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Interviste

#NoFlyZone4Rojava – Cosa c’è dietro questa richiesta?

Dopo gli attacchi aerei della Turchia su obiettivi nel Rojava e a Shengal nei social media si è diffusa la richiesta di una No-Fly-Zone sul Rojava/Siria del nord. Sotto l’hashtag #NoFlyZone4Rojava la richiesta si è diffusa in pochissimo tempo in modo virale. Vogliamo sapere in modo più preciso cosa c’è dietro questa richiesta e per questo abbiamo rivolto le nostre domande a Aldar Xelîl del Movimento della Società Democratica (TEV-DEM).

Dopo i recenti attacchi della Turchia contro la Siria del nord viene richiesta una zona di non sorvolo per queste zone. Cosa si spera di ottenere con questo?

La richiesta di una No-Fly-Zone sulla Siria del nord in realtà non è nuova. I recenti attacchi della Turchia non sono i primi, anche in passato territorio siriano è stato attaccato in parte con armi pesanti. Per questo il tema è stato anche uno dei punti che abbiamo ripetutamente affrontato nei noi colloqui diplomatici. Dopo il grave attacco della Turchia, insieme alla nostra popolazione ne abbiamo fatto una campagna e messo il tema all’ordine del giorno in modo più forte. Ora è diventata una richiesta centrale della gente della Siria del nord rivolta a tutte le forze internazionali che sono attive in quale modo in Siria.

Rispetto ad altre zone del Paese, la Siria del nord nonostante tutte le difficoltà, è una delle regioni più sicure e stabili. La ragione per questo è l’elevata partecipazione sociale al sistema politico e amministrativo. Questo viene messo in pratica immediatamente dopo che una regione è stata liberata militarmente dai gruppi terroristici. Questo sistema comprende tutta la varietà della popolazione e la sua caratteristica democratica-laica è garante della pace e della stabilità. Nella Siria del nord convivono pacificamente gruppi etnici e religiosi che in altre zone della Siria e del Medio Oriente si combattono a vicenda. Questo sistema è allo stesso tempo l’unico sistema del quale pensiamo che possa mantenere una Siria unitaria-democratica. Allo stesso tempo rappresenta una speranza per molti gruppi etnici e religiosi. Questo è anche il motivo per il quale la Siria del nord attualmente è l’unica regione che accoglie profughi da altre aree del Paese e perfino dall‘Iraq. Le persone considerano queste località sicure, ma allo stesso tempo si sentono anche attratte dalla convivenza dei popoli.

E proprio su questo punto pensiamo che una No-Fly-Zone, ovvero una zona “zona sicura” renderà più profonde la pace e la stabilità esistenti. Attraverso il sostegno del sistema democratico-federale garantiamo che le persone continuino a vivere in pace. Attraverso le No-Fly-Zone i pericoli per questa regione possono essere ridotti. Bisogna essere consapevoli del fatto che mettere in pericolo zone finora sicure e l’ondata di fuga così innescata comporteranno che le organizzazioni terroristiche lo sfrutteranno a loro favore e occuperanno questi territori.

A chi è rivolta la richiesta di divieto di volo? Chi dovrà sorvegliarla?

La richiesta è rivolta in primo luogo all’ONU, alle forze della coalizione e in generale a tutte le forze che in un qualche modo prendono parte alla guerra in Siria. Una decisione del genere ovviamente può essere presa unilateralmente. Per questo siamo dell’opinione che le forze della coalizione possano prendere una decisione del genere insieme alla Russia. L’ONU e altre forze internazionali possono fare potenze garanti. Io penso che un simile avanzamento poterebbe con sé sviluppi positivi.

La No-Fly-Zone è rivolta solo alla Turchia? O dovrà valere per esempio anche per gli aerei da combattimento di Assad?

Una cosa va detta chiaramente: la Turchia con i suoi continui attacchi purtroppo costituisce al forza che subito dopo IS e il Fronte Al Nusra rappresenta il maggiore pericolo per la Siria del nord. Lo fa malgrado le dichiarazioni dell’amministrazione autonoma, anche se questa manifesta sempre la sua buona volontà e l’aspirazione a relazioni di buon vicinato. Perfino l’avanzata e l’occupazione di territori siriani da parte della Turchia non era motivata dal pericolo di IS, ma era rivolta contro le conquiste dei curdi. In realtà Ankara mira alla libera volontà e alla convivenza delle persone nella Siria del nord. La Turchia quindi mira alla nascente Siria democratica che non è stato possibile impedire tramite IS e altri gruppi terroristici islamisti. Per questo ora la Turchia si è attivata in prima persona.

Attraverso l’aggressione turca finora hanno perso la vita diverse centinaia di civili. Da ultimo la Turchia ha attaccato il quartier generale delle YPG e ha ucciso diversi combattenti. E il tutto mentre le YPG come parte delle Forze Siriane Democratiche (FSD) prendono parte all’operazione in direzione della sedicente capitale di IS e ottiene importanti progressi.

Nonostante tutti gli ammonimenti e inviti delle forze internazionali, il governo turco non teme di scegliere come bersaglio le YPG o le FSF anziché IS. Tutte le sue esternazioni, attività e relazioni si basano su questa politica.

Per questo la nostra richiesta è rivolta in primo luogo contro l’aggressione turca. Va intesa come protezione ossia misura. Ma anche il regime siriano non esita a fare attacchi aerei come da ultimo a Hsêkê (al-Hasakah). Per questo tale misura nel senso più ampio va intesa anche contro il regime siriano.

Che posizione ha la Russia rispetto a questa proposta? In questo modo la collaborazione ad Afrin viene compromessa?

Il termine “No-Fly-Zone” viene usato da diverse forze, ma a seconda della posizione ha anche un significato diverso. Per esempio la Turchia voleva con questo piuttosto distruggere le conquiste nel nord della Siria e consentire libertà di movimento ai gruppi islamisti con i quali collabora. Con questo voleva estendere la sua influenza a tutta la Siria. In questo modo una Siria democratica e federale doveva essere soffocata sul nascere.

La Russia attribuisce a questa espressione un altro significato. Attraverso una No-Fly-Zone si vuole risolvere il problema della cosiddetta opposizione. Noi siamo dell’opinione che anche l’avanzata non sia promettente.

Ad Afrin esiste una collaborazione tra l’esercito russo e le YPG. Le forze di difesa locali devono difendere le conquiste democratiche dagli aggressori come la Turchia e gli islamisti ad esse collegati. Noi siamo dell’opinione che la Russia vede senz’altro che la politica della Turchia in Siria e in tutta la regione è un fattore di instabilità. Insieme all’esperienza del passato die russi non pensiamo che le relazioni turco-russe avranno un qualche tipo di influenza sulla situazione ad Afrin.

Intervista a Aldar Xelîl del TEV-DEM, Civaka-Azad

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