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Opinioni e analisi

Ora è il momento per la pace tra i curdi e lo Stato turco. Non sprechiamolo.

Intervento di Cemil Bayik sul Washington Post del 3 luglio 2019Cemil Bayik è uno dei cinque fondatori del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK).

Ci troviamo in un momento critico nel conflitto tra lo stato turco e il popolo curdo. Abbiamo un’opportunità di spostare una disputa di vecchia data verso una soluzione duratura. Se sprechiamo questa opportunità, potrebbe non tornare per una generazione.

Fin dalla fondazione della repubblica turca nel 1923, i curdi hanno lottato per ottenere un pieno riconoscimento come cittadini. Hanno affrontato miriadi di forme di discriminazione e oppressione. Dopo aver cercato infruttuosamente per oltre cinque decenni di fare progressi all’interno del sistema politico, siamo rimasti senza altra scelta che quella di ricorrere alla resistenza armata. Il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), nato nel 1978, ha lanciato una guerra di guerriglia nel 1984. Mentre lo stato turco cercava di usare il nazionalismo e l’Islam politico per annullare la nostra lotta, il nostro partito fin dall’inizio chiedeva libertà per le etnie e per tutte le fedi.

Nel 1999 operatori turchi hanno catturato il leader del PKK Abdullah Öcalan in Kenya, nell’ambito di un’operazione sostenuta dagli Stati Uniti. È stato condannato all’ergastolo sull’isola di Imrali, dove è stato l’unico prigioniero per quasi 20 anni.

La cattura e l’incarcerazione di Öcalan sono coincise con l’ascesa al potere del Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP) guidato da Recep Tayyip Erdogan. Erdogan e il suo partito conquistarono il primo sostegno del pubblico enfatizzando democrazia, diritti umani e giustizia. Solo pochi anni dopo, interrogato sulla questione curda, Erdogan ha risposto: “Se non ci pensi non esiste.”

Eppure esisteva, come perfino Erdogan alla fine è stato costretto a riconoscere. Abbiamo fatto una serie di sforzi per negoziare in buona fede con il governo, compresi corrispondenti cessate il fuoco. Ogni volta, l’impegno per la pace del partito al governo è durato fino a quando si è rivelato politicamente utile come espediente.

Poi, nel 2012, il PKK ha messo in atto un cessate il fuoco che abbiamo mantenuto nonostante ostacoli enormi. Il PKK ha rilasciato tutti i soldati turchi e i funzionari di polizia che teneva prigionieri e le nostre forze hanno iniziato un ritiro graduale dalla Turchia. Questo ha aperto un percorso per dei negoziati.

Il 28 febbraio 2015, dopo due anni di colloqui, rappresentanti del popolo curdo e stato turco avevano raggiunto un accordo che esprimeva le nostre speranze condivise per la pace. Ma quando Erdogan ha ritenuto che i colloqui non fossero più benefici per il futuro elettorale del suo partito, ancora una volta ha scelto il conflitto.

Gli incontri regolari che si stavano svolgendo tra rappresentanti dello stato turco e il nostro leader Öcalan, sono finiti. La guerra è ripresa con nuova forza. Carri armati e jet da combattimento hanno spianato 10 città curde. L’esercito turco ha brutalmente ucciso centinaia di civili, comprese donne, bambini e persone anziane. Forze di sicurezza spesso hanno impedito alle famiglie di ritrovare i corpi dei loro parenti.

Ancora una volta lo stato ha cercato di infliggere il colpo fatale al popolo curdo. Mantenendo il potere attraverso l’estremismo religioso e il razzismo, a spese della democrazia e delle vite di civili, nella sua forma attuale il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo al governo è un pericolo non solo per i curdi, ma per il Medio Oriente e per il mondo intero.

Erdogan ora considera la rivoluzione democratica dei curdi in Siria e la sconfitta di Stato Islamico una minaccia per la politica dello stato turco sui curdi e per la sua presa autoritaria sul potere. La nostra organizzazione vuole vedere la liberazione di tutti i popoli della Siria e la vera democratizzazione del Paese. I curdi, arabi e assiri del nordest della Siria hanno già messo in pratica l’autonomia democratica sviluppata da Öcalan durante i suoi anni in carcere.

Noi abbiamo fatto i nostri errori nell’affrontare queste sfide. Siamo stati ingenui a pensare che la questione curda si sarebbe risolta unicamente attraverso il dialogo con il partito di Erdogan. Nel cercare di risolvere un conflitto così complesso e così legato ad altre sfide, avremmo dovuto lavorare di più per includere tutte le forze democratiche della Turchia. Allo stesso modo avremmo dovuto mobilitare le forze pro-democrazia in Medio Oriente e in tutto il mondo per contribuire alla democratizzazione della Turchia e alla soluzione della questione curda.

Nel caso ci fosse un’ambiguità su questo punto: dichiariamo ancora una volta che siamo impegnati a negoziare una soluzione politica della questione curda all’interno dei confini della Turchia.

Ripeteremo quello che abbiamo detto in precedenza: Öcalan è il nostro capo-negoziatore. Noi siamo d’accordo con tutti i punti nelle ultime comunicazioni di Öcalan, e specifichiamo che per garantire un cessate il fuoco duraturo, la possibilità per Öcalan di lavorare e contribuire liberamente, per noi è indispensabile. Per essere più precisi, deve essere trasferito dal carcere di Imrali in una casa sicura.

Il mondo ha un interesse nel sostenere i nostri obiettivi. La crisi di oggi in Turchia è fondamentalmente una crisi politica. È una crisi derivata dal fallimento della politica della repubblica turca sui curdi vecchia di un secolo, un problema che è al centro delle attuali sfide della Turchia a livello domestico, regionale e globale. A questo riguardo la Turchia ha disperatamente bisogno di una nuove comprensione della “nazione”, che abbia spazio per identità etniche e religiose diverse. Un approccio del genere dovrebbe riflettersi in un nuovo sistema amministrativo che rispecchi la diversità storica della nostra regione, liberata dalla morsa centralizzante di Ankara.

Risolvendo la sua questione curda, la Turchia potrebbe svolgere un ruolo decisivo nel promuovere democrazia, stabilità e pace in Medio Oriente. Ma lo stato turco rifiuta di farlo. Noi dall’altra parte, continuiamo a lottare per la democratizzazione del Medio Oriente attraverso la democratizzazione della Turchia.

di Cemil Bayik

Fonte: Washington Post

https://www.washingtonpost.com/opinions/2019/07/03/now-is-moment-peace-between-kurds-turkish-state-lets-not-waste-it/?fbclid=IwAR2aZyv-TfOv5AaJd6-tZfKSLainjZuL6kq-DE5ygWW5lEdxWyDZO4jNk2E&noredirect=on&utm_term=.0f4043a8e865

 

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