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Turchia

Il corpo come ultima arma

Curdi Lo sciopero della fame contro la carcerazione in isolamento di Abdullah Öcalan ha successo, ma in Germania gode a stento di attenzione nell’opinione pubblica.  Cemal Kobanê e Ömer Bağdur sono sdraiati su piccoli letti, entrambi indossano una mascherina bianca, c’è odore di disinfettante. Sulle pareti sono appese una bandiera Antifa e una bandiera con il ritratto di Abdullah Öcalan, del fondatore del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK). Per la revoca del suo isolamento, i due uomini digiunano qui da 100 giorni. E da diverse settimane condividono una piccola stanza in un modesto edificio nel quartiere Reinickendorf nel nord di Berlino. Qui ha la sede il NAV-DEM, il Centro Sociale Democratico delle Curde e dei Curdi in Germania. Sul comodino dei due uomini ci sono foto delle loro famiglie. Entrambi sono sposati e hanno figli che ogni volta che possono nei fine settimana vengono a trovare i loro padri a Berlino. Perché in realtà Bağdur e Kobanê vengono da Kassel. Lì sono entrati in sciopero della fame il 29 gennaio.

„Il 7 novembre la deputata curda dell‘HDP Leyla Güven è entrata in sciopero della fame a tempo indeterminato nel carcere di Diyarbakir,“ inizia a raccontare Ömer Bağdur con voce debole. „La sua richiesta è molto semplice: lo Stato turco deve mettere fine all’isolamento del nostro Presidente e in questo modo spianare la strada per nuove trattative di pace.“ Il 55enne respira a fatica. „Non è mica una cosa impossibile. O forse è un azzardo chiedere alla Turchia di attenersi alle proprie leggi e anche di riconoscere a Abdullah Öcalan quei diritti che secondo la Costituzione turca spettano a qualsiasi detenuto?“

Mentre Bağdur pronuncia queste parole ancora non sa che Öcalan solo pochi giorni dopo si rivolgerà all’opinione pubblica, che il 2 maggio per la prima volta dopo otto anni, dal 27 luglio 2011, abbia potuto ricevere una visita dei suoi avvocati. Che lo sciopero della fame iniziato a novembre da Leyla Güven e al quale ormai non partecipano solo oltre 7.000 prigionieri curdi in Turchia, ma anche molti curdi a Strasburgo, Stoccolma, Roma, Toronto e appunto Berlino, può quindi celebrare un primo successo.

I primi morti

Lunedì gli avvocati di Öcalan hanno reso pubblica una dichiarazione del Presidente del PKK che dal 1999 è recluso sull’isola carcere di İmralı nel Mar di Marmara. Una riconciliazione sociale è più importante che mai, dice Öcalan; per questo non serve la violenza fisica, ma „soft power”, forza politica e culturale. Anche in Siria. Insieme agli altri tre prigionieri curdi sull’isola carcere, Öcalan si è pronunciato sullo sciopero della fame: „Con tutto il rispetto per la resistenza delle amiche e degli amici all’interno e all’esterno delle carceri, vogliamo sottolineare che non devono portare la loro azione al punto in cui è in pericolo la loro vita o che porti addirittura alla morte.“, che la loro salute spirituale, fisica e psichica è più importante di qualsiasi altra cosa. „Crediamo inoltre che l’approccio più sensato sia collegato allo sviluppo di una posizione mentale e spirituale. Nessuno nelle carceri e fuori deve arrivare al punto di morire per lo sciopero della fame.“ In precedenza 15 prigionieri curdi avevano iniziato il digiuno fino alla morte, assumono solo zucchero e sale, ma non più vitamine.

Che gli avvocati abbiamo potuto vedere Öcalan dopo 810 richieste di contatto senza successo, i curdi lo celebrano come successo di coloro che sono in sciopero della fame. Ma allo stesso tempo il 6 maggio una richiesta di visita della famiglia è stata rifiutata. Anche altre richieste – come l’accesso di Öcalan ai quotidiani e telefonate ai parenti – non hanno avuto esito. Solo poche ore dopo la dichiarazione di Öcalan, ha preso la parola un portavoce di chi è in sciopero della fame nelle carceri turche e ha dichiarato che sciopero della fame e digiuno fino alla morte continueranno anche dopo la visita degli avvocati.

Ömer Bağdur, a Berlino dopo oltre tre mesi è emaciato. Perché il curdo che vive da decenni in Germania si è unito allo sciopero? „Io vengo da Cizre“, dice. Gli è visibilmente difficile parlare. „Proprio lì il regime turco negli ultimi anni ha mostrato di cosa è capace.“ Dopo il fallimento dell’ultimo negoziato di pace tra il PKK e il governo turco la città nel sudest della Turchia abitata in prevalenza da curdi, nel 2015 e 2016 è diventata scenario di crimini di guerra dell’esercito turco. Restano impresse nella memoria le grida disperate di civili che si erano rifugiati nelle cantine e che poi lì per via del massiccio fuoco di artiglieria dell’esercito turco sui quartieri residenziali curdi, sono bruciati [vivi]. „Non vogliamo più guerra. Ma la pace può esserci solo con Öcalan.“ Ora l’interprete di Bağdur da un segnale. Ora ha bisogno di riposo.

