo un conflitto maggiore, per ritrovarsi solo allora di nuovo in gruppi più grandi e attivarsi. Questa situazione viene percepita come normale, le persone si ritrovano insieme solo quando succede qualcosa, è quanto si dice diffusamente. Ma un* attivista politic* non è determinat* dalla caratteristica di non accettare l’esistente e di perseverare per il suo cambiamento?

Se non ci si vuole limitare al livello degli ultimi sette anni e riprodurre il modo consueto di organizzazione e azione, serve una riflessione autocritica e sincera sull’ultima fase di azione intensiva durante l’occupazione di Efrîn, quindi anche una riflessione sul proprio ruolo all’interno della metropoli rispetto alla rivoluzione in Rojava. Nella linea di azione del confederalismo democratico, ogni azione ha l’obiettivo di creare e sviluppare organizzazione. Questo è il criterio di qualità centrale per il successo. Un’azione che non crea o rafforza organizzazione, resta senza un vero successo. In questo senso la fase di azione durante l’occupazione di Efrîn da parte della Turchia e dei suoi gruppi jihadisti, forse ha influenzato in modo determinante la formazione dell’opinione pubblica e evidenziato la complicità dei governi europei, ma non è stata all’altezza di creare relazioni durevoli nelle città.

Su questo punto possiamo imparare dal Rojava. La locale rivoluzione si orienta in base alla prospettiva della contemporaneità di costruzione e resistenza. Autodifesa in Rojava significa costruzione di una vita alternativa, la costruzione della società, il rafforzamento delle locali strutture consiliari. La rivoluzione in Rojava non aspetta l’attacco, non si limita a reagire, ma è soggetto che agisce organizzando da sé tutti gli ambiti della vita, che si tratti dell’economia, della sanità, istruzione, cultura, ecc. e in questo cerca di coinvolgere grandi parti della società.

Costruzione e resistenza come risposta internazionalista

A fronte della minaccia di un’invasione della Siria del nord/Rojava potremo difendere il Rojava a lungo termine in senso strategico organizzando le nostre proprie comuni. Mentre il sistema cerca di dividere tra loro le persone e i movimenti che lottano, dobbiamo pensare insieme lotte comuni come proteste ecologiche, campagne femministe, azioni antimilitariste, lotte per la casa e unirle in modo organico. Le esperienze ideologiche e organizzative del movimento di liberazione curdo in questo possono fare da denominatore comune. Per questo dovremmo iniziare discussioni sul Giorno-X con domande come queste: ci approcciamo in modo strategico alle lotte comuni locali delle forze di sinistra qui e quelle del movimento di liberazione curdo? Percepiamo le associazioni curde come luogo per questo?

Nessuna guerra in Siria del nord!

Fonte: ANF

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