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Kurdistan

Nuovo coraggio per la contrarietà

Proteste in tutto il Paese contro la frode elettorale in Turchia. Quotidiano vicino all’AKP minaccia repressione violenta-Lo spirito di Gezi è di nuovo nell‘aria. A seguito di un progetto edilizio nell’area di Gezi-Park a Istanbul nell’estate 2013 era nato un ampio movimento di protesta. Per la prima volta dalle lotte dell’epoca contro il governo autoritario del partito di governo religioso-nazionalista AKP, martedì sera ci sono state manifestazioni in tutto il Paese contro il Presidente Recep Tayyip Erdogan. A migliaia sono scesi in piazza contro la palese frode elettorale nel referendum sull’introduzione di un regime presidenziale. Erdogan domenica si era aggiudicato di misura il risultato della votazione con il 51,3 percento. Ma secondo dichiarazioni dell’opposizione ci sono state manipolazioni di dimensioni che vanno dal quattro al cinque percento dei voti.

Il Comitato Elettorale Supremo YSK ha riconosciuto come »validi« fino a 2,5 milioni di schede in buste non autorizzate tramite il timbro della commissione elettorale nel momento in cui durante lo scrutinio prevalevano i voti per il No. Il Partito Popolare Repubblicano (CHP) kemalista-socialdemocratico e il Partito Democratico dei Popoli (HDP) di sinistra e filo-curdo e partiti minori di sinistra e nazionalisti hanno richiesto all’ente elettorale l’annullamento dei risultati. Inoltre centinaia di elettori e rappresentanti delle organizzazioni schierate per il No stanno presentando ricorsi individuali. Tuttavia, dato che sia i tribunali sia lo YSK dopo le »pulizie« degli ultimi mesi sono occupati da seguaci di Erdogan, le proteste difficilmente avranno successo.

In quasi tutte le grandi città hanno prevalso i voti per il No. Dopo che giù domenica e lunedì nelle metropoli Istanbul, Ankara e Izmir ci sono state proteste, martedì sono scese nelle strade migliaia di persone in numerose altre città. Ad Ankara hanno protestato contro la frode elettorale gli iscritti delle federazioni sindacali di sinistra DISK e KESK. A Istanbul donne hanno tambureggiato rumorosamente con pentole e padelle. Che nonostante la repressione e la manipolazione solo circa la metà degli elettori abbia votato per i piani dittatoriali di Erdogan, ha restituito il coraggio a molti oppositori del Presidente intimiditi dagli arresti di massa e dai licenziamenti degli ultimi mesi. I manifestanti hanno scandito ripetutamente lo slogan delle proteste di Gezi »Non è ancora finita. Questo è solo l‘inizio!«

Nelle manifestazioni dominavano manifesti autoprodotti contro la frode elettorale e la dittatura presidenziale nonché bandiere turche, a stento visibili invece simboli dei partiti di opposizione. Il Presidente del CHP Kemal Kilicdaroglu martedì aveva dichiarato che il suo partito non avrebbe mai accettato il risultato ufficiale del referendum definito »golpe del governo e dello contro la volontà della nazionale«, ma in modo classicamente socialdemocratico attualmente il partito orienta i suoi seguaci verso le vie legali invece di organizzare la pressione nelle strade.

A Gaziantep la polizia ha attaccato una manifestazione e ha arrestato 20 manifestanti. Il governatore della provincia ha vietato per un mese ogni ulteriore assembramento, lo ha motivato con il mantenimento »della sicurezza e dell’ordine pubblico«. A Istanbul la polizia mercoledì ha assaltato le abitazioni di manifestanti che all’inizio della settimana avevano preso parte a proteste contro i brogli. 38 persone, tra cui il Presidente provinciale del Partito per la Libertà e la Solidarietà (ÖDP) di sinistra, Mesut Gecgel, è stato arrestato per »sobillazione dell’opinione pubblica«. Il sindaco dell’ AKP di Ankara, Melih Gökcek, via Twitter ha ammonito che il miliardario USA George Soros, noto come finanziatore di »rivoluzioni colorate« starebbe organizzando un nuovo movimento Gezi. »Terrorismo di strada del genere di Gezi questa volta sarà trattato (…) come intervento dall’estero«, ha detto intanto il caporedattore del quotidiano vicino al governo Yeni Safak, Ibrahim Karagül, minacciando indirettamente la repressione violenta delle proteste che sarebbero organizzate da servizi segreti esteri.

 

di Nick Brauns

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