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Interviste

L’autodifesa deve essere riconosciuta

Il territorio yezida a Sinjar deve diventare una regione autonoma dell’Iraq. Un colloquio con Serzad Samo.  Serzad Samo è portavoce del Partiya Azadi u Demokrasiya Ezidiyan (PADE, Partito Yezida per la Libertà e la Democrazia) nella città di Khanasor. Il PADE intende rappresentare la popolazione yezida in Iraq e in esilio.

Il PADE è un partito molto giovane. Quando è stato fondato e quali obiettivi persegue?

Il partito è stato fondato nel giugno 2016. È nato da un movimento politico che si chiamava Tev-Der. Oltre 600 si sono incontrati nel congresso di fondazione, dal Sinjar, dal Rojava nel nord della Siria, anche dalla Regione Autonoma Curda nel nord dell’Iraq. La fondazione è avvenuta nel quadro giuridico dell’Iraq, siamo registrati ufficialmente come partito.

Abbiamo fondato il partito perché serviva una rappresentanza istituzionale degli yezidi. Su questo c’era un vuoto. Serviva una forza che incarnasse la volontà politica della società yezida. Volevano articolare i bisogni sociali delle persone qui verso l’interno e verso l’esterno. Proprio dopo il genocidio da parte di Daesh, la milizia jihadista »Stato Islamico«, è diventato chiaro che il centro dello yezidismo è Sinjar. Per questo è necessario dare alla popolazione una voce politica. L’autodifesa militare da un lato e quella politica dall’altro, devono integrarsi. Cerchiamo di fare questo.

Il PADE vuole organizzare gli yezidi non solo a Sinjar, ma anche in altri territori. Potete lavorare liberamente ad esempio nei campi profughi di Dohuk?

In Iraq siamo registrati ufficialmente. Anche se il governo centrale non fa molti passi verso di noi, neanche ci ostacola. Nella maggior parte dei territori non ci sono problemi. L’eccezione è costituita da quei territori nei quali è influente il KDP di Masud Barzani. Lì ci creano problemi, vengono posti molti ostacoli sul nostro cammino. Molti dei nostri iscritti vengono arrestati.

Nella Regione Autonoma Curda, dove governa Barzani, non siamo riconosciuti come partito. Già durante l’attacco ci hanno lasciati in balia di Daesh e ci hanno traditi. Oggi cercano di ripristinare l’influenza che avevano sui territori yezidi prima dell’attacco di IS.

Due anni fa Barzani è venuto nel Sinjar, ha issato la sua bandiera sulla montagna e ha detto: »Noi qui non accettiamo nessuna bandiera oltre la nostra« e questo anche se qui davvero non è posto per loro. Il Sinjar non è un territorio che ha in qualche modo a che fare con la tradizione politica di Barzani.

Come volete difendervi da questi attacchi?

Per difenderci da questo intervento di Barzani lavoriamo per diventare una componente autonoma dell’Iraq riconosciuta a livello ufficiale. Allora potremmo far passare anche dal punto di vista giuridico diritti fondamentali e respingere queste brame di Barzani.

Ci sono già segnali da parte del governo centrale irakeno che riconoscerebbe questo progetto di una regione autonoma a Sinjar?

Naturalmente ci sono colloqui e trattative. Per esempio avere un sostegno economico da Bagdad nella fase iniziale, questo in effetti sarebbe il compito di uno Stato centrale.

Rappresentanti del nostro partito si trovano anche a Bagdad e lavorano e lavorano in raccordo con il governo locale. L’obiettivo è di raggiungere uno status autonomo per il nostro territorio. La realtà è anche il fatto che nessuno ha difeso Sinjhar contro Daesh. Anche l’Iraq non si è schierato con Sinjar. Ora abbiamo una forza militare, le YBS e le unità delle donne YJS. Questa forza la accettiamo come forma legittima della nostra difesa. E questo diritto all’autodifesa deve essere riconosciuto. La garanzia della propria esistenza è un diritto umano ed è sul riconoscimento di questo diritto da parte di Bagdad che attualmente stiamo trattando. Questo è importante anche perché nella storia dell’Iraq tutte le minoranze sono ripetutamente stata vittime di massacri.

 

Intervista: Peter Schaber

 

Junge Welt

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