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Interviste

Socialismo e Stato sono inconciliabili

Duran Kalkan, co-fondatore del PKK e oggi parte del Comitato Centrale del PKK intervistato da Baki Gül, Behdinan.

Spesso si parla delle relazioni tra HBDH (Halkların Birleşik Devrim Hareketi –Movimento Rivoluzionario dei Popoli Unito) e PKK. Alcune aree politiche e intellettuali curde si chiedono perché il PKK intrattiene relazioni con piccoli gruppi turchi e sostengono che questo non porti a niente. Altre voci affermano che la sinistra turca insegue il PKK. Lei cosa pensa di queste valutazioni?

Conosciamo queste affermazioni che vanno una volta da una parte, una volta dall’altra. Dietro c’è un certo atteggiamento di approfittare del proprio interlocutore. Al centro di questo atteggiamento ci sono furto e inganno. Noi come PKK non ci avviciniamo in questo modo al nostro interlocutore. Per questo da sempre abbiamo partecipato ad alleanze come ADYÖD nel 1974 o il »Fronte di resistenza contro il fascismo« dopo il golpe del 1980. In entrambi i casi eravamo l’unica organizzazione curda che ha partecipato. Già allora si diceva: »I curdi diventano un’appendice della sinistra e dei socialisti. Cosa vogliono da loro?« Le affermazioni più recenti di queste aree sulla lotta dei giovani del Rojava per la liberazione della popolazione araba di Raqqa seguono una logica simile: »Cosa fanno i curdi a Raqqa, Ankara o Istanbul? Cosa importa al PKK di questi territori?«

Si discute anche sul perché un’organizzazione grande come il PKK faccia alleanze con gruppi così piccoli.

Non consideriamo nessuno irrilevante. Anche una singola persona per noi ha un grande valore. Questo ce lo ha insegnato il nostro Presidente Apo [Abdullah Öcalan]. Ci ha insegnato a dare valore a ogni persona e a capirla nel modo giusto. Se una singola persona pensa bene, mette in pratica in modo sincero e coerente i suoi pensieri può influenzare il suo ambiente. Possono diventare due persone, venti, duemila e alla fine milioni di persone. Ed è così che è nato il PKK. Per questo non consideriamo nessuno irrilevante o gli attribuiamo un significato eccessivo.

Queste voci critiche rappresentano se stesse come da prendere molto seriamente, significative e indipendenti, ma alla fine sono mosse da un atteggiamento opportunistico. Chi ci chiede cosa facciamo a Raqqa, Istanbul e Ankara, deve lasciarsi porre da noi la domanda: Voi con quale percorso volete risolvere la questione curda? Pensano di poter trovare una soluzione con l’aiuto degli attori internazionali. Il PKK non è un’organizzazione del genere. Fin dall’inizio noi come PKK abbiamo puntato sul sostegno delle persone, dei popoli, delle donne e dei giovani. Secondo la posizione di Abdullah Öcalan »La maggiore forza è la persona, la tecnologia più potente è la persona« noi siamo convinti del fatto che non ci sia nulla di più potente della persona che pensa bene e mette in pratica i suoi pensieri. Questa persona è invincibile. In questo senso la maggiore forza è la posizione della società, la sua organizzazione. In questo modo noi come PKK costruiamo relazioni.

Si discute sempre dell’ambito della politica democratica. C’è un’esperienza quarantennale. Questo ambito si è sviluppato in particolare dopo le rivolte popolari. Dalla fase di HEP e DEP Abdullah Öcalan ha fatto analisi e dato prospettive importanti per questo ambito della politica. Soprattutto dopo le elezioni del 7 giugno ci sono state discussioni intense. I margini politici per il PKK vengono ristretti se si sviluppa l’HDP?

