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Rassegna Stampa

Erdogan Terrorist. Lo sport al fianco del popolo curdo

“Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti.” – A.Gramsci  

Lo scorso 18 Marzo, dopo quasi due mesi d’assedio, l’esercito turco, supportato da mercenari Siriani e miliziani Jihadisti, ha annunciato la caduta di Afrin. Le forze curde, respinte dal cantone siriano, hanno già cominciato la guerriglia. E mentre Erdogan minaccia di espandersi fino a Kobane, si contano migliaia di morti ed almeno 150.000 civili in fuga. Ad accompagnarli, il silenzio della comunità internazionale e l’indifferenza delle principali testate giornalistiche, che hanno rimosso dagli archivi i pur recenti elogi rivolti alle milizie Ypg e Ypj impegnate sul campo nella lotta contro Daesh. Così accade il paradosso che sia il mondo dello sport e non quello della stampa politica, a proiettare le contraddizioni di questa guerra nell’immaginario occidentale.

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Atletico San Lorenzo – Roma

Basti pensare alla vicenda dell’ex St.Pauli e Leverkusen Deniz Naki. Il calciatore, squalificato a vita dalla federcalcio turca, è sfuggito lo scorso Gennaio a un attentato armato a Dueren, in Germania, ed è oggi in sciopero della fame dopo la protesta inscenata a Ginevra, sotto la sede delle Nazioni Unite.

Anche Hakan Sukur, il toro del bosforo, vecchia conoscenza del calcio nostrano ed eroe nazionale in Turchia, è costretto all’esilio negli Usa per fuggire alle carceri del sultano di Ankara, che ha provveduto alla rimozione della sua figura dagli archivi storici del Galatasaray. E come lui, è costretto all’esilio anche Enes Kanter, cestista dei New York Knicks.

L’infelice saluto militare di Under dopo il gol contro il Benevento, impreziosito su twitter da bandiere turche e mani giunte in preghiera, è solo l’ultima tappa di una vecchia storia che è cominciata quando gli ultras di GlatasarayFenerbace e Besiktas mettevano da parte le ostilità ed univano le sciarpe sulle barricate di piazzaTaksim e per le strade di Istanmbul.

E così non c’è da stupirsi se a colmare il vuoto lasciato dal vergognoso silenzio mediatico-istituzionale sia, anche in Italia, il mondo dello sport. Non i grandi palcoscenici, ma il tessuto indipendente, popolare e anti-razzista del paese.

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AfroNapoli United -Napoli

Da oramai 15 giorni si susseguono striscioni e inizative di solidarietà e protesta dalle tribune degli stadi, le palestre, i palazzetti sportivi di mezza Italia. Da Napoli a Brescia, da Padova a Roma. Da Milano, fino a Cosenza, Vicenza, Jesi e Schio. il messaggio è lo stesso. Lo sport si schiera al fianco del popolo curdo. Il terrorista è Erdogan. Defend Afrin. Il silenzio è dei complici. Proprio con l’obiettivo di rompere il muro del silenzio e sapere quali interessi e geometrie geopolitiche vi si nascondono dietro, abbiamo intervistato Anna Battino dell’associazione Ya Basta EdiBese!

Che cosa è successo ad Afrin e perché?

“La Turchia è intervenuta in Siria per frenare l’espansione dei curdi, limitarne il potere e creare una specie di “territorio cuscinetto”. Il governo ha giustificato l’operazione militare come una lotta al terrorismo, per la difesa della propria sicurezza nazionale. In realtà questo attacco si traduce in una vendetta di Erdogan che è sempre più intenzionato a imporre anche nella vicina Siria quella versione islamista del fascismo che sta applicando in patria, dove perseguita il popolo curdo e ogni forma di opposizione, legalizza la pedofilia sotto forma di “matrimonio” delle bambine e impone l’integralismo religioso nei programmi scolastici. Un attacco alla rivoluzione confederale, un vero e proprio assalto a quella nuova prospettiva politica sperimentata in Kurdistan che è stata capace di assicurare la pacifica e democratica convivenza tra i vari popoli e religioni nel nord della Siria – in Rojava -, attraverso la costruzione di una reale parità di genere ed una concreta giustizia sociale.”

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Polisportiva San Precario – Padova

Proprio a sostegno di questo modello politico-sociale, si attivava nel 2015 Il progetto Rojava Playground. Ci racconti in che cosa consisteva e come si è evoluto?

