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Ambientalismo e resistenza studentesca a Diyarbakir

Nel sesto giorno di viaggio attraverso le realtà politiche turche ci svegliamo dopo una delle rare notti di temporale di quest’area in un forte sole mattutino. Ci rechiamo in visita ai desolati Hevsel Gardens, area verde che da 8000 anni sopperisce ai bisogni primari della popolazione di Diyarbakir, attraverso la coltivazioni di orti e la raccolta di frutti e vegetali selvatici. Desolati perché degli oltre diecimila alberi che contava nei suoi giorni migliori, ne rimangono soltanto tremila.

Il massiccio disboscamento, portato a termine in maniera subdola e all’oscuro della popolazione locale, è avvenuto con l’abbattimento degli alberi non immediatamente visibili dalla città, in modo da non destare la preoccupazione dell’attenta comunità locale. È stato solo quando anche la vegetazione più esterna è stata eliminata che la salvaguardia dell’area è diventata una questione di primaria importanza per la gente di Diyarbakir.


Proprio a Hevsel durante i periodi più bui della repressione turca nei confronti dei Kurdi, venivano portati, giustiziati e seppelliti numerosi militanti e simpatizzanti del PKK, elemento che lega i locals al parco molto più che ad un comune giardino, e declina la volontà di spazzare via quest’area verde nella precisa intenzione da parte del governo di Ankara a cancellare la memoria storica e resistente del popolo Kurdo.

Il progetto che riguarda la zona prevede la costruzione di ben tre impianti idroelettrici e di una area mineraria. Le proteste si sono articolate maggiormente nel periodo successivo a Gezi Park, con l’occupazione dei siti ed il rimboscamento ad opera di giovani attivisti del Mesopotamia Ecology Movement e della popolazione locale, che hanno dedicato agli attivisti arrestati ed uccisi nelle giornate di Gezi e Taksim l’iniziativa, donando i loro nomi agli alberi che faranno rivivere il loro ricordo.

Nel pomeriggio ci spostiamo in un’altra zona della città per fare visita ai giovani del “Dicle Üniversitesi Öğrenci Derneği” un associazione studentesca legata al BDP. Ci accolgono inizialmente con una grande assemblea plenaria con più di un centinaio di partecipanti, passando alle rispettive presentazioni dei progetti politici.

L’assemblea si è conclusa con un breve concerto di musica popolare Kurda, che abbraccia il panorama assolato uscendo dalle finestre aperte del settimo piano, tra le onnipresenti sirene della polizia e i clacson degli automobilisti nel caotico traffico di Diyarbakir.


A termine della performance abbiamo avuto modo di confrontarci con un più ristretto gruppo di attivisti, approfondendo differenze e affinità tra i nostri territori europeo e kurdo. Notevole è la forza con cui questo collettivo si concentra principalmente sul suo territorio con pratiche di conflitto e resistenza, come nella già citata questione di Hevsel Garden, di cui sono stati protagonisti.

Questo confronto è stato importante per capire che la pacificazione tra Governo Turco e popolazioni Kurde è esclusivamente militare, mentre resta acceso il conflitto sul futuro di questo territorio di confine. É evidente che la devastazione ambientale e l’atteggiamento coercitivo dello Stato Turco  verso lo spazio vitale dell’etnia Kurda sono indice di una precisa volontà di subordinazione economica, politica e sociale.

Questo vero e proprio razzismo ambientale, ossia la sottrazione di risorse essenziali all’istituzione dell’avversata autonomia Kurda, la reale trasformazione di un territorio e la creazione di un confine fisico prima inesistente appare come l’atteggiamento dispotico di uno stato nazione centralista e nazionalista, che non sopporta in nessun modo tendenze centrifughe e ambizioni indipendentiste di autodeterminazione, preferendo la repressione al confronto.

“Sulle rotte dell’Euromediterraneo” in Tunisia, Turchia e Libano organizzate da:
Un Ponte per ..Coalizione Ya Basta Marche, Nordest, Emilia Romagna e Perugia

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