Nella stanza accanto si trovano Mele Mustafa Tuzak e Şiyar Xelil, anche loro si sono uniti allo sciopero della fame più di 100 giorni fa. Entrambi sono troppo deboli per un colloquio. Nelle ultime settimane hanno ripetutamente ricevuto cure di emergenza, ogni trattamento che va oltre questo, lo rifiutano.

Intanto al pian terreno prosegue la normale attività del centro culturale curdo. Gente beve il tè, scorrono trasmissioni della TV curda, alle pareti sono appese le immagini di combattenti caduti. Nel cortile interno è seduto Ali S. Il ragioniere diplomato vive a Berlino da 47 anni ed è attivo politicamente fin dalle proteste contro la guerra in Vietnam. Al NAV-DEM il 63enne si occupa del contatto con rappresentanti dei media che riferiscono dello sciopero della fame. Racconta quanto sia teso il movimento curdo a fronte delle prime morti dello sciopero della fame. E racconta come le madri degli scioperanti nelle ultime settimane sono state continuamente attaccate dalla polizia turca quando volvevano attirare l’attenzione sulla situazione dei loro figli. A Istanbul il parco Koşuyolu lunedì è stato chiuso ancora una volta per impedire una manifestazione di questo tipo.

Anche se il governo turco con la visita degli avvocati ha fatto una prima concessione, l’attenzione sperata per il più grande sciopero della fame coordinato del movimento curdo continua a non arrivare. La solidarietà arriva solo da parti della sinistra europea, che in particolare dalla rivoluzione in Rojava nel nord della Siria si è confrontata in modo maggiore con il movimento curdo.

Nick Brauns e Sveva Haertter partecipano da più tempo. Dagli anni ’90 si impegnano per i diritti dei curdi, ora sono passati al centro per portare saluti di solidarietà ai quattro scioperanti a Berlino. Brauns è storico e collaboratore scientifico della deputata della Linke Ulla Jelpke. Conosce bene la storia dello sciopero della fame nel movimento curdo. „Anche prima degli ultimi colloqui di pace tra PKK e Erdoğan alla fine del 2012 c’è stato un grande sciopero della fame nelle carceri turche“, ricorda, „ma il punto è se anche questa volta arriva il messaggio.“

Il tabu di Öcalan

La mancanza di attenzione avrebbe a che fare con una specie di „tabu su Öcalan“ nei media europei. „Dato che il PKK in Germania e Europa è considerato organizzazione terroristica, a molti politici e giornalisti non viene neanche in mente che una pace nella regione ci possa essere solo con il PKK e il suo precursore ideologico Öcalan.“ Se ci fosse un’azione simile per la liberazione del Presidente HDP Selahattin Demirtaş in carcere dal 2016, la situazione sarebbe diversa presume Brauns. „Eppure Demirtaş fa continuamente riferimento alle idee di Öcalan e sostiene le sue proposte per una pace giusta.“

Molti nella sinistra in Germania sarebbero intimiditi dallo strumento dello sciopero della fame. A questo si aggiunge che anche se molti simpatizzano con la lotta delle milizie curde contro IS in Siria e in Rojava, hanno posizioni più critiche nei confronti del PKK. La rigida disciplina dei quadri e il culto di Öcalan, la dura persecuzione del partito in Germania dal suo divieto nel 1993, in molti crea „una forbice nella testa che distingue tra curdi buoni e curdi cattivi“, così Brauns. „Abnegazione e dedizione incondizionata a una causa oggi evidentemente sono più connotate rispetto a gruppi islamisti.“

Su questo punto Sveva Haertter non resiste più. „Non ce la faccio più a sentire queste critiche rispetto allo sciopero della fame,“ dice l’attivista di Roma. „Ci si comporta come se il movimento curdo non avesse già tentato ogni cosa immaginabile. Hanno un esercito di guerriglia in montagna, una grande rete di media, partiti in tutti i parlamenti regionali importanti e perfino nel Parlamento nazionale delle Turchia. Inoltre hanno associazioni per i diritti umani e ONG per ogni argomento possibile.“ Haertter, che da molti anni è attiva nella rete italiana di solidarietà per il Kurdistan, scuote la testa. „Questo sciopero della fame è l’ultimo strumento che sia rimasto al movimento di fronte alla situazione disastrosa in Turchia.“ La sinistra europea deve sostenere le legittime richieste dei curdi.“

Quando i due sostenitori se vanno, Ömer Bağdur e Cemal Kobanê si siedono su un piccolo terrazzo davanti alla loro stanza. Splende il sole, arrivano le loro famiglie. Sotto Ali S. è seduto al tavolo e racconta della lotta lunga decenni del movimento curdo. Ha l’aria stanca. „Abbiamo bisogno di più sostegno, più attenzione.“ Una scossa attraversa il suo corpo. „Ma cosa resta se non continuare a lottare?“ Si alza, batte tre volte sul tavolo: „Lottare, lottare, lottare.“

Martedì i quattro scioperanti nel centro curdo hanno annunciato di continuare la loro resistenza: „fino a quando l’isolamento sarà rimosso del tutto.“

Alexander Gorski scrive come autore free-lance di diritti umani e movimento sociali. Vive a Berlino

https://www.freitag.de/autoren/der-freitag/der-koerper-als-letzte-waffe

 

Alexander Gorski | Der Freitag, n. 19/2019

Cemal Kobanê e Ömer Bağdur in sciopero della fame

Foto: ALINE JUÁREZ CONTRERAS

 

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