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Kurdistan

Censura e bombe

L’emittente satellitare Eutelsat su ordine della Turchia vuole impedire la messa in onda delle trasmissioni dei canali televisivi curdi, una visita a Ronahi TV nel RojavaIl giovane reporter è arrabbiato. »Questi attacchi non sono rivolti semplicemente contro i canali televisivi. Sono attacchi alla verità stessa. Noi mostriamo quello che succede davvero sul posto, noi mostriamo la situazione in Kurdistan, la guerra, i combattimenti«, dice Alan Meish in un ufficio del canale televisivo curdo Ronahi TV nella città di Qamishlo nel nord della Siria. Da alcune settimane monta di nuovo un contenzioso tra media curdi – oltre a Ronahi TV anche i canali News Channel e Sterk TV – e il gestore satellitare francese Eutelsat.

L’impresa minaccia di impedire la trasmissione dei contenuti dei canali, dopo che l’ente di sorveglianza radiofonico e televisivo turco RTÜK ha inviato l’impresa alla censura. »Perché ci vogliono spegnere? Perché nessuno tranne noi mostra queste immagini. Nessuno mostra il caos che la Turchia e altri Stati causano qui«, dice il reporter dal fronte Meish. »Vogliono censurare questo perché l’opinione pubblica non si accorga più di quello che succede qui.«

Gli attacchi sarebbero parte di una campagna su ampia scala di Ankara per mettere a tacere i media dell’opposizione curda. Dozzine di giornalisti sono in carcere in Turchia, in prevalenza di sinistra e curdi. Il 25 aprile l’aviazione turca ha bombardato un centro stampa curdo nel nord della Siria, tre collaboratori sono morti. »Gli attacchi alla libertà di stampa nel Bakur« – le zone curde nel sudest della Turchia – »e contro di noi qui nel nord della Siria sono collegati. Coloro i quali mostrano la vera faccia del regime turco vengono perseguitati«, spiega Meish. Dalle finestre della centrale delle trasmissioni di Ronahi TV si vedono carri armati turchi, il confine è solo a pochi chilometri di distanza.

Per la costruzione dell’amministrazione autonoma curda nel Rojava nel nord della Siria, emittenti come Ronahi TV hanno un ruolo significativo dice anche il redattore Zagros Rojhelat: »Anche nell’amministrazione autonoma nel Rojava ci sono molti errori che vengono fatti. I nostri media dovranno costituire una piattaforma per la critica.« Ma che questo sarebbe ancora in costruzione. »Ma noi vogliamo anche essere una specie di correttivo per gli sviluppi sociali. Questa critica vuole rafforzare l’autonomia.« I collaboratori del canale televisivo però non si considerano affatto apartitici: »Non sosteniamo di non stare da alcuna parte. La questione è da quale parte si sta. Noi stiamo dalla parte dei popoli e delle diverse parti della società qui.«

Questo legame è comprensibile anche dalle biografie dei collaboratori. Molte persone giovani che lavorano a Ronahi TV, senza lo sviluppo nel Rojava difficilmente sarebbero diventati giornalisti. Neanche Alan Meish. »Prima per via del regime siriano non ho potuto studiare giornalismo o qualcosa del genere. Ma quando è iniziata la rivoluzione c’è stata una rottura nella società e ognuno ha potuto trovare il suo posto. Quindi sono diventato reporter.« Altrettanto decisi sono i collaboratori dei media curdi, anche rispetto al fatto di non cedere nello scontro per il permesso di trasmissione. »Troveremo sempre un modo per trasmettere. Non fermeremo la messa in onda«, dice Meish.

 

di Peter Schaber, Qamishlo

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