Non parliamo solo del Partito Democratico dei Popoli (HDP), ma del campo della politica democratica in generale. Perché l’HDP prima è stato il DEHAP, HADEP o HEP. Con questi partiti è stata aperta una sfera di politica democratica. Questa sfera è nata così: Come conseguenza della resistenza del PKK contro la dittatura militare fascista del 12 settembre 1980 e della lotta armata a partire dal 1984 si sono sviluppate rivolte popolari. La rivoluzione in Kurdistan ha aperto la strada alla democratizzazione di tutta la Turchia. Come è successo? Con la resistenza della guerriglia del PKK. Il PKK ha aperto questa sfera. La sua lotta rappresenta un’alternativa alla politica dittatoriale dello Stato. Ha aperto la strada a questa alternativa democratica. Questa sfera della politica democratica si base sulle riflessioni del PKK e sulle attività della guerriglia. Il PKK non rappresenta solo una determinata parte della società. Si impegna per un’alternativa democratica al fascismo in tutta la Turchia. La lotta per un Kurdistan libero e indipendente quindi fin dall’inizio è una lotta per la democrazia in Turchia. Fin dall’inizio il nostro Presidente Abdullah Öcalan ha chiarito che un Kurdistan libero può essere parte di una Turchia democratica.

Ma osserviamo: quando partiti come HEP o DEP hanno acquistato influenza sono stati subito attaccati e annientati dalle bande di Çiller, Güreş, Demirel e Ağar. E ora chi ha attaccato l’HDP e il Congresso Democratico dei Popoli (HDK) quando nelle elezioni del 7 giugno 2015 hanno raggiunto importanti successi? È stato forse il PKK? È forse il PKK a trattenere in carcere Selahattin Demirtaş e Figen Yüksekdağ [ex co-Presidenti dell’HDP]?

Quale ruolo svolge il PKK in Siria, Rojava e Siria del nord? Ci sono molte discussioni sulle relazioni con gli USA e le forze della coalizione. Cosa pensa di questa situazione?

Il PKK si è sviluppato come organizzazione nel Kurdistan del nord, ma dal suo primo programma di partito intende se stesso come organizzazione per tutto il Kurdistan. Per tutte le quattro parti del Kurdistan chiede libertà, indipendenza e democrazia. La liberazione di ogni singola parte riuscirà a partire dalla popolazione locale. Per questo il PKK in tutte le quattro parti del Kurdistan sostiene la creazione di movimenti che si basano sulla forza della popolazione. Abdullah Öcalan nei suoi scritti ha descritto i principi per questo. Le persone in tutte le quattro parti del Kurdistan ne vengono influenzate. Inoltre tutti devono sapere che il Kurdistan è un insieme. Tutte le parti si aiutano reciprocamente e questo trova l’approvazione del PKK. Peşmergê del Kurdistan del sud hanno combattuto a Kobanê. Tutte le curde e i curdi hanno sostenuto la lotta a Kobanê contro Stato Islamico IS appoggiato dall’AKP, anche il Partito Democratico del Kurdistan (KDP), gli USA e l’Europa. Attraverso Kobanê si è sviluppata una forza globale per la libertà e la democrazia.

State conducendo una lotta efficace contro IS. Ciononostante siete ancora sulla lista USA delle organizzazioni terroristiche

Anche l’Unione Patriottica del Kurdistan (PUK) e il KDP sono su questa lista di organizzazioni terroristiche. Nonostante le loro estese relazioni con gli USA. Allo stesso modo per lo Stato tedesco un curdo libero e una persona che si impegna per la libertà in Kurdistan sono terroristi. La procura tedesca ce lo ha detto in modo molto aperto: »Voi danneggiate gli interessi della Germania in politica estera. Per questo siete terroristi.« Non si mettono contro il fascismo e il colonialismo turco. Il concetto di terrorismo viene da loro utilizzato per movimenti politici armati. Noi all’epoca abbiamo reagito in modo molto cauto. Ma abbiamo dovuto riconoscere che non vanno contro il PKK come forza armata, ma contro la sua ideologia. La nostra società non dovrebbe dedicare troppa attenzione a queste forze. Le forze che definiscono il PKK come »terrorista« allo stesso tempo sono i sostenitori del genocidio di noi curde e curdi.

Quali sono gli interessi della Germania in politica estera? In che misura sarebbero danneggiati dal PKK?