“Poco più di due anni fa all’interno della campagna Rojava calling, con alcune polisportive indipendenti e l’Associazione Ya Basta-Êdî bese! di Venezia, Trento e Treviso, abbiamo concordato con la municipalità di Suruç sul confine turco-siriano a pochi chilometri da Kobane, un progetto per contribuire al miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini curdi rifugiati a Suruç. Durante le visite effettuate dall’ottobre al febbraio 2015, abbiamo osservato il contesto di emergenza che caratterizzava la vita dei cittadini curdo-siriani sfollati. Su consiglio dell’amministrazione comunale, abbiamo iniziato a sostenere la costruzione di un’area ludico-sportiva dedicata ad Alan Kurdi, il bambino siriano trovato senza vita sulla riva delle spiagge turche mentre cercava di attraversare il mare per arrivare in Europa. Nel gennaio 2016 grazie ai contributi e alle iniziative di raccolta fondi, venne inviata la prima tranche di soldi.

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Ardita Giambellino – Milano

Il tentato golpe prima e la feroce repressione avvenuta in seguito in Turchia, ha di fatto creato un’impossibilità nell’avanzamento dei lavori. L’amministrazione della municipalità di Suruç è stata commissariata dalle forze di governo appartenenti al partito AKP di Erdogan. In accordo con gli amministratori partecipi del progetto, abbiamo aspettato mesi per capire come destinare l’ultima tranche di fondi che avrebbe portato a conclusione il playground, ma ci siamo scontrati con una impossibilità di fatto. A questo punto abbiamo deciso in accordo con UIKI Onlus, le municipalità di Suruc e Kobane di devolvere i contributi – raccolti grazie alla generosità di tante e tanti – alla costruzione di un parco giochi nella città di Kobane, impegnata in un percorso di ricostruzione e di realizzazione dei principi del confederalismo democratico.”

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Palestra Popolare Galeano – Padova

Quali sono i motivi del silenzio internazionale?

“Sicurezza, immigrazione e geopolitica. Tutta la comunità internazionale ha interessi nell’area mediorientale: interscambio economico, gestione dei flussi migratori, giacimenti, gasdotti. Tutti avrebbero qualcosa da perdere in un duro scontro con Ankara e l’alleato Erdogan. La situazione è radicalmente cambiata rispetto a due anni fa. La guerra al Califfato contro l’Isis e il terrorismo, con la caduta di Raqqa è considerata conclusa. Da qui nessun telegiornale si è speso quotidianamente per raccontare l’invasione turca del cantone di Afrin. L’indignazione collettiva contro il tradimento dei popoli del Kurdistan, coloro che effettivamente hanno combattuto e hanno difeso anche l’Occidente da Daesh, non si è fatta sentire.”

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Cosenza Curva sud

“Nell’accezione più comune possiamo dire che la guerra allo Stato Islamico è finita, ma il Grande Gioco degli equilibri strategici in Medio Oriente no. L’Italia stessa ha troppi interessi economici e commerciali in ballo, questi sono alcuni dei nomi che hanno accordi bilaterali con la Turchia: Impregilo, Fincantieri, Unicredit, Barilla, Ferrero, Pirelli e Leonardo. All’accoglienza dei popoli proposta dal cantone siriano – che ha ricevuto migliaia di profughi di guerra – Erdogan ha risposto con il bombardamento sui civili. Allo spirito di fratellanza e uguaglianza del Kurdistan Erdogan ha risposto costruendo muri per rafforzare i confini della fortezza Europea. Qualche giorno fa, Bruxelles ha dichiarato che continuerà a pagare la Turchia affinché tenga chiusa la rotta dei Balcani e blocchi i migranti diretti dal Medio Oriente all’Europa. La Commissione Ue ha sbloccato altri 3 miliardi di euro in favore di Ankara, come promesso nell’ambito dell’accordo Sull’immigrazione concluso alla fine del 2015. Quella che si combatte ad Afrin è una guerra sporca, che rischia di aprire nuovi conflitti in un Paese già stremato da sei anni di una guerra civile che ha prodotto migliaia di profughi. Si è dimostrato ancora una volta di non voler sostenere la rivoluzione confederale del Rojava, e in Kurdistan si continua a ripetere come un mantra un vecchio proverbio curdo “i nostri unici amici sono le montagne”.”

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Dinamo Brescia 

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Polisportiva Ackapawa – Jesi

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Cosenza Tribuna A

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Polisportiva Sans Papier – Schio

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Polisportiva Independiente – Vicenza

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Precario Volley

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Rebelot volley

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Sans Papier

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di  S.Carbone

Sport alla Rovescia

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