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Iraq

Mosul e il futuro dell’Iraq nell’era post-IS

Il giornalista Halit Ermiş su Mosul come centro delle contraddizioni tra i centri di potere sunnita e sciita, per Kurdistan Report settembre/ottobre

2017-Quando nel 2014 il cosiddetto Stato Islamico (IS) portò sotto il suo controllo nel giro di un solo giorno una città così importante dal punto di vista geo-strategico e politico come Mosul (Mosul), tutto il mondo è rimasto sotto shock. Perché non solo la seconda più grande città dell’Iraq era sotto il controllo di IS. L’intera situazione nel Medio Oriente dopo la conquista di questa città sarebbe stata diversa. Per questo si può a ragione parlare di una cesura.

Senza la conquista di Mosul la veloce e ampia conquista di ulteriori territori da parte di IS sarebbe stata inimmaginabile. Massacri ed espulsioni non si sarebbero verificati, o quanto meno non in quella misura. Alle popolazioni della regione sarebbero state risparmiate molte sofferenze. E anche la proclamazione del califfato da parte di IS è stato un risultato diretto della conquista di Mosul.

La lotta per Kobanê ferma l’espansione di IS

L’espansione pressoché inarrestabile di IS che ne è seguita, ha incontrato i suoi limiti per la prima volta nel nord della Siria, più precisamente a Kobanê. Dopo che l’organizzazione è stata fermata non solo dalla resistenza delle YPG/YPJ, ma con il contributo della coalizione internazionale era stata fatta perfino indietreggiare passo per passo, aumentò anche la speranza che presto ci fosse un’offensiva per la liberazione di Mosul. Quando poi dopo lunghi preliminari diplomatici e politici venne dato il via all‘operazione, l’esercito iracheno aveva come avversario un IS che da tempo si era lasciato alla spalle il suo Zenit ed era estremamente segnato da molte battaglie perse. Non era più rimasto niente dell’immagine dell’apparentemente invincibile »Esercito del Califfato«. Dopo otto mesi di combattimenti, alla fine Mosul è stata liberata da IS.

Mosul non è più come prima

Dalla presa in carico del potere da parte di IS la vitta nella città di Mosul è cambiata in modo persistente. Nessuno può aspettarsi che la gente di Mosul ora dopo la sua liberazione sia in grado di continuare la sua vita come prima del periodo di IS. Le persone hanno vissuto sulla propria pelle troppa sofferenza e troppo orrore. E non è solo la psiche delle persone ad essere stata coinvolta. Mosul era una roccaforte storica e culturale del Medio Oriente. IS e la guerra per la liberazione hanno in larga parte distrutto questo patrimonio storico. Sulle macerie di questa distruzione ora la popolazione deve ricostruire la propria vita.

E mentre le persone devono stare a guardare come la vita in qualche modo continua, evidentemente non possono dare per scontato che la guerra le lascerà finalmente in pace. Perché il controllo della città di Mosul sarà di importanza strategica per lo scontro di potere tra le potenze regionali e mondiali. Già sul tema di chi potesse partecipare all’operazione per la liberazione di Mosul è scoppiato uno scontro forte tra le potenze della regione. Ognuno sapeva che la partecipazione alla guerra contro IS nella città avrebbe portato con sé un diritto di parola rispetto al futuro della città. Oggi che la città è stata liberata da IS, questo scontro minaccia di trasformarsi in un conflitto aperto in ogni momento.

Il controllo su Mosul nell’accordo di Losanna dopo la Prima Guerra Mondiale è stato una delle questioni chiave. Non è improbabile che nei futuri negoziati per una soluzione della guerra attualmente in corso in Medio Oriente, che da molti viene definita come Terza Guerra Mondiale, anche Mosul diventi una delle più importanti questioni di scontro.

Perché Mosul è così importante per l‘Iraq?

È chiaro che il governo centrale iracheno non intende cedere Mosul, anche se le potenze regionali per via della ricchezza economica, delle vie commerciali e della composizione demografica hanno un grande interesse per la città. Che Baghdad non intende dare a queste potenze neanche la minima possibilità di fare rivendicazioni rispetto a Mosul, è stato provato già durante la discussione sulla partecipazione all’operazione di liberazione. In particolare la Turchia fin dalla Prima Guerra Mondiale guarda in direzione di Mosul. Perché dalla caduta dell’Impero Ottomano i sogni neo-ottomani di una Turchia che comprende i confini del Misak-ı Millî1 non sono mai stati abbandonati. Dopo la Prima Guerra Mondiale questi sogni sono stati vanificati dai britannici, che invece fondarono uno Stato iracheno sotto il loro protettorato. Con la comparsa di IS e dell’operazione di liberazione di Mosul i sogni neo-ottomani si sono di nuovo galvanizzati. Ma difficilmente ci sarà da aspettarsi che il governo centrale iracheno lasci spazio a sogni di questo genere. Perché un Iraq senza Mosul in effetti equivarrebbe a negazione economica e politica dell’Iraq stesso.

Ma è un dato di fatto anche la multiculturalità di Mosul lascia ampio spazio per provocazioni dall’esterno. Della moltepolicità etnica e religiosa dela città abusano diversi attori per imporre i loro interessi. Che IS abbia preso il controllo della città in un giorno, non è dovuto alla particolare forza di militare di questa organizzazione. Sono state soprattutto le vecchie elite del regime Baath di Saddam Hussein caduto, che con il loro appoggio a IS hanno reso possibile il cambio di potere nella città. I baathisti con questo volevano soprattutto assestare un colpo al potere centrale sciita a Bagdad, cosa che in effetti gli è anche riuscita.