Il PKK nuoce alla Turchia. La Germania riceve sostegno dalla Turchia. Il golpe del 12 settembre 1980 è stato organizzato dalla Germania. Lo Stato tedesco ha diretto il fascismo in Turchia per anni. In Turchia è in atto uno sfruttamento complessivo. L’attuale sistema lì trae profitto dal fatto di servire lo Stato tedesco e di sfruttare per suo conto.

Quali sono i risultati degli scontri con l’AKP? Come colloca in questo contesto gli scontri armati nelle città nel 2015/16?

Le elezioni del 2009 sono state messe in scena come referendum. All’epoca hanno vinto le forze democratiche. Noi abbiamo attribuito un grande significato al risultato elettorale dell’epoca. Il 13 aprile 2009 la nostra direzione si è riunita per una seduta straordinaria. All’epoca abbiamo proclamato un cessate il fuoco e dichiarato il nostro sostegno per una soluzione politica. Sono state fondate direzioni locali. In generale c’era un clima di una soluzione politica possibile. Il successivo 14 aprile il governo turco si è pronunciato pubblicamente e ha iniziato a far arrestare le forze che nelle elezioni avevano sostenuto una soluzione politica. Le sindache e i sindaci appena eletti sono stati arrestati. Questo è arrivato fino al divieto del Partito della Società Democratica (DTP). L’AKP ha vietato un partito.

A questo nel 2010 è seguito un cambio di strategia. Era diventato necessario opporre resistenza secondo i principi della lotta popolare rivoluzionaria. Quando Abdullah Öcalan ha riconosciuto che nonostante gli sforzi per una soluzione politica non c’erano stati progressi, si è ritirato dai colloqui. Con il 1 giugno 2010 è iniziata una nuova fase. Quando l’AKP nella fase di guerra tra il 2011 e il 2012 si è trovato in difficoltà, ha ripreso i contatti con Abdullah Öcalan e ha cercato di avviare la »fase di soluzione«.

Il nostro Presidente Öcalan voleva sfruttare la possibilità di una politica modificata dell’AKP, nonostante l’assassinio di Sakine Cansız e di altre due attiviste curde a Parigi all’inizio del 2013. Noi valutammo l’occasione in questo modo: »Cogliamo la possibilità per una soluzione politica. Non lasceremo nulla di intentato e dopo non vogliamo rimpiangere di non aver colto questa occasione. Se anche questa volta non si dovesse riuscire, ci prepareremo a una nuova fase.«

Così si è arrivati a una fase che è iniziata nel 2015. Se l’AKP a fronte della rivoluzione in Rojava, della resistenza a Kobanê e delle elezioni del 7 giugno 2015 avesse scelto un approccio più politico, tutte le forze avrebbero dovuto rispettare l’esito elettorale del 8 giugno. Anche Öcalan gli ha attribuito un grande significato e il nostro partito ha dato il suo sostegno. Le forze democratiche ne sono uscite con un grande successo. Erdoğan e l’AKP hanno perso il loro potere assoluto e avrebbero dovuto dimettersi. Sarebbe stato necessario un nuovo governo. Se Erdoğan avesse vinto le elezioni del 7 giugno, l’8 giugno avrebbe subito iniziato gli attacchi per la distruzione del PKK.

Come fa a esserne così sicuro? Su questo si specula molto …

Ne siamo assolutamente certi. Già durante la seduta del Consiglio Nazionale di Sicurezza del 30 ottobre 2014 è stata presa questa decisione. Erdoğan non ha concluso la fase delle trattative l’8 o il 24 giugno, ma già dopo la festa del Newroz del 2015. »Non ci sono né trattative di Dolmabahçe né alcun tipo di accordi«, dichiarò all’epoca. Rimproverò tutti i suoi ministri e li licenziò. Alla fine ha fatto cadere perfino il governo. Perché Ahmet Davutoğlu dopo le elezioni si era mostrato disponibile all’idea di una coalizione, il suo governo è stato fatto cadere. Ma la fase dei negoziati Erdoğan in quel momento l’aveva già conclusa. Dall’aprile 2015 non c’era più alcun tipo di colloquio con Abdullah Öcalan e tutti i canali di comunicazione fino ad oggi sono rimasti chiusi.

