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Staffetta a Suruç

Secondo giorno di aggiornamento dalla delegazione romana per Kobane

E’ stata una notte di scontri. Dal tetto della moschea di Mehser si potevano vedere, anche nel buio, il fumo alzarsi dalle strade di Kobane.Proiettili traccianti e colpi di mortai si ripetevano

in quantità. A un certo punto si è alzato una colonna di fuoco che ha illuminato tutto l’orizzonte. Gli aerei della coalizione sono dovuti intervenire, ancora una volta in maniera tardiva e inefficace. Eppure il centro di comando delle truppe di Daesh è conosciuto: una grande bandiera nera sventola sull’ormai ex ospedale della cittadina siriana, nella parte Est che rimane sotto il loro controllo.

Nei combattimenti notturni le forze dello YPG/YPJ sono riusciti ad avere la meglio. Due comandanti e numerosi uomini del califfato sono morti. Ma all’alba una grande esplosione ha aperto la giornata. Un fumo nero denso copriva tutta la città più vicina al villaggio di Mehser.

Le prime notizie parlavano di un’autobomba fatta passare dal confine turco, di un morto e alcuni feriti.

Al centro culturale di Suruc si notavano facce molto tese, occhi lucidi. Nonostante tutto ci siamo diretti al deposito dove i compagni dell’ Dbp (il partito curdo della regione) smistano gli aiuti per i vari campi. Ci sono urgenze che non possono venire a mancare. Ci sono lavori che bisogna fare anche nei momenti di lutto. Ma mentre con altri solidali lavoravamo al confezionamento di pacchi di provviste e di coperte, di quello che insomma serve nei campi, numerose voci ci hanno portato in strada. Un corteo spontaneo di ragazzi e ragazze si dirigeva verso sud,verso il confine. Istintivamente cerchiamo di raggiungerli. Ci fermano e ci dicono che stanno arrivando i feriti. Non sono cinque, come avevamo creduto fino allora, sono venticinque feriti e otto morti tra civili e combattenti delle unità di difesa popolare.

Andiamo all’ospedale.Una folla in ansia aspetta l’arrivo delle ambulanze, sperando di non dover ritrovare un proprio caro. Conosciamo una donna, ci parla a lungo, ha al suo fianco un bambino. Ci dice dell’orgoglio di essere la madre di un combattente, ci racconta dell’assurdità di quello che stanno vivendo: attaccati dai gruppi salafiti, respinti dal governo turco, senza la possibilità di parlare la propria lingua, senza la possibilità di vivere.

Piano piano arrivano nuovi aggiornamenti, le notizie trapelano poco a poco dal confine. Questa notte l’Isis ha preso postazione per i suoi mortai dalla parte turca del confine, vicino a Mursitpinar, nei pressi di un magazzino alimentare a poche centinaia di metri da una delle basi dell’esercito di Erdogan. Non solo. Dal confine non è passata una macchina. Un camion che doveva portare aiuti umanitari, fatto passare senza problemi, è arrivato al check point della strada che porta a Kobane dal confine turco e che era sotto il controllo dell’esercito rivoluzionario curdo. Quel camion è esploso con il suo carico di tritolo. Un colpo alle spalle. Un colpo che ha fatto molto male. L’esercito proverà a smentire, ma testimoni e lo stesso presidente della provincia di Urfa confermeranno che nella notte gli attacchi di Daesh sono partiti dal lato turco del confine.

Torniamo al villaggio. Lì si sono diretti tutti i solidali, da lì arriva la notizia che l’esercito turco prepara a sgomberare. Sono momenti molto concitati. Vediamo chiaramente partire dalle sagome dei carrarmati turchi più di un colpo diretto verso la frontiera. Un’intimidazione che non si sa a chi è rivolta. Le colonne di fumo continuano ad alzarsi da Kobane. Decidiamo cosa fare. La minaccia di un intervento turco al villaggio non è un pericolo così remoto; abbiamo visto, e sentito, in questi giorni quale è il loro atteggiamento e cosa sono capaci di fare, ma stabiliamo di rimanere, solidali con la gente che qui è accorsa in gran numero e che alza canti di sostegno ai combattenti dello YPG/YPJ.

I colpi di mortaio provenienti da Kobane iniziano a diminuire, scende la notte e sembra che per il momento non succederà niente.

Rimarremo al fianco della rivoluzione del Rojava.

Con il cuore a Kobane,

Delegazione romana per Kobane.

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