Ora si pone la domanda se dopo la vittoria su IS sia bandito il percolo di scontri interni a Mosul? Mosul è una cittè nella quale la molteplicità può convivere liberamente?

In effetti sono queste le domande decisive alle quali va trovata una risposta. Perché mentre Mosul durante l’operazione di liberazione è stata ridotta in macerie, le cause che hanno portato a questa distruzione non sono state automaticamente sepolte sotto queste macerie. Al contrario, i problemi e le contraddizioni sono diventati ancora più grandi. Per via del significato di importanza strategica di Mosul per l’Iraq e la regione la questione sulla vita futura della città avrà effetti anche sull’intero Medio Oriente. Perché Mosul possa diventare una città modello nella quale possono convivere pacificamente i gruppi etnici e religiosi, è decisamente necessario un cambio di mentalità

Guardando alla storia recente della città, si può forse arrivare alla conclusione che la città sia gravata da problemi, come se ci fosse un »Problema Mosul«. Perché scontri, lotte ed espulsioni di gruppi etnici e religiosi dalla città ci sono già da molto prima che esistesse IS. Ma il problema non è Mosul. È la mentalità predominante che dalla pluralità della composizione della popoloazione crea una fonte di conflitti. Questa concezione della politica deve essere tolta di mezzo e questo a maggior ragione ora dopo che IS è stato sconfitto.

L‘Iraq ha guadagnato prestigio, ma …

Senza dubbio ora con la liberazione di Mosul il governo centrale irakeno ora è in una posizione decisamente più forte. Anche il fatto che a Bagdad sia riuscito di tenere in larga misura fuori dall’operazione di liberazione il blocco sunnita guidato dalla Turchia, può essere considerato un successo. Perché con questo è stato sventato il piano dlela Turchia di influenzare il destino dell’Iraq attraverso i turkemi che vivono in quel Paese . Se il governo irakeno nella marcia trionfale di IS era messo quasi nell’angolo, ora con la liberazione di Mosul ha guadagnato prestigio e sicurezza. Ma non si può certo dire che il pericolo per Bagdad sia del tutto bandito.

Perché la situazione complessiva in Iraq resta complicata, quasi torbida. Non c’è da aspettarsi che in una situazione del genere gli scontri smettano da un giorno all’altro. Così ad esempio la Turchia non ha archiviato i suoi sogni di Misak-ı Millî. La popolazione turkmena dell’Iraq a questo prposito qui è una specie di pegno mobile. Si può quindi partire dal fatto che quando la Turchia parla della protezione dei diritti dei turkmeni in Iraq, in realtà spinge per far passare i propri interessi. Da questo punto di vista per il territorio irakeno a sud di Kirkuk fino alla città di Tal Afar abitata in maggioranza da turkmeni, parte un notevole potenziale di minaccia.

Mosul come centro di scontri confessionali

Se a questo si aggiunge che la Turchia ai sensi delle idee neo-ottomane sostiene una politica del blocco sunnita in Iraq e l’Iran attraverso il governo centrale a Bagdad è rappresentante dell’egemonia sciita, le linee di conflitto nella regione diventano ancora più evidenti. Questo conflitto sciitia-sunnita (ovvero iraniano-turco) in Medio Oriente ogni giorno crea nuovi raggruppamenti radicali da un lato o dall’altro, che ricevono sostegno dalla rispettiva madrepatria. Anche se non c’è da aspettarsi che queste organizzazioni come IS possano portare sotto il loro controllo ampi territori, è comunque in essere uno stato di conflitto permanente che si scarica continuamente in conflitti armati. A Mosul questa situazione si manifesta attraverso la presenza dell’­Hajhd-al-Shaabi sciita e delle milizie sunnite Hajhd-al-Watani, che entrambe rappresentano rispettivamente aggregazioni di numerosi gruppi più piccoli.

A questo si aggiunge il ruolo die curdi come nuovo attore nel Medio Oriente. Questi ultimi dopo la Prima Guerra Mondiale erano stato semplicamente ignorati. Ma oggi i centri di potere locali e regionali nei loro piani e calcoli sul futuro di Mosul o di altri gravi problemi del Medio Oriente, devono tenere conto anche del fattore curdo.

Da questo punto di vista possiamo dire che la soluzione della questione di Mosul si protrarrà ancora per un po’ di tempo. Così come il futuro di Mosul dopo la Prima Guerra Mondiale è diventato motivo di scontro, probabilmente anche nell’attuale guerra la città probabilmente resterà per molto tempo pomo della discordia degli attori della regione. Come risultato si può registrare che Mosul continuerà a essere al centro delle contraddizioni tra i centri di potere sunnita e sciita. Anche per questo una soluzione durevole per la città si potrà trovare solo con una prospettiva di uscita chiara dal caos del Medio Oriente. E per questo senza dubbio serve un distacco dalla mentalità monista, nazionalista e religioso-settaria, come quella che ha dominato il Medio Oriente nel 20° secolo. Senza questo distacco ogni »soluzione« a un problema in essere della regione sarà solamente una base per nuovi conflitti.

  1. Si intende il percorso del confine che comprende la Regione Autonoma del Kurdistan (Kurdistan del sud) più Kirkuk e Mosul come parte della Turchia
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