Perché Erdoğan ha attaccato il 24 giugno? Mentre dopo la sua sconfitta elettorale avrebbe dovuto cercare una coalizione, è stato lui a mettere fine e a sabotare tentativi del genere. Anche se ufficialmente ha dato a Davutoğlu l’incarico di formare il governo, in realtà il suo fine era l’esatto opposto. Sabotò ogni tentativo di Davutoğlu di formare un nuovo governo. Si mise invece rapidamente d’accordo con il Partito del Movimento Nazionalista (MHP) e gli USA per eseguire gli attacchi del 24 giugno. Naturalmente il 24 giugno eravamo in una condizione del tutto diversa rispetto al 2002. Da allora avevamo fatto preziose esperienze e anche le forze socialiste erano consapevoli della situazione dell’AKP. Nel 2002 ci eravamo lasciati dietro un vuoto [dopo che la guerriglia su invito di Öcalan aveva lasciato il territorio turco]. La risposta giusta agli attacchi del 24 giugno 2015 era una decisa resistenza. Tutte le forze rivoluzionarie in Kurdistan e in Turchia dovevano mostrare una posizione chiara e opporsi alla guerra di annientamento dell’AKP fascista.

Si trattava di fare resistenza e di superare eventuali inadeguatezze nell’ambito della nostra resistenza. Naturalmente nella valutazione corretta della situazione e della nostra direzione abbiamo fatto errori. Le nostre attuali considerazioni quindi vanno intese anche come autocritica. Il nostro partito nelle più diverse analisi e riunioni ha fatto una chiara autocritica. Tutti coloro che non lo fanno, che non identificano e superano le loro debolezze, in futuro non potranno fare una resistenza efficace. Erdoğan ora sostiene: »Ho ingannato il PKK, li ha colti impreparati, li ho attaccati e ora ho successo.« A questo proposito posso dire: uno di quelli che si è sbagliato di più è lui stesso. Finora forse è ancora riuscito a mantenere la posizione, ma alla fine si vedrà che Erdoğan è quello che si è sbagliato di più. Potrà subire un destino simile a quello di Hitler o di Saddam Hussein.

Nella nostra ultima domanda vorremmo parlare di aspetti ideologici. Il PKK è nato  come movimento che chiedeva un Kurdistan indipendente, unito e democratico. Con il cambio di paradigma si è rivolto contro il potere e lo Stato e ancora di più verso l’organizzazione della società. Sulla base della rivoluzione nel Rojava che viene guidata dal PKK, si mostra la sua concezione di nazione democratica. Ma con il referendum del 25 settembre nel Kurdistan del sud si è visto qualcosa di diverso. Ora nel Kurdistan del nord si levano alcune voci che a prescindere dal referendum avviato da Barzanî, percepiscono la parola »Stato« in modo molto diverso: »Se il PKK avesse fondato uno Stato ci sarebbero state risparmiate tutte le nostre sofferenze.« Quali conseguenze ha avuto il referendum? Parliamo della concezione di Stato, del concetto di un Kurdistan indipendente, del significato del PKK per le altre parti del Kurdistan, perché di questo si è discusso molto nei media.

La nostra lotta che dura da quarant’anni ci ha resi un movimento molto ricco di conoscenza e di esperienza. Ha creato una forza che sviluppa soluzioni filosofico – teoriche per il 21° secolo. Il »Manifesto della società democratica« in cinque volumi del nostro Presidente Abdullah Öcalan è l’espressione teorica e scritta di tutto questo. Questa teoria della modernità democratica porta al punto tutto questo. In base all’ecologia e alla liberazione della donna su cui si basa la società democratica, si sviluppa il principio della nazione democratica. Dobbiamo riconoscere che Abdullah Öcalan con le sue riflessioni ha creato una nuova sintesi teorica. In questo contesto numerosi concetti hanno conosciuto un nuovo e migliore significato. Un malinteso decisivo stava nel fatto di collocare l’indipendenza nel campo della politica. Abdullah Öcalan lo ha messo in una nuova luce e constatato che non è affatto questo il caso. L’indipendenza si manifesta nello spirito, nei sentimenti e nel pensiero.

L’indipendenza ideologica e intellettuale è importante. L’indipendenza si crea su questi livelli. Politica significa costruire relazioni con l’interlocutore, collegarsi reciprocamente. Per questo lo Stato come comitato politico, come comitato della repressione e della colonizzazione non può mai essere indipendente. Nel corso della storia è cresciuto come una palla di neve e ha assunto la sua forma odierna. Questa analisi di Öcalan è un passo importante in direzione di una comprensione più profonda. In questo senso in effetti c’è stato uno sviluppo e un cambiamento nel pensiero del PKK. Oggi capiamo meglio, usiamo i concetti in modo più giusto e possiamo rappresentarci meglio. Ma sostenere che il PKK prima sostenesse l’indipendenza e che oggi non lo faccia più, non è giusto. No, Öcalan stesso ha detto: »L’indipendenza è il mio carattere.«

Nella »Roadmap per i negoziati« pubblicata nel 2009 per esempio, lo ha spiegato molto bene. Ha parlato di indipendenza ideologica e del pensiero. Ha indicato la strada per una soluzione politica. Il PKK si muove lungo questa linea guida. Molte persone usano termini che hanno imparato a memoria senza comprendere davvero il loro significato. Inoltre manca la forza di pensare, l’indipendenza. Mancano la volontà e la creatività, ma ciononostante si parla di indipendenza. Questo non va. Chi non è in grado di pensare in modo indipendente, non dispone della forza o della volontà di pensare, non può parlare di indipendenza politica o di libertà. Sono dipendenti e nient’altro che un’ulteriore espressione della schiavitù. Su questo punto il PKK ha superato le sue contraddizioni interne. Si è salvato dai concetti imparati a memoria. Questo è stato uno sviluppo molto importante per noi.

Abdullah Öcalan in questo modo ha messo a disposizione dell’intera umanità un grande tesoro. Il PKK con la sua lotta quarantennale e i 40.000 caduti ha sviluppato queste riflessioni per l’intera umanità. Con questo mostra a tutti gli oppressi la via verso la liberazione. Mostra all’umanità la strada verso una vita libera e democratica. Questo è qualcosa che non può essere controbilanciato con armi, soldi, potere o cose materiali.

Dall’altro lato abbiamo ampiamente analizzato la realtà dello Stato. Il PKK da questo punto di vista ha davvero vissuto un importante sviluppo e cambiamento. Oggi non siamo più un partito che si orienta in base al potere e allo Stato. Siamo diventati un movimento che sostiene una società democratica sulla base della libertà della donna e dell’ecologia. Perseguiamo la soluzione della nazione democratica. Lo Stato penetra nella società, e una volta che si è istituzionalizzato diventa per la società una forza della repressione, distruzione e oppressione. Con lo Stato quindi non si possono raggiungere libertà, uguaglianza, democrazia e solidarietà. Socialismo e Stato sono inconciliabili tra loro. Da questo punto di vista partiti socialisti non possono aspirare allo Stato o al potere. Potere significa sfruttamento. Il paradigma di Abdullah Öcalan per il movimento socialista significa un rinnovamento molto profondo e storico. Per la soluzione dei problemi i principi del socialismo sono determinanti. Importante è con quali mezzi questi principi vengono realizzati. Così si raggiunge un olismo di mezzi e obiettivo. Stato e socialismo sono espressione della contraddizione tra obiettivo e mezzo. Il PKK ha raggiunto questo punto attraverso la sua lotta molto ampia. È importante anche sapere che il PKK è un movimento nel quale parola e azione formano un’unità. Per questo Abdullah Öcalan ha una capacità persuasiva così grande.

 

Kurdistan Report 195 | gennaio/febbraio 2018

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